14 febbraio 2008
Riflessione sulla Lettera di Benedetto XVI alla Chiesa in Cina: Un "primum" storico (Osservatore Romano)
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Riflessione sulla Lettera di Benedetto XVI alla Chiesa in Cina
La priorità dell'annuncio e della testimonianza
Un "primum" storico
"Davvero, è un primum storico il fatto che il Santo Padre abbia scritto una Lettera alla comunità cattolica in una regione particolare. Il motivo, com'è ovvio, è che quella comunità ha sperimentato così tanta tribolazione nei decenni passati, che il Santo Padre vuole mostrare uno speciale interesse a quei suoi figli e dare loro alcuni orientamenti in questo momento apparentemente cruciale".
Con queste parole, il vescovo di Hong Kong, il cardinale salesiano Joseph Zen Ze-kiun saluta la Lettera che in data 27 maggio 2007 il Papa Benedetto XVI ha indirizzato ai Vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese. Dopo un primo rapido sguardo al Documento pontificio, il porporato esprime un'impressione e due speranze.
L'impressione: "Io ammiro il prezioso equilibrio, raggiunto dal Santo Padre tra la sua passione per la verità e il suo amore per i suoi figli. Soltanto un prominente teologo e un tenero padre poteva soddisfare, nello stesso tempo, le esigenze della verità e la gentilezza verso le persone. Sia benedetto Iddio per averci dato un simile capo!".
Una speranza: "La dottrina, accuratamente spiegata da Benedetto XVI, non è altro che i principi cattolici più tradizionali e più universalmente accettati, che appartengono al campo religioso, con nessuna segreta agenda politica, ancora meno con un'intenzione di attaccare qualcuno. La mia speranza è che i Capi del nostro Paese leggano la Lettera del Papa da questa prospettiva e comprendano la vera natura immutabile della Chiesa cattolica".
Una seconda speranza: "La voce dei nostri vescovi e sacerdoti in Cina è spesso impedita dal raggiungere i nostri Capi; ora che la Lettera del Papa è nelle mani dei nostri Capi, i nostri vescovi e sacerdoti possono riferirsi ad essa direttamente come a un comune punto di partenza per il dialogo".
Conclude quindi il cardinale Zen: "Il Papa insiste sul fatto che i vescovi sono i capi nella Chiesa e non devono essere separati dal Romano Pontefice. La mia speranza è che i nostri vescovi e sacerdoti si mantengano uniti con il Santo Padre. Che la nostra Chiesa in Cina sia veramente la Chiesa cattolica, riconosciuta e rispettata dal resto del mondo, e porti onore e gloria al nostro Paese sulla scena della Chiesa universale!".
Un'accoglienza religiosa della Lettera
Anche per i cattolici all'interno della Cina Continentale, la Lettera pontificia è una pietra miliare nello sviluppo della Chiesa in Cina, che invita alla riflessione e alla conversione. Come fa rilevare un vescovo nel nord-est del Paese, non riconosciuto dal Governo, alcune dichiarazioni di Benedetto XVI costituiscono una sfida, come per esempio la revoca delle facoltà e delle direttive pastorali che erano state concesse o emanate dalla Santa Sede per far fronte a particolari esigenze pastorali, sorte in tempi veramente difficili.
Benché questo sviluppo sia doloroso, esso nondimeno rimette la Chiesa in Cina sul binario giusto. Il presule incoraggia, perciò, tutti i suoi sacerdoti e i fedeli laici a leggere in profondità il Documento pontificio, a riassumere i loro sentimenti e le loro esperienze e a intavolare discussioni per afferrare meglio le intenzioni del Papa.
Lo stesso avviso è espresso da un giovane sacerdote della Cina settentrionale, non riconosciuto dal Governo, che scrive: "Questa Lettera avrà indubbiamente un impatto decisivo sul futuro sviluppo della Chiesa in Cina. [...] Lungo tutta la Lettera, il Pastore della Chiesa universale e Successore di San Pietro esprime un sollecito interesse per i fedeli in Cina. Egli è desideroso di condividere la gioia e la speranza, le preoccupazioni e le inquietudini della Chiesa locale. Ciò causerà molta gioia spirituale ai cattolici cinesi. Possiamo sentire che siamo una parte importante della Chiesa universale. Possiamo percepire la sua cura pastorale e sentire profondamente che la comunione della Chiesa non è un concetto vuoto. Sappiamo che realmente viviamo nella comunione della Chiesa. Per più di cinquanta anni - annota il sacerdote - la Chiesa in Cina non ha potuto sperimentare uno sviluppo normale. Perciò, il Papa nella sua Lettera spera di vedere la Chiesa in Cina, nel processo di superamento di molte difficoltà, muoversi lentamente verso uno sviluppo normale e pieno. Sia nel revocare le facoltà sia nel dare insegnamenti a vari settori tra i fedeli (vescovi, sacerdoti, famiglie) il Santo Padre esprime un sollecito interesse per gli urgenti problemi che la Chiesa in Cina affronta, e mette in rilievo come la Chiesa possa progredire verso uno sviluppo sano e normale".
Continua il sacerdote: "La missione più urgente della Chiesa in Cina è ora la riconciliazione. Riconciliazione vuol dire che guardiamo a Gesù Cristo insieme, nella verità e nella carità. Una simile adorazione e messa a fuoco richiede che abbandoniamo i passati pregiudizi, in modo da sederci e impegnarci in un vero dialogo. Se la Chiesa è come una persona reale e se noi dobbiamo vivere in comunione con Cristo, allora la situazione attuale della Chiesa in Cina può e deve essere modificata, prima di tutto, da te e da me. Dobbiamo metterci a sedere e ascoltarci l'un l'altro. In comunione con Cristo, dobbiamo accettarci l'un l'altro. Siamo davvero un solo corpo. I nostri litigi e il nostro scontrarci, decisamente, non sono ciò che Cristo vuole. Abbiamo bisogno di sederci in amore e verità - ancora meglio, nella verità dell'amore e nell'amore della verità - in modo che possiamo perseguire un dialogo sincero. Non dovremmo guardare all'atteggiamento l'uno dell'altro. Io devo, per primo, mettermi a sedere senza porre condizioni. Per ottenere che l'altro si sieda, io devo mettermi seduto per primo. L'unica maniera di ottenere che l'altro mi ascolti è quella di ascoltare l'altro, io per primo. L'unica maniera di evitare litigi è che non mi metta io a litigare. Naturalmente, faccio questo non per ottenere che l'altro si sieda ma perché lui e io siamo in comunione con Cristo e viviamo nella stessa Chiesa di Cristo. In un simile dialogo di unità, è egualmente spaventoso dimenticarsi dell'amore e dimenticarsi della verità. Il Papa ha ribadito la verità della Chiesa in questa Lettera. Nello stesso tempo, egli mette in rilievo la concreta esigenza di amore. Ai fratelli in comunione con il Papa e con le Conferenze episcopali della Chiesa universale, io dovrei aprire completamente il mio cuore. Questo ci porta alla questione della "concelebrazione". Forse alcuni membri della Chiesa "clandestina" troveranno difficile accettare ciò per il momento. Dovremmo mettere da parte i pregiudizi personali e le vedute personali e tenere presente la Chiesa di Cristo".
Un invito pressante alla Chiesa che è in Taiwan
In una lettera del 3 luglio 2007, monsignor Joseph Cheng Tsai-fa, allora arcivescovo di Taipei, propose alcune riflessioni al popolo della Chiesa cattolica dell'area di Taiwan in risposta alla Lettera pontificia.
La Lettera di Benedetto XVI - scriveva il presule - "è molto ricca di contenuto e, naturalmente, ha suscitato molte risposte. Anch'io vorrei rispondere ad essa. [...] Prima di tutto, voglio mettere in rilievo ed esortare a non politicizzare, per favore, questa Lettera. Infatti, sin dal 1951, ogni Papa ha mostrato buona volontà alla Chiesa cattolica in Cina in occasioni ufficiali e non ufficiali. I Papi si sono interessati ai fedeli della Chiesa cattolica in Cina, preoccupandosi che essi riuscissero a conoscere il Signore e a udire i veri insegnamenti di Gesù. Essi attendevano con impazienza la libertà religiosa in Cina. Il Papa Benedetto XVI è come loro". Infatti, con questa Lettera, egli incoraggia i cattolici in Cina e mostra che la Chiesa universale non li abbandona e continua a interessarsi a loro.
Il Papa - scriveva ancora il presule - "mostra di seguire il principio di attenersi alla verità del nostro Signore Gesù. Gesù ha detto: "Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno" (Matteo 5, 37). Come Successore di Pietro, il nostro Santo Padre, supremo pastore della Chiesa universale, capo della Chiesa consolidata e trasmessa dagli Apostoli, è fermo circa la natura e l'esclusiva autorità della sua posizione. Come Gesù, egli difende i principi. [...] Dalla Lettera, il Santo Padre, come supremo pastore, parla al suo popolo: segue gli esempi, posti da Gesù, nel prendersi cura di esso e mostra che sta usando l'autorità di Papa".
Per la Chiesa che è a Taiwan, il Documento pontificio può essere un'opportunità per riflettere: "Nella Lettera il Santo Padre ha scritto sulla situazione attuale della Chiesa in Cina, ma molti punti, menzionati nella sezione degli "Orientamenti di vita pastorale", quali il governo delle diocesi e delle parrocchie, il bisogno di un'adeguata formazione permanente del clero e delle persone consacrate, i fedeli laici e la famiglia, le vocazioni e la formazione religiosa, ecc., si applicano tutti anche alla Chiesa che è in Taiwan. Nella sua Lettera il Papa mette in rilievo il fatto che nel governo delle diocesi e delle parrocchie dobbiamo seguire il Codice di Diritto Canonico e le leggi della Chiesa per ottenere la comunione e per condividere le responsabilità. In questo mondo, con rapidi cambiamenti nelle condizioni sociali e culturali, è necessario educare continuamente i sacerdoti ad adattarsi alla "nuova evangelizzazione" per questo nuovo millennio. Il Papa desidera che i fedeli laici promuovano il valore della famiglia e parlino apertamente a favore del progetto del Signore su matrimonio e famiglia. Egli mette in rilievo il fatto che molti adulti non comprendono pienamente la salutare vita cristiana così com'è menzionata nei nuovi tesori del Concilio Vaticano II. Il Papa ha citato Giovanni Paolo II quando si rivolse a giovani pellegrini nell'Anno Santo del 2000: "Tocca a voi andare nel mondo e annunciare il messaggio dei Dieci Comandamenti e delle Beatitudini". Sebbene questi punti siano scritti per i cattolici nella Cina Continentale, nondimeno per noi, che già abbiamo la libertà religiosa, possono ancora servire da guida per riflettere e per cercare di possederli uno per uno".
(©L'Osservatore Romano - 15 febbraio 2008)
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1 commento:
Vorrei che questo articolo riportato nell'Osservatore Romano, fosse letto attentamente, da tutti coloro clericali e non che ancora sostengono bontà loro, che la chiesa si sta chiudendo al dialogo!!!!!!!!!!!!
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