13 dicembre 2007

Quel sorriso di Papa Benedetto...


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Quel sorriso di papa Benedetto

La ricerca sul nuovo pontefice entrerà alla Lateranense

All’inizio del XVI secolo lo storico Aventinus descrisse la Baviera e il suo popolo come «spirituale e religioso, semplice e modesto, credente perché col carattere impresso nella fede». Un motivo sufficiente quindi perché Emanuela Zanotti fosse spinta a porsi domande sulle origini di Benedetto XVI che, fin dal principio del pontificato, con scelte che paiono riportare la Chiesa «à rébours» nel dogmatismo teologico e cerimoniale dell’Alto Medioevo, sta facendo discutere intellettuali e persone semplici, conservatori e moderati.
L’autrice s’è incamminata sulle tracce di un Papa per capire quanto la sua infanzia e la sua educazione possano avere inciso sulla direzione che Ratzinger ha deciso di impartire al ministero che ha ricevuto.
E gli esiti di questo viatico ci verranno offerti in un minuscolo libello oggi nel Salone Bevilacqua di via Pace, alle 21, quando Emanuela Zanotti presenterà «Il sorriso Benedetto», che l’8 febbraio tra l’altro entrerà tra gli scaffali della Pontificia Università Lateranense per il tramite del suo rettore, monsignor Rino Fisichella.
Il calco che forgia la vita di un bambino e poi di un uomo, questo è il leit- motiv di tutto: il legame fortissimo di Joseph con la terra di Baviera, ricca di abbazie benedettine e devota alla «regula aurea» di San Benedetto da Norcia, da cui si può comprendere perché l’affezione verso questo nome da parte di Ratzinger; e un’infanzia atipica, più vicina all’educazione che i rabbini impartiscono ai loro figli che non a quella dei bimbi cattolici.

Lo stesso Benedetto, chiosando il suo Goethe, ammette di «avere casa su nulla»: il padre, gendarme, inviso agli esponenti nazionalsocialisti, costretto a continui sposatamenti, porta con sé una famiglia composta da una madre straordinariamente devota, che intona canti mariani mentre si occupa della casa, quasi in omaggio all’ora et labora benedettino; una sorella, Maria, che per far studiare Joseph rinuncerà a tutto; un fratello che guarda a lui con sorpresa e aspettativa; e il piccolo Seph che studia, allevato dal padre come una perla rara, mentre sulle spalle porta una cartellina logora e negli occhi la consapevolezza grave delle icone bizantine, quasi sentisse, già a pochi anni, il peso di una tradizione ruvida, fatta di gesti energici e fede inossidabile, e la consapevolezza prematura di un grandissimo onore e onere che toccherà la sua vita futura.

In questa tassonomia dei sentimenti sacri, Seph si perde incantato nelle Messe rorate, nei tempi teneri e solenni dell’Avvento e del Natale, nella compostezza delle preghiere e negli involi delle architetture barocche, dove angeli musicanti e stucchi sono, come egli stesso scriverà molti anni dopo, anticipazione della gioia celeste, fatta di misteri insondabili. «Che peccato», osserva oggi quel bimbo studioso divenuto Papa, «che i ragazzi perdano la stupefazione, perché lo stupore silenzioso, insegna Aristotele, è l’inizio di ogni filosofia».
Infatti, dice Maimonide «Non si interrompe una classe nemmeno per la costruzione del tempio, perché il mondo poggia sul respiro dei bambini che imparano». M.E.L.

© Copyright Brescia Oggi, 13 dicembre 2007

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