13 agosto 2008

Timothy Verdon: "L'Assunzione e l'Incoronazione di Maria nell'arte" (Osservatore Romano)


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L'Assunzione e l'Incoronazione di Maria nell'arte

Un figlio con la madre bambina tra le braccia

di Timothy Verdon

La fine della vita terrena di Maria, come l'inizio, non appartiene al Vangelo, ma alla tradizione ecclesiale.
Testi apocrifi d'origine cristiano-giudaica - risalenti al secondo secolo e diffusi nella grande Chiesa entro il quinto-sesto secolo - descrivono il suo "addormentarsi" definitivo, la Dormitio Virginis, introducendo l'evento con visioni e visite premonitrici da parte di angeli e di Cristo stesso; alcune di queste scene vengono anche rappresentate dagli artisti, ma assai raramente. Al momento supremo, poi, tornano gli apostoli dalle terre lontane in cui erano impegnati nella predicazione, si ricompone l'originale nucleo pentecostale e Maria è di nuovo circondata dai più stretti collaboratori del suo Figlio. Spesso nell'arte medievale viene raffigurato anche Cristo che prende tra le braccia l'anima di sua madre, presentata come una bambina, così creando una sorta di "Madonna col bambino" rovesciata, dove il Figlio grande stringe a sé la mamma piccola, non viceversa.
Il ruolo particolare di san Giovanni - a cui Cristo in croce aveva affidato Maria con le parole, "Ecco la tua madre", così che "da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Giovanni, 19, 27) - viene sottolineato nei vangeli apocrifi e qualche volta anche nell'arte.
L'iconografia dell'originale facciata del duomo di Firenze, per esempio, che sopra la porta più a nord raffigurava Maria nell'atto di guardare il Figlio neonato, sulla porta verso sud faceva vedere invece il "figlio novello" che guarda sua "madre" morta: l'apostolo Giovanni, cioè, che seppellisce Maria - è l'altorilievo di Arnolfo di Cambio migrato a Berlino nell'Ottocento e quasi distrutto dai bombardamenti bellici.
Ma normalmente la dormizione non veniva raffigurata senza un'indicazione di ciò che segue, e anche a Firenze c'era, nel timpano di questa porta meridionale della facciata, una figura del Cristo adulto in cielo che tiene stretto a sé l'anima bambina della madre. Alla fine del medioevo, poi, era d'uso raffigurare l'intero processo di morte e apoteosi: nell'enorme pala d'altare scolpito e dipinto di Veit Stoss per la cattedrale di Cracovia, per esempio, dove, dalla scena principale in basso - Maria non stesa sul letto ma (curiosamente) inginocchiata mentre s'addormenta in mezzo agli apostoli - l'occhio sale a Cristo che la riceve nell'assunzione, e poi, nell'edicola della cimasa, alla Trinità che la incorona.
Questi due eventi - l'assunzione e l'incoronazione - chiudono il racconto della vita di Maria, o, meglio, la trasferiscono in un'altra dimensione. Rappresentano in verità due fasi dell'unico processo di elevazione: l'equivalente, nella vicenda della madre, della risurrezione del Figlio seguita dalla sua ascensione alla destra del Padre. L'evento fondamentale è l'assunzione corporea della Vergine, che, sebbene definita in termini dogmatici solo nel 1950, fa parte del comune sentire della Chiesa sin dai primi secoli; un racconto apocrifo conservato in più versioni medievali, ma d'origine antica, descrive come "gli apostoli deposero il corpo (di Maria) nella tomba, piangendo e cantando pieni di amore e di dolcezza. Poi un'improvvisa luce celeste li circondò e caddero a terra, mentre il corpo santo fu assunto in cielo dagli angeli".
Nell'iconografia, l'evento visionario viene suggerito, nel medioevo, dal clipeus: il cerchio simboleggiante il cielo, già comune nell'arte romana in scene raffiguranti l'apoteosi d'un eroe; più tardi il cerchio diventerà una raggiera o fulgore luminoso che, mentre è ancora per la via, associa Maria con il regno di luce in cui abita Dio.
Nel santuario di Saronno, per esempio, i fedeli vedono nella cupola un cielo dipinto, con al suo centro incandescente la figura del Padre, mentre appena sotto, sull'orlo della cupola, vedono Maria mentre sale, col corpo verginale e incorrotto che emette analoghi raggi. Come suggeriscono queste due raffigurazioni, poi, la normale posa di Maria mentre viene assunta - con le mani alzate verso il cielo - allude alla preghiera.
La Vergine assume questa posa anche nella colossale pala eseguita da Tiziano per l'altar maggiore della basilica dei Frari a Venezia, l'opera in cui l'artista inaugurò il suo stile maturo. Questa chiesa dell'ordine francescano è formalmente dedicata a "Santa Maria Gloriosa", e il dipinto, commissionato dal priore della comunità nel 1516, voleva esprimere tale "gloria"; l'esplosione di luce nella parte superiore della pala ne comunica l'incandescenza, e - data la collocazione dell'altare davanti ad altissime finestre che occupano interamente l'abside - ha anche la funzione di contrapporre al bagliore naturale una luce sovrannaturale più intensa. Altra brillante soluzione formale: per collegare il gruppo a terra con la nube su cui Maria viene portata in cielo, Tiziano si serve del muscoloso braccio innalzato dell'apostolo visto da tergo, a destra del centro, come per insistere sul perdurante rapporto tra Maria e la Chiesa, tra il corpo glorificato della madre e i corpi dei figli che il Crocifisso le affidò in Giovanni.
Il fatto dell'assunzione corporea di Maria assumeva particolare importanza nel contesto eucaristico per cui l'opera del Tiziano fu eseguita. Il corpo di Cristo realmente presente nel sacramento diventava l'essenziale chiave di lettura dell'immagine sull'altare, che invitava i fedeli a vedere colei da cui il Verbo aveva preso quel corpo elevata nel "suo" corpo dalla terra al cielo: "A sé ti tolse come suo tesoro", dice un poeta del Trecento, Antonio Beccari da Ferrara, e nell'ambito della messa si doveva capire il legame tra il corpo di Cristo, il corpo di Maria e il "corpo" collettivo - la Chiesa - che la comunione eucaristica nutre, rafforza e manifesta.
In un'altra pala d'altare raffigurante l'assunzione, quella di Tilman Riemanschneider a Creglingen, l'artista lascia vuoto lo spazio sotto Maria in cui il celebrante alzava l'ostia e il calice, obbligando coloro che assistevano alla Messa a vedere l'eucaristia come parte dell'immagine, segno e pegno della futura gloria, una "elevazione" dell'intero genere umano. Chi partecipava alla liturgia davanti a questo altare capiva la fedeltà di Dio, il quale, avendo creato l'uomo con un corpo, l'aveva anche salvato nel corpo e infine vuole tutto l'uomo, anima e corpo, con sé in cielo. O, in termini meno astratti, si capiva l'amore del Dio che, nato da Maria, non voleva essere separato dalla persona che l'aveva dato alla luce, e nutrito, e amato.
Non solo. Voleva positivamente onorare quella persona, metterla al suo fianco, "incoronarla". Così, nella splendida cimasa della pala di Creglingen, troviamo l'Incoronazione della Vergine, il tema mariano forse più amato dagli artisti medievali. Dobbiamo ricordare che, per quei secoli ancora vicini al modo patristico di leggere le Scritture, Maria, in cui il corpo materiale di Cristo aveva preso forma, era chiaramente una figura della Chiesa. "Ciò che Maria meritò nella carne, la Chiesa serbò nella mente", dice sant'Agostino, aggiungendo che mentre "quella partorì Uno solo, questa partorisce molti, destinati a riunirsi in uno per mezzo di Uno".
Dall'epoca patristica Maria era più considerata come figura ecclesiologica che come donna, infatti, e quando Agostino chiosa il versetto del Vangelo in cui Gesù indica i suoi discepoli e dice: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi per me è fratello, sorella e madre" (Matteo, 12, 49-50), insiste che tale risposta "non" esclude e "non" umilia la Vergine, ma al contrario la onora includendola tra quelli menzionati dal Figlio. "Conta più per Maria essere stata discepola di Cristo, che essere stata madre di Cristo", dice.
Il padre della Chiesa rincara la dose poi commentando un altro passo, quello in cui a una donna che dal mezzo della folla gridò a Gesù, "Beato il grembo che ti ha portato e il seno a cui hai preso il latte", il Salvatore rispose: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Luca, 11, 27-28). Agostino riflette che "anche Maria proprio per questo è beata, perché ha ascoltato la parola di Dio e l'ha osservata. Ha custodito infatti più la verità nella sua mente, che la carne nel suo grembo. Cristo è verità, Cristo è carne; Cristo è verità nella mente di Maria, Cristo è carne nel grembo di Maria. Conta di più ciò che è nella mente, di ciò che è portato nel grembo". Conclude con un'affermazione che chiarisce al massimo il fluido rapporto tra Maria e la Chiesa: "Santa è Maria, beata è Maria, ma è migliore la Chiesa che la Vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa: un membro santo, un membro eccellente, un membro che tutti sorpassa in dignità, ma tuttavia è sempre un membro rispetto all'intero corpo. Se è membro di tutto il corpo, allora certo vale più il corpo che un suo membro".
Ma il medioevo associava la Chiesa con Maria in maniera ancora più semplice, equiparando le due figure così da renderle interscambiabili. Secondo un teologo del dodicesimo secolo, il beato Isacco della Stella, "nella Scrittura divinamente ispirata, quel che è detto in generale della vergine madre Chiesa, s'intende singolarmente della vergine madre Maria, e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice d'una delle due può essere detta indifferentemente dell'una e dell'altra".
Altra chiave ermeneutica utile è l'enfasi data dai teologi all'elevazione di Maria: la sua "salita" o "ascesa" nell'assunzione e poi nell'incoronazione. A proposito del primo soggetto, ricordiamo che l'ascesa corporea della Vergine ha avuto una definizione dogmatica solo in tempi moderni; nei secoli xii-xiii era ancora dibattuto se ella fosse stata assunta nel corpo o senza il corpo; tra le voci autorevoli c'era stata anche quella del senese Alessandro iii, il quale articolò una delle formulazioni più eleganti a riguardo, affermando che Maria concepit sine pudore, peperit sine dolore et hinc migravit sine corruptione.
Il Papa senese aveva spiegato la "necessità" dell'assunzione e successiva incoronazione con due argomenti straordinariamente sottili: in Maria la grazia di Dio era plena, non semiplena; e Cristo, origine di tutte le leggi divine in quanto Verbo, nell'attribuire tanto onore a Maria, altro non fece che obbedire al comandamento di "Onorare il padre e la madre"!
Di grande importanza era soprattutto il tema della incoronazione: a partire dal Mille, l'elezione speciale di Maria venne descritta, infatti, con la metafora della regalità, cara al medioevo europeo affascinato dal parallelismo tra l'ordine terreno e quello celeste.
Non è un caso che, nel timpano del portale centrale della cattedrale di Reims - la chiesa in cui per antica tradizione veniva celebrata la consacrazione dei re di Francia - troviamo l'incoronazione di Maria, quasi a legittimare il carattere sacrale attribuito al monarca. Ma anche lontano dalle corti dell'Europa settentrionale, in libere repubbliche italiane quali Siena e Firenze, la poesia della regalità condizionava l'iconografia mariana, come abbiamo visto nella grande vetrata duccesca, nella cuspide centrale del disegno della facciata di San Giovanni e come possibile soluzione nel 1440 per il rosone di facciata. A Siena come a Reims e in molte altre chiese cittadine del periodo, questo tema iconografico più volte ripetuto infatti invitava a concepire l'intero edificio come un'aula regia mariana.
Ma la storia di Maria non finisce con l'arrivo in cielo e con l'alta dignità che lassù le viene accordata. Una celebre miniatura di Jean Fouquet alla Bibliothèque Nationale di Parigi, eseguita per il libro d'ore di Etienne Chevalier, fa vedere Maria installata nel regno di luce, con un trono appena sotto quello del Dio triuno, rappresentante privilegiata di "una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Apocalisse, 7, 9).
Siede in cielo, prima fra i santi, ma si dà anche da fare, alzandosi a favore dei cristiani di cui è madre: in un curioso dipinto tedesco del primo sedicesimo secolo, un'opera di Sebastian Dayg nel duomo di Heilsbronn, vediamo Maria che protegge i membri della Chiesa nei loro diversi ranghi e stati, mentre davanti a lei Cristo morto e risorto ferma la spada che il Padre, giustamente irato con l'umanità, vorrebbe usare. Sulla spada, poi, si è appollaiato lo Spirito Santo in segno di pace.

(©L'Osservatore Romano - 14 agosto 2008)

FOTO: Tiziano, Assunzione della Vergine, S. Maria Gloriosa dei Frari, Venezia

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