10 dicembre 2007
Pensare i diritti umani senza cristianesimo? Impossibile ma vero (Vallini per l'Osservatore Romano)
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Pensare i diritti umani senza cristianesimo? Impossibile ma vero
Gaetano Vallini
Oggi non c'è diritto dell'uomo che non sia gravemente violato o ignorato da qualche parte nel mondo. Lo ha affermato recentemente l'arcivescovo Celestino Migliore, rappresentante permanente della Santa Sede all'Onu, parlando all'Assemblea generale a New York, aggiungendo un elenco dei "diritti maggiormente scherniti": "Negare, in alcune circostanze, il diritto alla vita, pretendere di controllare la coscienza dei cittadini e l'accesso all'informazione, limitare il diritto di associazione, negare l'accesso a un processo giudiziario pubblico e al diritto di assicurare la propria difesa, reprimere i dissidenti politici, imporre una politica delle nascite che non tiene conto della decisione dei genitori, limitare indistintamente l'immigrazione, permettere il lavoro in condizioni degradanti, accettare la discriminazione delle donne, soffocare la libertà religiosa".
In un simile panorama risulta quanto mai urgente e attuale richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sull'importanza della tutela dei diritti umani. Anche in questo campo, come in altri, per potersi fare un'idea e per poter intervenire è necessaria la conoscenza. A tal fine può essere utile uno strumento che faccia sintesi su una materia così importante e delicata che attraversa molte discipline, dall'antropologia alla giurisprudenza, dalla politica all'etica. È il caso dell'opera Diritti umani, pubblicata dalla Utet in una pregevole edizione, che - pur con colpevoli e non veniali omissioni, come vedremo più avanti - esamina scritti, pensieri e legislazioni dalle prime enunciazioni relative ai diritti dell'uomo in epoche antiche fino alla definizione oggi comunemente adottata, con le sue implicazioni concrete in vari settori e in diverse aree geografiche.
Si tratta di una pubblicazione ponderosa - con sottotitolo Cultura dei diritti e dignità della persona nell'epoca della globalizzazione - che raccoglie il frutto di tre anni di lavoro confluiti in 6 volumi per circa 4000 pagine, di cui 350 di reportage fotografici da tutto il mondo, cui hanno contribuito oltre 200 autori italiani e internazionali, sotto la direzione scientifica di Marcello Flores. Diritti umani si configura come un lavoro multimediale. È infatti organizzato in moduli che attingono a media differenti: testi (voci enciclopediche, saggi, documenti giuridici e filosofici, trattati), disegni e schemi, immagini, nonché supporti filmati in dvd e un cd ipertestuale.
Nell'opera notizie e approfondimenti si fondono con la denuncia delle violazioni alla dignità della persona e delle gravi disuguaglianze che hanno attraversato e, purtroppo, continuano ad attraversare il mondo contemporaneo. Un lavoro importante su tematiche moderne e di drammatica emergenza, nonché su problematiche legate al riconoscimento dei diritti e alla loro tutela. L'assunto di partenza è che il concetto di universalità dei diritti umani continua a sollevare diversi interrogativi. Nel mondo contemporaneo regna, infatti, molta confusione in merito al concetto in sé, al suo significato originario e alla sua applicazione concreta.
Proprio il nostro giornale ha di recente ospitato alcune riflessioni che sottolineavano questa difficoltà, che non ha ricadute solamente accademiche, ma che purtroppo investe la vita delle persone. Citando un intervento di Giovanni Paolo II, la storica Lucetta Scaraffia, ha parlato di un vero e proprio paradosso: "La dichiarazione dei diritti umani del 1948, a cui tutti dicono di fare riferimento, "non presenta i fondamenti antropologici ed etici dei diritti umani che essa proclama". Le speranze che una politica fondata sui diritti umani offre per la dignità umana, la democrazia, la giustizia, si fondano quindi su una base fragilissima". Mentre l'Europa e l'Occidente lodano il resto del mondo quando rispetta i diritti umani, arrivando anche a porre questi ultimi come condizione per interventi di aiuto e di cooperazione, i politici del vecchio continente - rileva la storica - si rifiutano di stabilire obiettivamente quali siano i contenuti reali di questi diritti. Inoltre, mentre si fa sempre più riferimento a questi diritti, di fatto se ne sminuisce l'autorità, dubitando sulla certezza che essi possano essere definiti in una maniera chiara e obiettiva.
Secondo Scaraffia, "in Europa, infatti, non solo non c'è una chiara base per i diritti umani - lo rivela la costituzione dell'Unione europea che ha escluso dai propri principi preliminari i concetti chiave di "innato" e di "inalienabile" - ma è in corso un aspro scontro relativo alla loro interpretazione, come per quanto riguarda la contraddizione fra il "diritto alla vita" e prassi ormai autorizzate in molti paesi come l'aborto e l'eutanasia. Questo rifiuto a definire i valori che stanno alla base della democrazia europea, quindi, denota una avanzata tendenza al soggettivismo totale".
Anche Francesco D'Agostino, presidente dei giuristi cattolici, ha parlato, sempre su "L'Osservatore Romano", di paradosso. Il paradigma dei diritti umani è irrinunciabile, ma la difficoltà, se non il rifiuto, a rafforzarlo con un adeguato fondamento lo sta erodendo, portando verosimilmente verso una probabile implosione. "È un paradigma irrinunciabile, perché è l'unico - sostiene D'Agostino - che garantisce una comunicazione pacifica e pacificante non solo tra tutti i popoli del pianeta, ma anche tra tutti i singoli esseri umani, a partire dal presupposto della loro pari e costitutiva dignità. Ma è nello stesso tempo un paradigma che ha bisogno di un fondamento, per apparire credibile e capace di resistere alle nuove pretese manipolatorie di chi, per sfruttare l'immenso prestigio accumulato negli anni dal paradigma dei diritti umani, pretende di ricondurre alle sue categorie, cioè di camuffare come diritti le pretese radicalmente egoistiche e soggettive, tipiche delle tensioni individualistiche proprie del nostro tempo".
Eppure, come ha affermato nel citato intervento l'arcivescovo Migliore, "nel diritto e nella coscienza morale della comunità internazionale di oggi, la dignità dell'uomo appare come la fonte da cui nascono tutti i diritti e dovrebbe logicamente sostituirsi alla volontà sovrana e autonoma degli Stati come fondamento ultimo di ogni sistema giuridico, compreso il sistema giuridico internazionale". Detto così sembrerebbe uno sviluppo irreversibile, ma di fatto si constata come in numerosi paesi l'applicazione di tale principio non è accompagnata dal concreto rispetto dei diritti dell'uomo. Una panoramica sul mondo - come emerge anche dall'opera della Utet - mostra una situazione preoccupante di violazioni di vario genere. "Ciò - rileva monsignor Migliore - deriva spesso dalla convinzione ancora ben radicata che è il potere a determinare, in ultima analisi, il contenuto dei diritti dell'uomo. Una simile visione permette troppo facilmente di ricorrere a pratiche inconciliabili con la dignità dell'uomo".
Proprio tali situazioni fanno sì che le tematiche tradizionalmente legate alla cultura dei diritti umani - dal conflitto tra sovranità nazionale e gli organismi sovranazionali alla tensione tra universalismo e relativismo, dal contrasto tra diverse generazioni di diritti alla specificazione di nuovi diritti per nuovi soggetti e nuove problematiche - tornino a comparire oggi nell'agenda collettiva. E la sfida, come scrive Flores, è che "i diritti umani possano diventare la lingua franca del XXI secolo. Ma - aggiunge - è una sfida piena di incognite, contraddizioni, ambiguità, per vincere la quale è necessario far fare alla cultura dei diritti un salto analogo, probabilmente, a quello che fu capace di compiere dopo la seconda guerra mondiale".
Le problematiche citate emergono, sia in termini descrittivi che di analisi, nell'opera Diritti umani, il cui pregio risiede nella straordinaria mole di informazioni sull'argomento, offerte cercando un punto di vista il più oggettivo possibile. L'Atlante, in particolare, offre un panorama della situazione. La struttura dei due volumi unisce le analisi tematiche su grandi questioni politiche, economiche e sociali - nelle quali l'ottica dei diritti umani svolge un ruolo sempre più importante - con percorsi geografici che fanno il punto sui traguardi raggiunti e sulle carenze ancora riscontrabili nelle varie zone del mondo. "Si è cercato di coniugare - si legge nell'introduzione - informazione e problematicità, con la coscienza che le ricostruzioni proposte e le ipotesi interpretative avanzate non possono che essere provvisorie; ma anche con la convinzione che era necessario e urgente operare una sintesi capace di favorire un bilancio del passato e di stimolare nuove ipotesi per il futuro".
Il quadro viene completato dal volume sui Documenti e in particolare dal Dizionario dove si celano alcune imperdonabili cadute di stile per un'opera tanto ambiziosa, con voci correlate, scritte da uno stesso autore, che ripropongono identici concetti, ripetendo a volte frasi intere. Tuttavia non è questa, per quanto fastidiosa, la pecca maggiore. Gli autori si sforzano di rendere meno esplicite le posizioni nascondendosi dietro la freddezza giuridica dell'esposizione. Una scelta discutibile, soprattutto in relazione ad alcune tematiche particolarmente delicate per le implicazioni etiche. Alla voce "Etica della vita", ad esempio, in relazione all'embrione si contrappone il concetto di capacità giuridica a quello di diritto alla vita, facendo trapelare una propensione verso il primo. Si nega, in sostanza, che esista un diritto alla vita per l'embrione, ignorando il vasto dibattito in proposito e che ci sono posizioni in favore del riconoscimento di tale diritto.
Ancora. Quando si tratta dei diritti procreativi, lo si fa in astratto, trascurando totalmente il modo in cui l'Onu e l'Unione Europea si riferiscono a tali diritti nei loro atti ufficiali, ovvero intendendoli come l'applicazione del diritto di decidere se avere o meno figli (in sostanza tutto si riduce alla contraccezione). D'altra parte è noto che alla Conferenza mondiale del Cairo su popolazione e sviluppo, centrata sul nesso fra stabilizzazione demografica e crescita economica, organizzato dalle Nazioni Unite nel 1992, furono fatte pesanti pressioni affinché l'aborto fosse riconosciuto tra i diritti riproduttivi.
L'ostentato tentativo di mantenersi su un piano prettamente teorico-giuridico appare, dunque, un espediente per sfuggire ad una problematizzazione reale di temi scottanti ed attuali. Ma una carenza, a nostro avviso non meno grave e strettamente connessa a quella sopra rilevata, è l'aver dimenticato nei testi e persino nelle sezioni bibliografiche, salvo eccezioni, di citare studiosi cattolici, ma ancora di più l'aver pressoché ignorato riferimenti al Magistero della Chiesa. Tutto o quasi è relegato alla voce "Cristianesimo e diritti umani": appena sei pagine - peraltro discutibili e con una bibliografia fin troppo "essenziale" - che paradossalmente iniziano con un imperioso "è impossibile pensare i diritti umani senza cristianesimo", per giungere, quasi al termine, ad un non meno paradossale "la Chiesa cattolica si è affermata quale indiscusso protagonista della lotta globale per i diritti umani". Così non meraviglia se, mentre nella citata voce si parla di "ruolo chiave" svolto dalla Santa Sede nell'elaborazione dell'Atto di Helsinki (1975), la voce specifica non ne fa assolutamente menzione.
Che la stesura dei testi dell'opera sia stata sostanzialmente affidata a esperti "laici" non è una notizia nel panorama editoriale italiano, ma non tenere nel dovuto conto la Dottrina sociale della Chiesa su tematiche legate ai diritti umani, come pure i numerosi interventi fatti dai rappresentanti della Santa Sede presso le principali organizzazioni internazionali, appare una scelta discutibile dal punto di vista metodologico. Se è ormai noto il tentativo, da parte di una certa cultura, di voler confinare la religione, anche quella cattolica, nella sfera del privato, è altresì innegabile che è dalla religione, e specificatamente da quella cattolica, che continua a giungere l'unica voce chiara e inequivocabile in difesa dei diritti di ogni uomo.
Ma è una voce spesso scomoda. Basta citare il discorso di Benedetto XVI rivolto il 1° dicembre ai partecipanti al forum di organizzazioni non governative di ispirazione cattolica, che in qualche modo sintetizza le riflessioni riportate in precedenza, per comprendere perché alcuni richiami - come quelli ai valori "non negoziabili" - trovino scarsa ricettività in certi ambienti politici e culturali: "Spesso il dibattito internazionale - afferma il Papa - appare segnato da una logica relativistica che sembra ritenere, come unica garanzia di una convivenza pacifica tra i popoli, il negare cittadinanza alla verità sull'uomo e sulla sua dignità, nonché alla possibilità di un agire etico fondato sul riconoscimento della legge morale naturale. Viene così di fatto ad imporsi una concezione del diritto e della politica, in cui il consenso tra gli Stati, ottenuto talvolta in funzione di interessi di corto respiro o manipolato da pressioni ideologiche, risulterebbe essere la sola ed ultima fonte delle norme internazionali. I frutti amari di tale logica relativistica nella vita internazionale sono purtroppo evidenti: si pensi, ad esempio, al tentativo di considerare come diritti dell'uomo le conseguenze di certi stili egoistici di vita, oppure al disinteresse per le necessità economiche e sociali dei popoli più deboli, o al disprezzo del diritto umanitario e ad una difesa selettiva dei diritti umani".
In conclusione, nata sulla scia del successo, meritato, della Storia della Shoah - davvero un indiscutibile monumento alla verità storica sulla tragedia degli ebrei in Europa - l'opera Diritti umani appare nel complesso meno riuscita, anche per la complessità della tematica, e colpevolmente lacunosa. Comunque, fatta la dovuta tara, resta un utile strumento sia dal punto di vista descrittivo che documentale, in grado di offrire uno sguardo ampio, per quanto incompleto, sull'argomento a quanti oggi si occupano di diritti umani.
(©L'Osservatore Romano - 10-11 dicembre 2007)
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