9 dicembre 2007
Intervista al cardinale Tauran: Islam, Ratisbona e gocce di veleno (Rodari per "Il Riformista")
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Intervista al cardinale Tauran: Islam, Ratisbona e gocce di veleno
di Paolo Rodari
«Benedetto XVI, lo scorso anno, celebrando la festa dell’Immacolata concezione, parlò del peccato originale definendolo come “una goccia di veleno” che ognuno di noi porta dentro di sé. È una bellissima immagine che amo citare spesso anche io quando predico. E la stessa cosa il papa l’ha ripetuta, usando parole diverse, anche nella sua ultima enciclica, la Spe Salvi.
Ecco, io ritengo che occorra tenere presente sempre questa goccia di male insita in ogni uomo. E occorre tenerla presente soprattutto quando si intavola il dialogo tra gli uomini e, quindi, quando si intavola il dialogo interreligioso e cioè con esponenti di altre religioni. Non c’è vero dialogo se non si tiene conto che l’uomo è un misto di bene e di male. Noi cristiani pensiamo che con la grazia di Dio si possa fare prevalere soprattutto il bene. Noi crediamo che ogni uomo, seppur peccatore, possa tendere al bene. E la stessa cosa può valere anche con i rappresentanti di altre religioni. Proprio perché anch’essi credenti, si può senza forzature cercare insieme di tendere al bene. È dunque questa tensione al bene che non nasconde la realtà dell’uomo peccatore che deve essere alla base di un serio dialogo interreligioso».
Così, al Riformista, il sessantaquattrenne cardinale francese Jean-Louis Tauran, dallo scorso 25 giugno presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso.
Un compito difficile il suo, soprattutto alla luce di quanto è avvenuto nei rapporti Vaticano-Islam dalla lectio magistralis di Ratisbona in poi.
Allora, alcuni esponenti del mondo islamico reagirono indignati alla citazione di una frase di Manuele II Paleologo. Eppure, spiega Tauran, «anche se non si può negare che ancora oggi vi siano tra i musulmani chi insiste su un’interpretazione errata di Ratisbona, a me risulta che molti esponenti aperti del mondo islamico abbiano compreso il vero senso di quanto il papa ha voluto dire in Germania.
Da quando sono alla guida di questo Pontificio consiglio, nessun esponente islamico mi ha “rinfacciato” le parole di Ratisbona. All’incontro interreligioso di Napoli, ad esempio, ho trovato soltanto comprensione e amicizia. Tra l’altro, dopo Ratisbona, ci pensò lo stesso Benedetto XVI a spiegare il senso autentico delle sue parole e i risultati delle sue spiegazioni sono stati parecchio efficaci. Vorrei poi ricordare che fu lo stesso Benedetto XVI che, un anno prima di Ratisbona, usò parole inequivocabili intorno alla necessità del dialogo interreligioso e dunque anche del dialogo con i musulmani. Parlando il 20 agosto 2005 nell’arcivescovado di Colonia ai rappresentanti di alcune comunità musulmane egli disse infatti che “il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani non può ridursi ad una scelta stagionale. Esso è una necessità vitale, da cui dipende in gran parte il nostro futuro”».
Una necessità vitale, che forse può essere favorita anche dalla lettera che recentemente 138 musulmani hanno indirizzato al papa e ad altri capi di Chiese e di confessioni cristiane.
«Penso - spiega Tauran - che la lettera contenga degli spunti interessanti. Innanzitutto perché è un’iniziativa che viene direttamente da loro. E quando dico “loro” intendo sunniti e sciiti assieme, cosa non secondaria».
«Poi il testo - continua Tauran - non è per nulla polemico e anzi manifesta un grande rispetto verso il cristianesimo, non soltanto verso la Chiesa cattolica. Ad esempio quando i 138 parlano di Gesù, lo fanno a partire dalla nostra Bibbia e non dal Corano. È un fatto nuovo perché abitualmente molti esponenti islamici parlano di Cristo citando il Corano».
Dunque una lettera importante, alla quale il Vaticano ha poi risposto tramite una contro-lettera firmata dal segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone a nome del papa. «Nella risposta del cardinale Bertone - spiega Tauran - c’è la significativa proposta di accogliere qui a Roma una delegazione dei 138. La volontà nostra è quella di dare seguito a questa lettera ponendo in essere un nuovo spazio di dialogo, profondo e strutturato. Adesso dobbiamo soltanto aspettare la riposta del principe giordano Ghazi bin Muhammad bin Talal. Se una risposta arriverà noi, come Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, con la collaborazione del Pontificio istituto per gli studi arabi e islamici (il Pisai) e la pontificia università gregoriana lavoreremo con questa delegazione. Creeremo, insomma, un tavolo di lavoro dove incontrarci e dialogare».
Oltre alla lettera, nelle ultime settimane c’è da registrare l’arrivo in Vaticano del re dell’Arabia Saudita Abdullah. «Il suo arrivo - dice il cardinale Tauran - è molto positivo perché è stata la prima volta di un sovrano dell’Arabia in Vaticano. Se si mette assieme questa visita con la lettera dei 138, si può dire che qualcosa di nuovo si sta muovendo nella giusta direzione. Sono occasioni da cogliere per approfondire il dialogo».
© Copyright Il Riformista, 8 dicembre 2007
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