9 dicembre 2007
Norma antiomofobia, Edoardo Patriarca: "Cercano sfondamenti culturali attraverso un sotterfugio"
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«Cercano sfondamenti culturali attraverso un sotterfugio»
DA MILANO ENRICO NEGROTTI
Sotterfugio procedurale, questione antropologica, problema politico.
Sono tre gli elementi che solleva Edoardo Patriarca (membro del consiglio direttivo di Scienza& Vita e Retinopera, nonché eletto nella Costituente del Partito democratico) per criticare l’inserimento del cosiddetto «emendamento antiomofobia » nel pacchetto sicurezza approvato giovedì sera al Senato.
Come valuta l’approvazione della norma sull’identità sessuale nel pacchetto sicurezza?
Trovo discutibile che si sia inserito in un provvedimento importante un comma assai delicato che non aveva nulla a che fare con l’argomento del decreto. E non è la prima volta che accade. Vuole apparire un emendamento innocuo, quasi ovvio e scontato, che invece tenta un vero e proprio «sfondamento culturale». Sui temi sollevati dall’emendamento, delicati e di straordinaria complessità, occorrerebbe un dibattito pubblico alla luce del sole in cui ciascuno porta il suo contributo senza ostracismi e pregiudizi.
Quali sono gli aspetti su cui occorre riflettere e confrontarsi?
Si introduce la dizione «tendenze sessuali » (prima si era parlato di identità di genere): ma cosa si intende con questa terminologia apparentemente innocua? In realtà l’obiettivo è chiaro: non si è solo maschi e femmine, come la realtà biologica ci mostra, ma si può essere anche altro, omosessuali, transessuali, eccetera. In altre parole si vuole dire che l’identità sessuale non è data ma si costruisce con una varietà di possibilità legate alla storia di ognuno. Questa ipotesi coinvolge la visione antropologica e la stessa possibilità di declinare la natura umana. Inserire certi concetti in un provvedimento che riguarda la sicurezza chiamando in causa la lotta alle discriminazioni è per lo meno capzioso.
Per sgombrare il campo da equivoci, va sottolineato che le persone hanno il diritto al rispetto sempre e comunque, ma questo non giustifica lo stravolgimento di ciò che oggi diciamo «umano», fatto con «leggerezza » che nasconde una prepotenza.
Il richiamo alla coscienza di chi ha votato contro non è stato apprezzato da tutti, forse perché c’era in gioco la vita del governo. Si pone anche una questione politica?
Certamente sì. Faccio parte della Costituente del Partito democratico, ma anche della commissione che sta scrivendo il codice etico della nuova formazione politica. Il punto di partenza, il «la» del nuovo partito, è la laicità, il rispetto delle culture, la ricerca esigente di una visione antropologica personalista e comunitaria. Rimango allibito dai commenti che alcuni leader hanno riservato alla decisione di Paola Binetti di votare contro: si è detto una questione di coscienza mal posta? Ma chi decide che la questione di coscienza è mal posta? Non va comunque e sempre rispettata se la presa di posizione è motivata e assunta in piena coscienza? Non è un buon inizio, occorre attenzione e rispetto, rimane il dubbio che i «saperi» ispirati dalla fede religiosa non abbiano troppo cittadinanza. E poi me lo lasci dire: sembra che vi siano obiezioni e obiezioni. Se si «obietta » sulla nostra presenza in Afghanistan allora sì che si apre una trattativa alla pari. Si minacciano crisi e verifiche. Se si pone invece una questione che ha rilevanza etica allora si alzano le false barricate della laicità. Mi pare che in questo modo si apra il dibattito sulla natura del Partito democratico e sul ruolo che i cattolici avranno in questo percorso.
Si può immaginare che il «sotterfugio » sia stato perseguito nel timore che non vi sarebbe il consenso della gente a queste tesi?
A me piace chiamarlo «sfondamento culturale», con caparbietà alcune minoranze assai potenti tentano di condizionare la legislazione nazionale, una via breve che non accetta il dibattito pubblico perché sanno che la maggioranza degli italiani la pensa come noi. Una avversione – esplicitata pochi giorni fa anche da Massimo D’Alema – ai matrimoni gay e alle adozioni da parte degli omosessuali. Non per pregiudizio, ma perché i bambini hanno bisogno di un papà e di una mamma. Semplice e chiaro: non vanno tutelati i desideri ma i diritti, in questo caso quello dei bambini. Sono posizioni che vengono prese più per ideologia che per vita vissuta. C’è da sperare che l’impegno assunto dal governo di ritirare l’emendamento venga mantenuto. Per il resto pronti ad aprire un confronto, a patto che sia serio e valga per tutti la virtù politica assai praticata dell’ascolto.
© Copyright Avvenire, 9 dicembre 2007
«MAPPERÒ» SU SAT2000
E per l’omelia del parroco si profila perfino il rischio penale
«Una norma che non ha niente a che vedere con la sicurezza dei cittadini, che non rispetta le indicazioni costituzionali sulla famiglia società naturale fondata sul matrimonio, che prevede il carcere fino a tre anni per il mero esercizio della libertà d’opinione». Così il senatore dell’Udc Francesco D’Onofrio negli studi di Sat2000 ospite del talk show Mapperò giudica il cosiddetto emendamento antiomofobia. E invece «una norma di civiltà che attiene alla sicurezza in quanto reprime comportamenti illegittimi come le discriminazioni in tema di orientamento sessuale», secondo il suo contendente in studio, Gianluigi Pegolo, deputato di rifondazione comunista. Che sottolinea come i tre anni siano il massimo della pena e che bisogna confidare nel buon senso dei magistrati nell’interpretazione della norma. Proprio quello che preoccupa D’Onofrio secondo il quale è estremamente grave e rischioso affidare ai magistrati il compito di stabilire quando un pensiero diventi penalmente rilevante laddove la libertà d’opinione dovrebbe essere intangibile.
E quando la conduttrice Monica Mondo chiede a Pegolo: «Ma un parroco rischia di incorrere in una sanzione penale per una omelia?», il deputato di rifondazione comunista si limita a rispondere sibillino: «Mi auguro di no perché spero non vengano messi in atto comportamenti illeciti».
C’è un unico punto su cui Pegolo e D’Onofrio sono d’accordo: la previsione che la norma non verrà cambiata alla camera. «Metteranno di nuovo la fiducia», taglia corto D’Onofrio, mentre Pegolo puntualizza che Rifondazione comunista è indisponibile a stralciare l’emendamento dal decreto sicurezza.
© Copyright Avvenire, 9 dicembre 2007
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