15 ottobre 2008
Una Bibbia in ogni lingua, nuova sfida ecumenica (Muolo)
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Una Bibbia in ogni lingua nuova sfida ecumenica
DA ROMA MIMMO MUOLO
La Bibbia deve diventare sempre più «un libro da comodino», cioè da leggere. E dunque sempre meno da scaffale, cioè da conservare e basta. Perciò c’è bisogno che ognuno possa comprenderlo nella sua lingua. Un traguardo ancora lontano dall’essere raggiunto, dal momento che oggi sono 4.500 gli idiomi nel mondo in cui la Parola di Dio non è stata tradotta.
Così, ieri, nella Sala Stampa vaticana è stato firmato, tra la Federazione Biblica Cattolica e la United Bible Societies, un accordo di cooperazione per la traduzione e la diffusione della Bibbia.
La breve cerimonia è avvenuta di fronte ai giornalisti che attendevano il briefing quotidiano sui lavori del Sinodo. Ed è proprio la coincidenza di questo accordo con l’assise che da dieci giorni si sta occupando della Sacra Scrittura a rendere ancora più significativa la sua sigla. «Noi crediamo che ci sia un diritto di ogni popolo ad avere la Sacra Scrittura tradotta nella propria lingua», ha sottolineato il vescovo di Terni-Narni-Amelia Vincenzo Paglia, presidente della Federazione Biblica Cattolica.
I dati formati dal presule, infatti, parlano chiaro. La Bibbia è stata tradotta in 2.454 lingue diverse (interamente in 438, il solo Nuo- vo Testamento in 1.168, e solo alcuni libri, ad esempio i Vangeli o i Salmi, in altre 848). Se poi si calcola che le Società Bibliche hanno distribuito nel 2006 circa 26 milioni di Bibbie, vuol dire che si è raggiunto solo l’1 o il 2 per cento dei due miliardi di cristiani. «Dunque molto rimane da fare», ha sottolineato Paglia. Da qui, la necessità di stringere un accordo con la United Bible Societies perché, ha spiegato Paglia, «reperire i traduttori e i fondi non è semplice».
«La firma di questo accordo – ha detto da parte sua Miller Milloy, segretario generale della United Bible Societies – è la riaffermazione pubblica della cooperazione che già esiste dal 1969 e manifesta l’intenzione delle due organizzazioni di approfondire questa collaborazione negli anni a venire». Non deve sfuggire inoltre la valenza ecumenica della sigla di ieri. Malgrado le diverse interpretazioni della Sacra Scrittura che hanno allontano i cristiani nella storia della Chiesa, ha fatto notare il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, presente alla firma, «la Bibbia è rimasta sempre un’eredità comune. Nient’altro unisce la Chiese e le comunità cristiane come la Bibbia». Essa è «veramente la base del dialogo ecumenico ». Il cardinale non ha però nascosto i residui problemi. «Sulla sua interpretazione ci siamo divisi». Ci sono stati «sviluppi unilaterali, limiti e problemi e abusi di metodo storico e critico», ma così facendo «ci si è dimenticati che la Bibbia è un libro nato nella Chiesa e per la Chiesa». Perciò, ha sottolineato il cardinale, «il dialogo ecumenico non è un negoziato diplomatico che mira ad un qualsiasi compromesso ma significa leggere e ascoltare insieme ciò che Dio vuole dirci tramite la Sacra Scrittura».
Anche per Paglia la Bibbia «resta il luogo più efficace per l’incontro tra i cristiani». Nel dialogo ecumenico, infatti, «il terreno biblico è quello ove si è fatto il maggiore progresso ed è anche quello ove è possibile ancora una notevole collaborazione». Sullo sfondo resta poi il grande desiderio di Dio che si manifesta anche in una società estremamente secolarizzata coma le nostra. La conferma viene da una ricerca – La lettura delle scritture, condotta da Gfk-Eurisko sotto la guida del sociologo Luca Diotallevi per conto della Federazione Biblica Cattolica – che è stata presentata ieri contestualmente alla firma dell’accordo. Scopo dell’indagine: valutare il rapporto esistente tra la popolazione adulta e le Scritture. Il 75% degli italiani ha una Bibbia in casa, ma solo il 27% dichiara di averne letto un brano nell’ultimo anno. In genere, in Italia, alla lettura è preferito l’ascolto di omelie e prediche, che vengono apprezzate dalla quasi totalità degli intervistati (il 19% dichiara di «apprezzarle molto» e il 35% «abbastanza» contro un 7% che dichiara di «non apprezzarle »). E ciò si vede anche dal fatto che soltanto il 14% degli intervistati ha risposto correttamente alle sette domande poste dagli intervistatori sulla conoscenza del testo. Un risultato che chiede di essere migliorato.
Federazione Biblica Cattolica e «United Bible Societies» hanno firmato un accordo di cooperazione per tradurre e diffondere il Libro Sacro.
© Copyright Avvenire, 15 ottobre 2008
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