3 febbraio 2008

Di Chiesa ce n'è una sola. Tutto il resto è ideologia: perfetta continuità fra Wojtyla e Ratzinger e fra Chiesa conciliare e Chiesa preconciliare


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Di Chiesa ce n'è una sola. Tutto il resto è ideologia

di Raffaele Iannuzzi

“Nel 1972, a dieci anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, l’allora Cardinale di Cracovia sente il bisogno di riprenderne organicamente l’insegnamento, quale fermento e pietra miliare fondamentale del rinnovamento della Chiesa. Egli intende offrire un vero e proprio, articolato e organico, vademecum del Concilio”. Così il Card. Ruini nella prefazione al volume di straordinaria densità e rilievo teologico e pastorale di Karol Wojtyla, pubblicato sedici anni prima che diventasse Papa, che reca un titolo tutto da interpretare: "Alle fonti del rinnovamento. Studio sull’attuazione del Concilio Vaticano II".
Edito da Rubbettino ed a cura del Prof. Flavio Felice, docente di etica dell’economia e di scienze sociali della Pontificia Università Lateranense, questo testo è già di per sé un segno dei tempi.

Un nuovo segno dei tempi, per dirla con Ruini. Perché, a distanza di oltre quarant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II, molti equivoci ancora si addensano, lasciando spazio quasi esclusivamente alla logomachia interna al mondo degli intellettuali clericali: o la retorica della “rivoluzione copernicana” nella Chiesa o la “distruzione della Tradizione”.

Due visioni riduttive, schematiche e dunque ideologiche.

Il dato ermeneutica primario è stato còlto dall’allora Card. Ratzinger nel suo fondamentale Rapporto sulla fede, libro-intervista a cura di Vittorio Messori, uscito nel 1985 e oggi ancor più attuale di ieri.
Già in quelle limpide pagine, Ratzinger sosteneva fermamente l’idea di una continuità tra la cosiddetta “Chiesa pre-conciliare” e la cosiddetta “Chiesa post-conciliare”.

Di chiesa ce n’è una sola, questo il messaggio. Il resto è pura ideologia. Schematicamente. Di destra o di sinistra. Dei tradizionalisti o dei progressisti. Ma il movimento immanente alla chiesa è segnato dall’azione dello Spirito Santo che si incarica di connettere il prima e il dopo, in un susseguirsi di eventi e snodi non completamente decifrabili dalla ragione umana.

Wojtyla è chiaramente interno a questa visione, tant’è vero che, durante i lavori del Concilio, al quale egli partecipò attivamente contribuendo non poco alla stesura di uno dei documenti fondamentali, la Gaudium et spes, ebbe modo di approfondire la conoscenza di teologi come Congar e De Lubac, dunque autori totalmente inseriti in un filone mistico e teologico, denominato “nouvelle theologie”, fondato sull’idea di una Traditio come consegna, da parte dello Spirito, di un compito alla chiesa. La quale, a sua volta, consegna questa missione ai suoi apostoli. E’, questa, la vita di Gesù nella storia, ancora una Presenza nella vita di ogni giorno. L’opera di Wojtyla intende trovare i nessi tra la sostanza teologico-pastorale del Concilio e l’attuazione, più propriamente pastorale, della sua ricchezza.
Questo sforzo ad un tempo teologico e pastorale crea i presupposti per una nuova ermeneutica del Vaticano II, quanto farà Papa Benedetto con estensioni teologiche di rilievo decisivo.

Il Card. Ratzinger, divenuto Benedetto XVI, in un importante discorso alla Curia del 22 dicembre 2005, riprende la via maestra della Traditio, fuoriuscendo dalla contrapposizione di “due ermeneutiche contrarie” che “si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro”. “Da una parte, continua il Papa, esiste un’interpretazione che vorrei chiamare “ermeneutica della discontinuità e della rottura”; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall’altra parte, c’è l’ “ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato, è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino”.

Ecco la sostanza della questione interna al Vaticano II. O la Traditio è forma dell’unica Chiesa o la Chiesa diventa il ricettacolo di una schiera di ideologi pronti a separare ciò che va unito ed a unire ciò che va separato. L’ideologia degli intellettuali clericali, che sono cresciuti a pane e Concilio, si è in larga misura sostanziata di questa fiera degli equivoci.

Oggi, nonostante le difficoltà interne alla Chiesa, la mentalità comune è cambiata e la mentalità teologica non è più “blindata” e ferma agli stereotipi ideologici.

Ecco perché un’opera come questa, che tratta ogni aspetto della vita del cristiano, improntando la forma della missione cristiana ai contenuti teologici (non soltanto pastorali) del Vaticano II, è uno strumento indispensabile per affrontare la nuova declinazione che la storia sta assumendo. Un momento che appare come un kairòs, cioè un tempo opportuno. Era tempo che di Concilio non si trattasse solo in termini rozzamente schematici ed ideologici. Era tempo che i morti seppellissero i loro morti. Per far rinascere la vita dello spirito e della ragion teologica. Una teologia in ginocchio, come amava dire von Balthasar. Che evita di inginocchiarsi di fronte al mondo.

Appunti su: Karol Wojtyla, Alle fonti del rinnovamento. Studio sull’attuazione del Concilio Vaticano Secondo, Prefaz. di Camillo Ruini, a cura di Flavio Felice, Rubbettino2007, pp. 433, € 19,00

© Copyright L'Occidentale, 3 febbraio 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

E' semnpre splendida questa fotografia che tu hai inserito dei due papi che si incontrano con la testa leggermente inclinata quasi a rappresentare il profondo rispetto e l'amicizia reciproci davanti al calice. Marco