13 agosto 2008
La festa della Dormizione nella tradizione bizantina (Mons. FrAtilA per l'Osservatore Romano)
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Le celebrazioni del 15 agosto in onore della Madonna nel santuario romeno di Nicula
La festa della Dormizione nella tradizione bizantina
di Mihai FrAtilA
Vescovo titolare di Nove
e Ausiliare di Fagaras si Alba Iulia dei Romeni
La più grande festa liturgica mariana della tradizione bizantina in onore della Madonna, il 15 agosto, ne celebra la sua santa Dormizione. Preceduto da un tempo di preparazione e digiuno a partire dal 1 agosto, l'evento esprime la profonda convinzione della fede che la corruzione non ha travolto il sacro corpo di colei che "ha generato la Vita". La morte di Maria è stata infatti assimilata ad un sonno.
Per la mentalità del cristianesimo orientale, il vero santo ha ricevuto la trasfigurazione del corpo. Perciò dopo la morte il corpo del santo non è travolto dalla corruzione. Ancora di più, la Madonna, la Tutta santa (la Panaghia) per eccellenza, non ha lasciato sulla terra delle reliquie perché il suo corpo è stato ricongiunto allo spirito subito dopo la salita dell'anima al cielo.
Si venerano i luoghi dove ha vissuto o i vari oggetti della sua vita quotidiana, ma non le spoglie del suo corpo. Come per Cristo, il corpo di Maria entra nel mistero della risurrezione e la tomba ne diventa strumento di salvezza: "scala per il cielo".
Gran parte dell'ufficiatura della festa si concentra sull'esprimere la gioia della Chiesa per il grande prodigio dell'assunzione. Un miracoloso evento operato dalla misericordia, il "lusso di Dio", concesso senza i meriti umani perché cosi piacque all'Altissimo. Ma nella Madre di Dio tutto è grazia, dono che porta vita là dove lei presiede e intercede.
L'icona della Dormizione raffigura, accanto al letto dove giace il sacro corpo, la Chiesa dei Dodici, che arrivano dalle varie parti del mondo per venerare "Colei che ha generato la Vita".
Come nel giorno della Pentecoste, così Maria, elevata davanti al trono dell'Onnipotente, assiste anche oggi la Chiesa. Sopra, nel registro superiore dell'icona, è possibile notare la presenza di Cristo che, adorato dai serafini, raccoglie tra le braccia il corpo di un neonato avvolto in fasce. È la giovane anima della sua Madre che il Figlio stesso riceve in paradiso.
Sulla terra spesso siamo abituati a considerare la realtà secondo una logica di retribuzione, il do ut des che toglie la freschezza della carità e inquina anche il bene con le tracce del male. Maria si rallegra diversamente, non come facciamo noi, mettendoci con i meriti là, dove Dio lavora, ma perché Lui guarda e sceglie persone e situazioni "indegni", confrontate al loro nulla.
In questo senso, presso i romeni, la presenza di Maria nasce dall'amore gratuito che una madre ha per i figli. Mai si troverà nella storia romena l'appellativo di "Nostra Signora di un luogo" o "della nazione". La terra stessa dei romeni viene chiamata "il giardino della Madre del Signore". La casa di una madre caratterizza i figli, abitare è diverso dalla padronanza di un luogo. L'abitare nella casa del Signore era anche il desiderio del salmista ed evoca l'intimità di colui che si dedica per riconoscere e godere del dono di essere figlio. Per questo la Madonna si svela come un veritiero clima di Dio, perché offre le stesse disposizioni che ella ha vissuto "portando nel grembo il Portatore del creato".
Maria non chiede incontri o trattative dai suoi figli, ma elemosina, digiuno e preghiere. Sparge lacrime e si scuote nel suo grembo di perenne preoccupazione. Non perché il mondo non abbia raggiunto un suo grado di sensibilità, ma perché ha perso la semplicità e il calore di sentirsi amato di un amore materno.
Al Santuario a lei dedicato, a Nicula (Cluj - Romania) una sua icona, dipinta nel 1681, ha versato le prime lacrime pochi anni dopo. D'allora fino ad oggi, questo luogo è praticamente invaso per la grande festa della Dormizione. La gente, ortodossi e greco-cattolici insieme, viene a piedi per sostenere il cammino della Vergine dolente, la Madre che offre il Figlio al mondo e aspetta gli altri figli per entrare nella luce del Risorto (dopo la liberazione la chiesa non è stata restituita ai greco-cattolici che non hanno il permesso di celebrare).
A Nicula, i pellegrini si ristorano, vegliano la notte, raccolti intorno alle lacrime della speranza che hanno accompagnato il travaglio del popolo romeno, toccato nel suo essere e nella fede dalla stirpe di Roma, ma portatore della sensibilità bizantina per glorificare i sacri misteri di Dio. A Nicula, il vescovo martire greco-cattolico Giulio Hossu offriva la sua Chiesa e il ministero di pastore per poter rendere Dio presente nelle tenebre delle prigionie comuniste, fedele alla realtà di Maria: "La mia fede è la mia vita!". A Nicula, le anime semplici, intorno al loro vescovo hanno comunicato al santo mistero della Madre celeste. A Nicula, un popolo intero ha saputo conservare la sua dignità cristiana e si rinnova oggi nella fedeltà per non perderla. Nella misura che godrà di essere piccolo, di credere che il vero interesse suo o dell'umanità è proprio quello di non averne uno: "Sia fatto di me secondo la tua parola!".
Il corpo di Maria assunto nel cielo ricorda a tutta la Chiesa l'unzione spirituale del battesimo di ogni cristiano. Coloro che credono intravedono oltre la croce della vita l'unzione che ha travolto nell'obbedienza redentrice anche la Madonna. Maria regala ai semplici quell'unzione e fa sì che la Croce non sembri follia. Ma per il suo ascolto e abbandono, Dio l'ha lasciata accanto alla croce.
È la fragranza di un cuore di Madre perché guardandolo non possiamo più rischiare di fuggire dalla salvezza della croce.
È difficile certamente parlare della Madre di Dio. Le parole sono troppo povere e gli inni del passato sembrano troppo barocchi per la sensibilità dell'era postmoderna? Allora aprire il cuore come i bimbi lo fanno con la Madre ci diventa difficile! L'Oriente ha preferito tra un parlare privo di ispirazione e il silenzio imbevuto di stupore, quest'ultimo. I testi della liturgia sono sufficienti per glorificare l'opera di Dio in Maria. Provengono dal silenzio dell'adorazione. San Giovanni Damasceno, per esempio, entrato una volta sotto l'ombra dell'ispirazione, non ha potuto più risparmiare i suoi talenti per cantare la gloria di Colei che ha generato il Figlio dell'altissimo: "Il tuo seno è sedia e il tuo grembo più largo dei cieli... di te si rallegrano gli umani e gli angeli, piena di grazia... tempio consacrato e paradiso parlante, lode della verginità, nella quale si è incarnato Dio e bimbo è diventato..." (axion usato per l'Anafora di San Basilio di Cesarea).
Il ricordo di Maria al centro dell'Eucaristia è la manifestazione della presenza della Chiesa stessa. È il fondamento dell'ascolto cristiano e il riferimento alla maternità che avvolge i suoi figli. Perché? Perché Maria è la "Porta del Salvatore". Perché dice che il giogo del suo Figlio è dolce, il fuoco divino non distrugge la natura, distrugge solo l'uomo vecchio, i complessi, i modi di un'esistenza che deve morire per poter risorgere. La grazia non più come la cima o il tetto di un edificio costruito col sudore o l'impegno, ma il suolo sul quale l'uomo consacrato dalla fede edifica, le fondamenta che porta il Nome sacro di Gesù.
"Nel parto, hai conservato la verginità, nella tua dormizione non hai abbandonato il mondo, Madre di Dio. Sei passata alla vita, tu, o Madre della vita e con la tua intercessione riscatti dalla morte le nostre anime" (tropario della festa).
(©L'Osservatore Romano - 13 agosto 2008)
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