18 dicembre 2007

«Il dialogo fra religioni inquieta i terroristi» (Camille Eid per "Avvenire")


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OFFENSIVA MEDIATICA

Nel suo messaggio l’ideologo dell’organizzazione fondamentalista sottolinea che il mondo sta assistendo «al triplo fallimento degli americani in Iraq»

«Il dialogo fra religioni inquieta i terroristi»

La Santa Sede replica alle minacce di al-Qaeda

DI CAMILLE EID

«Ci sono settori fondamen­talisti che sono preoccu­pati dalla volontà di dia­logo espressa in modo crescente da tanti leader islamici». È questo il com­mento di padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della San­ta Sede, in merito al video, diffuso ie­ri, di Ayman al-Zawahiri in cui questi attacca il re saudita Abdullah per es­sere andato in udienza da Benedetto XVI, «il Papa che ha offeso l’islam». Nel filmato erano apparse immagini del Pontefice mentre riceveva in Vaticano il sovrano dell’Arabia Saudita.
Nel video, l’ideologo di al-Qaeda ave­va prima attaccato con forza gli ule­ma che vietano ai musulmani di com­piere il jihad contro gli americani al­lorché l’avevano considerato un do­vere contro i russi. Per aggiungere: «Chiedo a questi muftì che seguono la scuola di Bush se era appropriato il fat­to che il governante (si riferisce al so­vrano saudita, ndr) abbia visitato il Pa­pa che ha offeso l’islam e i musulma­ni. È forse in questo modo che avvie­ne il confronto con il politeismo?».
«I contatti di dialogo portati avanti da autorevoli esponenti musulmani co­me il re d’Arabia e i 138 teologi e in­tellettuali islamici - ha spiegato padre Lombardi - sono un fatto significativo per tutto il mondo musulmano. Si trat­ta di voci che vogliono esplicitamen­te impegnarsi per la pace». «Queste vo­ci, ha aggiunto, hanno una importan­za crescente e questo evidentemente preoccupa chi questo dialogo non vuole». In quanto alle minacce e­spresse dall’organizzazione terroristi­ca contro il Papa, padre Lombardi ha osservato che non costituiscono un fatto nuovo e che sono già state fatte in passato.
«Che ci siano quelli che vogliono sicu­ramente il duello e lo scontro, noi lo sappiamo ed è una costante: questo at­teggiamento è la via più semplice che vuole evitare qualsiasi incontro, qual­siasi comprensione, qualsiasi forma di umanità», così ha commentato il mes­saggio di Zawahiri, monsignor Gian­franco Ravasi, presidente del Pontifi­cio Consiglio per la cultura. «D’altra parte – ha aggiunto – bisogna dire che queste persone non rappresentano as­solutamente l’orizzonte intero di mol­ti credenti, anche dell’islam».
Il video, lungo 90 minuti, è stato tra­smesso da al-Sahab, il braccio media­tico di al-Qaeda. Il medico egiziano vi ha affermato che il mondo sta assi­stendo «al triplo fallimento degli ame­ricani in Iraq». «Non importa - ha spie­gato Zawahiri - quanto la gigantesca macchina della propaganda in Ameri­ca cerchi di ingannare la gente. La realtà è più forte e peggiore di tutti gli ingan­ni ». Il vice di Benladen ha quindi affer­mato che le forze Usa sono state «scon­fitte e cercano una via di uscita», con­siderando la decisione delle forze bri­tanniche di «fuggire» da Bassora come un’ulteriore dimostrazione che la guerriglia in Iraq si sta rafforzando.
Nel video Zawahiri è apparso davanti a una ricca libreria isalmica, accanto alla quale si denota l’immancabile mi­tra appoggiato ai libri. Denunciando come «traditrici» le tribù sunnite che combattono contro al-Qaeda in Iraq.
Severe critiche sono inoltre indirizza­te all’Iran che avrebbe tramato con gli Stati Uniti per la spartizione dell’Iraq. Per Zawahiri, le minacce del presi­dente iraniano Ahmadinejad di elimi­nare Israele sarebbero «pura propa­ganda ».
Ampio spazio è poi dedicato al tema dei mass media criticando, senza no­minarla, la Tv araba al-Jazeera perché «quando trasmette i video dello sceic­co Benladen offre più spazio ai com­mentatori che al discorso stesso». Il medico egiziano contesta Zawahiri e­logia in seguito il lavoro condotto in questi anni dai siti internet jihadisti affermando che «permetteranno ai mujaheddin di vincere la battaglia i­deologica e di propaganda».

© Copyright Avvenire, 18 dicembre 2007


I cristiani in Terra Santa

Padre Pizzaballa: «Presenza irrinunciabile Ma preoccupa la situazione in Palestina»

Il Custode francescano: «Solo qualche passo avanti sulla questione dei visti»

DA ROMA

SALVATORE MAZZA

Una presenza «piccola», ma «irrinunciabi­le ». In una situazione che è «certamente difficile», considerato che il peso politico è scarso. Ma i cristiani di Terra Santa «ci sono» e sempre più «ci saranno», soprattutto se le tratta­tive tra Israele e Santa Sede sulle problematiche re­lative ai beni ecclesiastici e allo status giuridico, al momento ferme, avranno una positiva e rapida e­voluzione.
È quanto ha sottolineato ieri mattina il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, che ha incontrato nella Sala Stampa vaticana i giornali­sti accreditati per fare il punto, assieme a monsi­gnor Antonio Maria Vegliò, segretario della Con­gregazione per le Chiese orientali e membro del­la delegazione che nei giorni scorsi ha partecipa­to a Gerusalemme alla riunione della Commis­sione mista, sulla situazione attuale dei cristiani in Terra Santa. Presenza esigua, come detto, at­torno all’uno per cento della popolazione, e per di più immersi in una situazione oggettivamente difficile, tale da rendere anche «non realizzabile» per ora il desiderio di Benedetto XVI di recarsi nel­la terra ove visse Gesù, come ha detto il direttore della Sala stampa padre Federico Lombardi: «È naturale, il Papa ha un grande desiderio di anda­re – ha affermato ribadendo quanto già sottoli­neato in occasione della visita in Vaticano del pre­sidente israeliano Shimon Peres – ma per un viag­gio ci vogliono le condizioni sia per quanto ri­guarda la situazione generale e la pacificazione dell’area, sia per quanto concerne la situazione dei rapporti». Così, al momento, «non c’è nessun progetto concreto avviato».
Anche qui, molto dipenderà dal lavoro della Commissione: «Stiamo preparando un docu­mento comune, con la riserva che o lo si appro­va tutto o niente – ha spiegato Vegliò – Un aspetto positivo tuttavia c’è, cioè il fatto che continuia­mo a parlare. Io mi auguro che ci sia sempre la buona volontà da entrambe le parti, certo è un parto lungo. Non so quanti anni sono che i ne­goziati vanno avanti, per quel che mi riguarda io li seguo da ben 13 anni». «Il bello – ha aggiunto l’arcivescovo – è che il gruppo ristretto ha lavo­rato bene. Poi, nella plenaria, quando si è arri­vati a trattare i punti sensibili, ci si è arenati. Non è facile trattare con Israele comunque di molto positivo è che ci siamo dati appuntamento a maggio a Roma. È comunque sempre meglio parlarci che erigere steccati, e posso dire che non saremo certo noi ad alzare muri».
Se la situazione per quanto riguarda il rilascio dei visti è «leggermente migliorata, uno dei punti mag­giormente controversi –a parte le questioni fisca­li – resta quello della restituzione del Cenacolo, al cui proposito Pizzaballa, ha detto che «è bene par­larne il meno possibile. Tutti vogliamo la restitu­zione, ma questo è un momento delicato. Ci so­no state reazioni molto forti e prospettive imme­diate non ce ne sono. Sarà una questione non lun­ghissima, c’è una volontà ferma, ma occorre tro­vare i modi opportuni per arrivare a soluzione».
Quanto alla situazione dei cristiani, Pizzaballa ha parlato di “sofferenza” della piccola comunità. Il 60% dei circa 170mila cristiani della zona, ha spie­gato, vive in Israele, e il 99% è di origine arabo-pa­lestinese. Diversissime le realtà in cui si trovano: in Israele non ci sono situazioni di povertà strut­turale, e forse si può parlare di forme di discrimi­nazione tra la maggioranza israeliana e la mino­ranza araba, mentre nelle zone dell’Autorità pa­lestinese la paralisi politica dell’Anp influisce sul­la vita economica e sociale, che è al limite del col­lasso, malgrado quest’anno ci sia stata una netta ripresa del turismo religioso, cresciuto persino ri­spetto al 2000.

© Copyright Avvenire, 18 dicembre 2007

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