2 settembre 2008

Ancora chiese in fiamme in India. Migliaia i profughi nelle foreste. Giornata di preghiera e di digiuno indetta dalla Cei (Osservatore)


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VIOLENZE ANTI-CRISTIANE IN INDIA: RACCOLTA DI ARTICOLI

Giornata di preghiera e di digiuno indetta dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana

Ancora chiese in fiamme in India
Migliaia i profughi nelle foreste


Ancora quattro chiese bruciate nello Stato dell'Orissa, mentre continuano ad arrivare notizie preoccupanti sul bilancio dei morti negli attacchi anticristiani di questi ultimi giorni, che sarebbero molto più numerosi di quanto reso noto finora. E continuano ad aumentare anche i profughi che cercano riparo nelle foreste, nel tentativo di sfuggire alle violenze. Intanto, secondo quanto riporta l'agenzia AsiaNews, una delegazione della quale facevano parte il vescovo di Cuttack-Bhubanesw, Raphael Cheenath, e l'arcivescovo di Delhi, Vincent Michael Concessao, ha incontrato questa mattina il presidente della confederazione indiana Shrimati Pratibha Patil. La delegazione, composta anche da parlamentari e personalità della cultura cattolici, avrebbe presentato un memorandum nel quale si chiederebbe di perseguire alcuni leader radicali indù del Vishwa Hindu Parishad, del Rashtriya Swayamsevak Sangh e del Bajrang Dal che continuano ad accusare i cristiani di aver ucciso il leader indù Swami Lakshmananda Sarswati, alimentando così l'ondata di violenza.
Nonostante ieri la situazione sembrasse migliorare infatti, tanto da spingere le autorità a revocare il coprifuoco e l'ordine di sparare a vista, alcune persone hanno dato fuoco agli edifici di culto cristiano, tanto che il governo locale ha di nuovo imposto il coprifuoco serale e notturno. La situazione è al momento tranquilla a Kandhmal, epicentro degli scontri, dove la vita è tornata normale. Arrivano invece echi di violenze da diversi villaggi, tanto che le autorità locali hanno chiesto altre dieci compagnie tra esercito e paramilitari per ripristinare l'ordine. Alcuni cristiani hanno lasciato i centri di accoglienza, dove erano stati ospitati, per far ritorno nelle loro case. Sono invece ancora 8.000 gli ospiti dei centri di accoglienza che si aspettano un aiuto dal Governo per ricostruire le proprie abitazioni. Sarebbero seicento le case bruciate, secondo informazioni governative rese note dal quotidiano "The Times of India", mentre diciassette sarebbero le chiese e i luoghi di preghiera dati alle fiamme.
Le condizioni di vita dei cristiani in India, non solo nell'Orissa, rimangono dunque particolarmente difficili. Della situazione indiana e del silenzio della comunità internazionale di fronte a queste persecuzioni hanno parlato ieri, intervistati dalla Radio Vaticana, rispettivamente, il cardinale Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi, e l'arcivescovo Felix Anthony Machado, alla guida della diocesi di Nashik, già sottosegretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso.
Secondo il cardinale Toppo, nonostante la crisi attuale, il dialogo e il rispetto reciproci fra cristiani e indù sono obiettivi possibili. L'India, ha detto il porporato, "non è semplice da capire. Ci sono i fondamentalisti, che rappresentano una percentuale, forse l'11 per cento, e quando accadono queste cose per loro è facile distruggere, bruciare. Ma non è tutta l'India ad esserne colpita: è solo una parte". Il cardinale rifiuta l'accusa mossa dai radicali ai cristiani di aver ottenuto conversioni con la forza. In realtà, ha spiegato, il nuovo governo indiano è nato dalla sconfitta elettorale dei fondamentalisti, i quali ora cercano di recuperare spazio con una forte propaganda anticristiana.
L'arcivescovo Machado invece ha affermato che di fronte a quanto sta avvenendo in questi giorni in India la Chiesa ha il dovere di alzare la propria voce, di far sentire il proprio grido di protesta. "Questa violenza è senza fondamento - ha detto il vescovo - e quanto sta accadendo in un Paese grande e democratico, dove anche la Costituzione garantisce la libertà religiosa, il rispetto, il dialogo, è inaccettabile per la Chiesa". Tuttavia, in queste ore arrivano anche segni diversi da quelli della violenza, molti non cristiani hanno testimoniato la loro solidarietà. Nella diocesi di Nashik, ha raccontato l'arcivescovo, tutte le scuole cattoliche sono state chiuse: "Nella zona dov'è la sede del vescovo, ho organizzato io stesso la preghiera durata due ore. Non lo abbiamo imposto né forzato nessuno. In questa mia zona ho avuto più di 500 insegnanti, molti dei quali non cristiani ma indù, e abbiamo fatto una preghiera. Anche alcuni musulmani e buddisti hanno partecipato e hanno espresso la loro solidarietà". L'arcivescovo ha spiegato che c'è la volontà di proseguire il dialogo fra le fedi anche in questa situazione: "C'è buona volontà. C'è un desiderio per la pace e per l'armonia. Solo che il nostro mondo è diventato troppo politicizzato e tutto questo complica il dialogo".
Intanto la presidenza della Conferenza episcopale italiana (Cei) invita alla preghiera per i cristiani dell'India: "La presidenza della Cei - si legge in un comunicato - facendosi interprete del turbamento dell'intera comunità cattolica italiana di fronte all'ondata di violenza scatenasi con contro le comunità cristiane nello Stato dell'Orissa, culminata nella morte di sacerdoti, consacrati e fedeli laici e nella distruzione di chiese, ospedali, case e villaggi, si associa all'accorato appello formulato dal Santo Padre Benedetto XVI, condannando con fermezza ogni attacco alla vita umana ed esortando alla ricerca della concordia e della pace.

A questo scopo, invita le diocesi italiane a indire per venerdì 5 settembre, memoria liturgica della beata madre Teresa di Calcutta, o in un altro giorno stabilito dal vescovo diocesano, una giornata di preghiera e digiuno, come segno di vicinanza spirituale e solidarietà ai fratelli e alle sorelle tanto duramente provati nella fede".

(©L'Osservatore Romano - 1-2 settembre 2008)

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