9 settembre 2008
La differenza dei Cattolici in politica...al di là dei provincialismi (D'Agostino)
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AL DI LÀ DEI PROVINCIALISMI
LA DIFFERENZA DEI CATTOLICI IN POLITICA
FRANCESCO D’AGOSTINO
Le reazioni che hanno suscitato le dense ed intense esortazioni pronunciate dal Papa in Sardegna sono un’ennesima conferma del provincialismo che purtroppo caratterizza l’orizzonte del dibattito politico italiano, per il quale ogni parola del Pontefice deve essere intesa in prima battuta come un monito, una sferzata, un incoraggiamento, insomma come un 'messaggio' indiretto ai politici cattolici italiani che militano (a seconda di chi le interpreta) nel centrodestra o nel centrosinistra.
Le cose non stanno così. Il Papa, rivolgendosi ai fedeli che ascoltavano la sua omelia, ha messo a fuoco due punti, la cui valenza va ben oltre quella dei confini del nostro Paese. Egli ha portato l’attenzione su problemi che concernono il mondo intero, come quelli del lavoro, dell’economia, della politica ed ha auspicato l’avvento di una nuova generazione di «laici cristiani impegnati», capaci di attivare una nuova spinta evangelizzatrice.
Il contesto in cui queste parole sono state pronunciate è quello di una celebrazione eucaristica e, conseguentemente, queste parole vanno interpretate in un solo modo, cioè come esplicitamente e specificamente riferite a ciò che deve caratterizzare l’impegno dei cristiani nel mondo.
Ora, che cosa propriamente qualifica i cristiani che 'fanno politica'? Forse la particolare attenzione ad alcuni specifici ambiti di intervento, la predilezione nei confronti di alcune particolari pratiche sociali? No: non esiste campo di azione politica che non abbia assoluto rilievo per il cristiano, perché il suo compito è quello della promozione del bene umano in tutte le sue diverse estrinsecazioni. Sbagliano perciò, a mio avviso, coloro che pensano che il Papa, riferendosi al mondo del lavoro e dell’economia, volesse far riferimento a nuovi campi materiali di impegno politico per i cristiani.
Il cuore della questione è un altro: è quello dello spirito che deve animare i cristiani che operano nel mondo del sociale. Se infatti, per quel che riguarda la materialità delle questioni politiche, può non esserci differenza alcuna tra l’impegno dei cristiani e quello dei non cristiani (e questo rende ragione di un fatto che sta sotto gli occhi di tutti, cioè della legittima presenza dei cristiani in diversi raggruppamenti politici), sul piano delle ragioni ultime di questo impegno la differenza tra cristiani e non cristiani non può non esserci e deve essere rilevata.
Per i cristiani infatti l’impegno nella politica non si giustifica a partire dalla difesa di interessi ideologico-economici individualistici (come nel liberalismo) o di classe (come nel marxismo) e nemmeno dalla (pur legittima) tutela di tradizioni etniche e storiche (come nelle diverse forme del conservatorismo politico).
Per il cristiano la comunità politica va tutelata, difesa e promossa, perché è l’immagine inadeguata, ma non irrilevante, di quella comunione fraterna, la cui pienezza si rivelerà e si manifesterà compiutamente solo alla fine dei tempi e della quale già fin da ora il cristiano, in fede, speranza e carità, è chiamato a dare testimonianza. Ecco perché al centro dell’appello del Papa non sta solo l’auspicio a che emerga nella società odierna una «nuova generazione di laici cristiani impegnati», ma quello per il quale questa «nuova generazione» sappia trovare le forze intellettuali e morali per «evangelizzare» il mondo del lavoro, dell’economia, della politica.
Con queste parole il Papa non è tornato ad evocare «divisioni e steccati», come ha ritenuto a torto Aldo Schiavone, che pur si mostra consapevole della necessità che nel nostro mondo si costruisca una nuova «etica della cittadinanza ». In qualsiasi modo si voglia pensare una nuova etica della cittadinanza, essa di principio non potrà avere un carattere escludente.
Il cristianesimo, proprio perché sa che ogni uomo, ogni singolo uomo, è figlio del medesimo Dio e destinatario della medesima misericordia, non è certo una religione che possa predicare l’esclusione di alcuno: al contrario è l’unica forza che nella storia è stata capace di attivare (pur tra tanti errori e tanti peccati) autentiche forme di impegno, generose e gratuite, a favore di tutti, per la costruzione di un mondo misurato sui bisogni di ogni singolo uomo.
Il Papa, parlando sul sagrato del santuario di Nostra Signora di Bonaria, non ha dato ai cristiani direttive o precetti, ma li ha esortati a ricordare il fondamento evangelico dell’azione politica, cioè che la nostra fraternità dipende dal fatto che abbiamo un Padre comune.
© Copyright Avvenire, 9 settembre 2008
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2 commenti:
Questo articolo sorvola su una questione dirimente: se non c'è un campo specifico dell'azione dei cattolici in politica, perché si dà rilievo e preminenza a certi temi piuttosto che ad altri?
Purtroppo la Chiesa italiana è attualmente troppo sbilanciata a destra, a causa del permanere di un viscerale anticomunismo che non ha più ragion d'essere.. Al contrario laddove sarebbe necessario dare segnali forti di contrapposizione, scatta l'ambiguità. E' bastato che Famiglia Cristiana mettesse in luce alcune delle gravissime contraddizioni dello spirito evnagelico che stanno dietro le azioni dell'attuale maggioranza che subito si sono levati gli scudi difensivi. No, amici, così non va. Essere cattolici non significa essere berlusconiani "perinde ac cadaver".
Adesso ci vuole il coraggio della profezia, adesso è il momento di denunciare i legami dell'attuale governo con le mafie, l'evasione fiscale che consente, l'attacco alla scuola dopo averla minata alla base con decenni di trasmissioni televisive palesemente anticristiane ecc. ecc.
Io credo che dirsi cristiano sia molto diverso dal dirsi berlusoconiano: voi che ne pensate?
Paolo San
Buon giorno a tutti, la risposta alla domanda posta nell'ultimo post su un presunto schieramento della "Chiesa" tout-court (attenzione che si intende con questo termine ? Totalità del corpo elettorale di fede cattolica? Vescovi? Gerarchie vaticane? Tutte le cose insieme?) è contenuta a mio avviso nel seguente passo dell'articolo di D'Agostino "Per i cristiani infatti l’impegno nella politica non si giustifica a partire dalla difesa di interessi ideologico-economici individualistici (come nel liberalismo) o di classe (come nel marxismo) e nemmeno dalla (pur legittima) tutela di tradizioni etniche e storiche (come nelle diverse forme del conservatorismo politico)". A mio parere occorre quindi una pacata meditazione su queste parole prima di tornare ancora una volta a proporre la questione dell'impegno sociale dei cattolici sempre e solo entro le logiche dello "schieramento", come se ci trovassimo in un contesto, che oggi non c'è più, di unità politica dei cattolici. Inoltre, tornando alla prima domanda posta, circa le prorità date a certi temi , nei documenti del Magistero e della CEI è stato più volte sottolinata la particolare attenzione dei cattolici sui cc.dd. principi non negoziabili (tutela della vita in tutte le sue fasi, promozione della famiglia naturale diritto dei genitori ad edicare i propri figli) quali capisaldi della costruzione di una comunità organizzata. Carla
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