24 febbraio 2008
Mons. Grillo: "Chi ha paura delle «ingerenze indebite»?" (Il Tempo)
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Il punto di GIROLAMO GRILLO *
* Vescovo emerito di Civitavecchia-Tarquinia
Chi ha paura delle «ingerenze indebite»?
Da alcuni anni uno spettro sembra aggirarsi per l'Italia: viene spesso evocato e quasi sempre a sproposito. Si tratta delle cosiddette «ingerenze» o «ingerenze indebite»: non da parte di un qualcuno qualsiasi, ma da parte della Chiesa negli affari dello Stato.
Tali ingerenze spuntano fuori in trasmissioni tv, di satira comica (spesso anche annacquata di volgarità) o di giornalismo (non sempre la differenza è chiara), come nel giornalismo della carta stampata, nelle discussioni da bar e da autobus.
Di che si tratta? La Chiesa è accusata di esprimere la propria opinione su alcune questioni, soprattutto di etica o di morale, mentre è accettata soltanto quando, ad esempio, durante una delle tante guerre o repressioni nel globo, esorta alla pace.
In realtà la questione non dovrebbe porsi, poiché in democrazia tutti sono liberi di esprimere la propria opinione, senza mai turbare le regole della civica convivenza, neanche quando la Chiesa ricorda a chi si definisce cattolico quale sia il significato di questo aggettivo. Il diritto-dovere della Chiesa ad affermare, poi, il suo Magistero non offende e non limita neppure i diritti delle altre confessioni religiose.
Il sociologo riconosce in tutto ciò una campagna di opinione lanciata qualche anno fa, anche a livello internazionale, da vasti gruppi laicisti, soprattutto comunisti e massonici.
La tattica è quella della propaganda e della pubblicità, se non quella del pettegolezzo: ripetendo costantemente un'accusa, specie se condita dal giusto tono dell'ironia, si convincerà la gente che è vera. Si crea, cioè, un meccanismo per cui l'accusa si autosostiene e viene accettata acriticamente dall'ascoltatore. Poiché tutti lo dicono sarà vero, soprattutto se l'altra parte non possiede gli stessi strumenti mediatici per controbattere.
Tale campagna di ostilità nei confronti della Chiesa viene da lontano e soprattutto dal post-Concilio nell'intento di distruggere la figura di Pio XII e Paolo VI, attenuandosi per ovvii motivi nei confronti di Giovanni Paolo II, per riprendere con vivacità dopo il Giubileo del Duemila, come reazione a quella che, invece di una meravigliosa prova di fede, è stata vista come riscontro di forza della Chiesa. In che modo, d'altronde, avrebbero potuto insorgere quegli intellettuali che, fin dagli anni Cinquanta, erano stati comunisti, di fronte alle folle immense accorse a Roma per vivere da vicino il Calvario di quel Papa che aveva visto la fine del comunismo?
È così, probabilmente, che si è verificata la saldatura tra vecchi e nuovi laicisti che ha prodotto un disgustoso aumento della cantilena delle cosiddette «ingerenze», fino alla nota vicenda del mancato discorso del Papa alla Sapienza.
© Copyright Il Tempo, 24 febbraio 2008 consultabile online anche qui
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