12 settembre 2008
Il cattolicesimo che Benedetto XVI si troverà di fronte: "Un'eredità da far fruttificare" (Jean Duchesne per l'Osservatore Romano)
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Il cattolicesimo che Benedetto XVI si troverà di fronte
Un'eredità da far fruttificare
di Jean Duchesne
Benedetto XVI in Francia troverà un cattolicesimo messo ai margini in un paese scristianizzato? Molti esperti sembrano essere di questo avviso, sia che questo pessimismo esprima sincero dispiacere, sia che nasconda male la sua soddisfazione o le sue critiche alla Chiesa.
È però permesso cantare fuori dal coro. Certamente le statistiche sociologiche rivelano una riduzione della pratica domenicale e del numero di battesimi alla nascita, dei bambini catechizzati e dei matrimoni religiosi, mentre le cifre delle ordinazioni sacerdotali continuano a stagnare. Certamente l'insegnamento del Magistero in materia di morale continua ad essere contestato. Certamente l'anticlericalismo (o piuttosto l'anticristianesimo) della fine del xix secolo continua a manifestarsi episodicamente e appare saldamente radicato in una certa intellighenzia. Infine, certamente le strutture ecclesiali hanno sofferto dell'urbanizzazione che ha caratterizzato il periodo di crescita economica seguito alla seconda guerra mondiale, nonché di interpretazioni abusive del Concilio Vaticano ii.
La situazione in Francia non è peggiore, tuttavia, che negli altri paesi "ricchi" della vecchia Europa occidentale. Come rilevava verso la fine della sua vita il compianto René Rémond, in una società francese "esplosa", dove una prosperità relativa moltiplica le sollecitazioni "culturali" di ogni ordine senza che nessuna di queste scompaia per mancanza di "clienti" né s'imponga massicciamente, non esiste un "polo" che riunisca regolarmente tante persone come la Chiesa, né che costituisca una forza altrettanto importante e coerente, sebbene essa non cerchi assolutamente di "prendere il potere".
Il presidente Sarkozy non si è sbagliato quando, nei suoi discorsi in San Giovanni in Laterano (20 dicembre 2007) e in Arabia Saudita (14 gennaio 2008), ha invitato i credenti a impegnarsi maggiormente nella vita sociale, non malgrado la loro fede o mettendola tra parentesi, ma proprio in ragione delle loro convinzioni, che alimentano il senso di servizio al prossimo e che non possono rimanere relegate nell'ambito individuale e privato. È sorprendente constatare che questa "apertura" (o questo riconoscimento di una realtà) ha suscitato più diffidenza in alcuni cattolici (non più tanto giovani) ancora ossessionati dalla paura di un "recupero" (del resto ormai molto improbabile) che ostilità nei soliti oracoli dell'ateismo militante (quali che siano le loro reticenze a priori verso l'attuale capo dello Stato, come verso ogni motivazione religiosa).
Come si è arrivati a questo? Essenzialmente (senza dubbio) per la grazia dello Spirito Santo, che non abbandona mai la Chiesa senza assicurarle per altro che il suo attivismo pastorale realizzerà la venuta del Regno. E, in modo strumentale (se così si può dire), grazie a due uomini: Papa Giovanni Paolo II e il cardinale Lustiger.
Il primo - gli storici già lo ammettono - ha contribuito fortemente alla caduta dell'ideologia comunista, che annunciava come ineluttabile l'estinzione di ogni credenza estranea alla sua razionalità. Il cristianesimo oggi deve affrontare altre religiosità che appaiono come varianti persistenti o attualizzate del vecchio paganesimo, o un "disincanto" che si mostra incapace di concepire un futuro o una logica vitale che vadano oltre la soddisfazione dei bisogni immediati. Il Papa venuto dalla Polonia - cioè, come diceva scherzosamente Padre Ubu d'Alfred Jarry, da "nessuna parte" nella visione del mondo degli intellettuali occidentali - non ha restaurato soltanto la credibilità operativa della fede, ma anche, e nella stessa dinamica, quella della ragione umana.
In una comunione fedele e di ammirazione con Giovanni Paolo II, il secondo è riuscito, in Francia - gli storici non dovrebbero tardare a prenderne pienamente atto - a far superare le divisioni logore tra destra e sinistra, tra conservatorismo e progressismo. Il cardinale Lustiger è andato oltre, creando - tra le altre cose un seminario, la Scuola cattedrale, emittenti radiofoniche e televisive, la Giornata mondiale della gioventù del 1997, il centro culturale dei Bernardins - e imponendo nei media la sua voce di uomo libero che dice la verità perché la sua fede non è al servizio di nessun interesse particolare, bensì ispirata da quel Dio, che vuole il bene dell'umanità, mostrando che la salvezza viene dal dono di sé, fino alla croce se occorre, seguendo Cristo.
È questa eredità che Benedetto XVI viene a far fruttificare. Viene anzitutto per il centocinquantesimo anniversario delle apparizioni della Vergine a Bernadette. Il fenomeno delle folle che non cessano di affluire a Lourdes sconcerta gli osservatori. Questo pellegrinaggio significa che il Papa non viene come "padrone" preoccupato di una multinazionale per ispezionare una delle sue succursali in difficoltà, bensì come padre spirituale, la cui missione è d'iscrivere una vitalità religiosa nella comunione della Chiesa universale.
La visita preliminare a Parigi avrà lo stesso tono positivo, con i vespri per il clero, i religiosi e le religiose a Notre-Dame venerdì sera, poi la veglia con i giovani e, sabato mattina, la grande celebrazione eucaristica aperta a tutti. Prima, il Papa, che è anche un accademico di rango, avrà illuminato, nella sua conferenza presso il centro dei Bernardins, tutti coloro - e sono molti a Parigi - che s'interrogano su ciò che la fede della Chiesa offre alla cultura per raccogliere le sfide di oggi.
(©L'Osservatore Romano - 12 settembre 2008)
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