17 dicembre 2007

Card. Castrillón Hoyos: fra tradizione e internet (Ingrao per "Panorama")


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Monsignor Hoyos: tutto tradizione e tecnologia

di Ignazio Ingrao

Formiche giganti caramellate: è la specialità colombiana che il cardinale Darío Castrillón Hoyos offre agli amici. Nato 78 anni fa a Medellín, il porporato ha fama di rigido tradizionalista: celebra la messa in latino con il rito antico, è stato l’artefice dello storico incontro tra i successori di Marcel Lefebvre e Benedetto XVI e ha collaborato nella stesura del motu proprio del Papa per la liberalizzazione della messa tridentina. Ma il cardinale Castrillón ha anche una straordinaria passione che contrasta con la sua immagine esterna: internet e i computer.
Il suo studio è tappezzato di video e dotato di collegamenti ad alta velocità che gli consentono di connettersi in tempo reale con tutto il pianeta. Oggi il porporato presiede la Pontificia commissione Ecclesia Dei per i rapporti con i lefebvriani. Vescovo a soli 42 anni, è stato presidente del Consiglio episcopale latinoamericano e prefetto della Congregazione per il clero. Una brillante carriera ecclesiastica accompagnata, fin dal principio, dalla passione per le nuove tecnologie.

Eminenza, quando ha acquistato il suo primo computer?

All’inizio degli anni Settanta. Ero stato appena nominato vescovo e partecipavo al Celam, il Consiglio episcopale latino-americano. Feci un viaggio in Oriente. Al ritorno, in aeroporto acquistai un piccolo computer Texas Instruments. La notte seguente non ho dormito finché non ho imparato a usarlo.

Ha studiato diritto canonico e sociologia religiosa. Perché l’interesse per i computer?

Perché quando tornai in Colombia, a 25 anni, dopo aver compiuto i miei studi a Roma, il vescovo mi assegnò una parrocchia ai margini della foresta, in una zona mineraria. Il paese era poverissimo e lo stipendio da sacerdote era appena sufficiente per vivere. Amavo moltissimo lo studio e la più grande sofferenza per me era la mancanza di libri. Non avevo soldi per acquistarli e in quel paese non esisteva la biblioteca. Comprai una radio e pregai i miei vecchi colleghi dell’Università Gregoriana di spedirmi libri e dispense. Ma non era facile, a causa delle distanze e delle difficoltà di collegamento.

Ha dovuto attendere l’avvento di internet e della email?

No. Appena ho potuto ho acquistato un modem. Dopo un viaggio a Roma lo feci installare sul mio computer. La mattina seguente telefonai ai miei colleghi della Gregoriana per chiedere le dispense di teologia. Due ore dopo erano stampate sul mio tavolo, a migliaia di chilometri di distanza da Roma. Capii che con quel sistema avremmo potuto rivoluzionare il sistema di comunicazione nella Chiesa e avremmo potuto aiutare i sacerdoti di tutto il mondo a sentirsi meno isolati.

Così è nata l’idea della Riial, la rete Informatica della Chiesa in America Latina?

Esatto. Ne parlai con altri vescovi latinoamericani. Dopo un certo tempo, all’interno del Celam, dove sono stato segretario generale e poi presidente, ci siamo impegnati a dotare gli uffici delle conferenze episcopali e delle principali diocesi di computer sviluppando un software per la trasmissione di documenti, l’archiviazione e lo scambio di informazioni. Oggi la Riial è una realtà straordinaria che tiene collegate le diocesi del continente. Abbiamo anche raggiunto un accordo con la Microsoft per la distribuzione delle licenze del software a prezzi scontati.

Tornato a Roma, ha portato in Vaticano la passione per l’informatica?

Abbiamo creato un sito, www.clerus.org, che contiene una vastissima biblioteca con tutti i principali testi utili ai sacerdoti di tutto il mondo: documenti del Papa e dei dicasteri vaticani, testi di patristica e di teologia, libri di spiritualità. In seguito, alcuni amici mi hanno regalato 100 mila cd-rom. Abbiamo registrato su di essi il contenuto del sito e li abbiamo distribuiti soprattutto ai sacerdoti che vivono nelle zone più disagiate, sprovviste di efficienti collegamenti internet. Mio collaboratore immediato è stato un bravo sacerdote ingegnere, padre Lucio Ruiz. Abbiamo lavorato sempre in stretto contatto con il cardinale John Foley e con monsignor Enrique Planas del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali.

Naviga in internet?

Sì, ogni giorno. Ed è una fonte inesauribile di informazioni e di nuove scoperte. Inoltre mi permette di fare nuove conoscenze e di restare in contatto con amici lontani. Recentemente ho conosciuto un sacerdote che vive in Siberia orientale. L’ho aiutato a far venire a Roma un’anziana catechista che faceva catechesi già ai tempi di Stalin. Internet permette anche questo.

Le hanno mai chiesto assistenza spirituale online?

Sì, mi capita spesso di essere interpellato per consigli e pareri e qualche volta anche per una vera e propria assistenza spirituale. Rispondo quando mi è possibile, ma ci sono validi siti dove sacerdoti qualificati offrono questo aiuto spirituale. È molto utile perché così si possono raggiungere persone lontane dalla Chiesa.

Internet è anche il regno della pornografia e della pedofilia. Non ha paura di brutti incontri?

No, perché mi metto in contatto solo con sacerdoti o persone da me conosciute. Tutto dipende dall’uso che si fa della rete. Dobbiamo educarci all’utilizzazione corretta di questi strumenti che possono offrire un contributo straordinario alla crescita della persona. Purtroppo la pornografia ormai arriva direttamente anche sui telefonini in mano agli adolescenti. Cosa dovremmo fare? Spegnere i computer e ritirare i telefonini? Sarebbe profondamente sbagliato. Dobbiamo al contrario educare la libertà e l’autonomia dei giovani e degli adulti nell’uso delle nuove tecnologie

Come concilia la passione per le nuove tecnologie con il suo impegno per difendere la tradizione della Chiesa?

Non sono affatto due elementi in contrasto. Al contrario il mio lavoro per i tradizionalisti è teso al progresso della Chiesa. Si tratta di valorizzare un’eredità che abbiamo ricevuto dal passato per offrirla ai giovani. Il Papa ha voluto recuperare 1.200 anni di cultura e di religione, riassunti nell’antico rito liturgico, per riproporli alle generazioni future.

La rivista La Civiltà cattolica ha proposto di inviare missionari su Second Life. È d’accordo?

Assolutamente sì. La Chiesa deve essere presente nei luoghi dove gli uomini di oggi si incontrano. Naturalmente occorrono preparazione e competenza. Ma anche la realtà virtuale può aiutarci a diffondere la buona notizia del Vangelo.

© Copyright Panorama n.51/2007

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