26 ottobre 2008
Suora indiana stuprata: «La polizia stava a guardare» (Zecchinelli e Barwa)
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Il caso
La Corte Suprema ha detto no a un'inchiesta federale
Suora indiana stuprata «La polizia stava a guardare»
Il vescovo dell'Orissa: «Denuncia coraggiosa» Picchiata e denudata insieme a un sacerdote da una quarantina di fanatici indù, è stata violentata da uno di loro
Cecilia Zecchinelli
Testa bassa sotto lo scialle a disegni tradizionali; viso nascosto da occhiali e microfoni; voce (un inglese con forte accento indiano) esile. Ma parole chiare e forti: «Sono stata violentata e la polizia locale invece di proteggermi ha fraternizzato con gli assalitori. Non voglio essere compatita, voglio un'inchiesta a livello federale ». Nella sua prima, affollatissima conferenza stampa all'Indian Social Institute dei gesuiti a New Delhi, suor Meena Barwa della congregazione delle Servitrici, 29 anni, ha ricordato in diretta tv lo stupro che le cambiò la vita due mesi fa e accusato apertamente la polizia del suo Stato, l'Orissa.
Il 25 agosto, nel centro pastorale di Nuagaon, distretto di Kandhmal ovvero povera campagna dell'Est, la giovane suora indiana e il sacerdote Thomas Chellan erano stati attaccati da una quarantina di fanatici indù, picchiati, denudati, fatti sfilare per il villaggio, avevano rischiato di finire bruciati vivi. Invece, lei fu violentata da un estremista (anche se le prime notizie parlavano di stupro di gruppo), padre Chellan malmenato per ore. Solo a sera la polizia era intervenuta per liberarli. Senza troppo impegno, confermano vari testimoni. «Le forze dell'ordine non mi hanno aiutato, non volevano nemmeno accogliermi nella stazione di polizia, poi hanno fatto di tutto per non farmi sporgere denuncia », ha detto la religiosa, che aveva preso i voti in aprile. E che ieri, nell'affrontare i media dopo due mesi di silenzio, era affiancata dal vescovo di Bhubaneshwar, capitale dell'Orissa, e dal portavoce della Conferenza episcopale indiana.
«Voglio che la gente coinvolta in questi crimini venga allo scoperto e che sia fatta giustizia a suor Meena», ha dichiarato ieri il vescovo, monsignor Cheenah. Due giorni prima dell'inusuale conferenza stampa, la Corte Suprema indiana aveva negato l'appello della suora che chiedeva un'inchiesta federale dopo aver deciso di non collaborare per totale mancanza di sfiducia con le autorità del suo Stato. Che negli ultimi tempi è stato travolto da un'ondata di nuove violenze anti-cristiane (almeno 37 morti in due mesi) e le cui autorità sono accusate da governo indiano, Chiesa cattolica e organizzazioni dei diritti umani di lasciare liberi gli estremisti indù, scatenati in vista delle elezioni del 2009.
«Questo caso è importantissimo per la Chiesa indiana, sotto tiro e ricordata più volte dal Papa negli ultimi discorsi, ma anche per l'India», dice al
Corriere padre Bernardo Cervellera, direttore di Asia News, il cui sito pubblica oggi l'intera testimonianza di suor Meena. «È un caso esemplare perché una donna indiana di una zona povera e tradizionale ha avuto il coraggio di parlare, superando il pudore e lo choc, sostenuta in questa sua denuncia da tutta la Chiesa indiana a partire dalla superiora dell'ordine di Madre Teresa». È stata infatti madre Nirmala Joshi (la stessa che ha scritto recentemente al primo ministro indiano chiedendogli di difendere i cristiani) a convincere la suorina dell'Orissa a rompere il silenzio. «Ma è un caso importante anche perchè la voce di una persona consacrata può fare molto in quel Paese — continua padre Cervellera —. In India le persone votate alla religione sono riverite, considerate. Se le autorità dell'Orissa hanno iniziato a fare qualcosa a difesa dei cristiani in questi due mesi è stato proprio per la prima denuncia di suor Meena».
© Copyright Corriere della sera, 25 ottobre 2008
Io, Sr Meena, violentata dagli indù, mentre la polizia stava a guardare
di Meena Barwa
Riportiamo di seguito la dichiarazione che Sr Meena Barwa ha letto ieri all’ Indian Social Institute. La suora vincendo lo stato di choc e il pudore, per la prima volta dopo due mesi dall’accaduto, ha accettato di parlare delle violenze e dello stupro che ha subito ad opera di gruppi di radicali indù lo scorso agosto, accusando la polizia dell’Orissa di connivenza con gli assalitori. Sr Meena lavorava al Centro pastorale Divyajyoti, a K Nuagaon, nel distretto di Kandhamal (Orissa), insieme a p. Thomas Chellan, anch’egli malmenato e umiliato. La dichiarazione pubblica di Sr Meena era necessaria perché la polizia in Orissa sta cercando di coprire il caso. Fra i fondamentalisti indù vi sono anche coloro che dicono che la suora fosse “consenziente” allo stupro.
New Delhi (AsiaNews) – Ecco la dichiarazione completa di Sr Meena Barwa (traduzione dall’inglese di AsiaNews).
Il 24 agosto scorso, verso le 4.30 del pomeriggio, sentendo le urla di una grande folla alle porte del Centro pastorale Divyajyoti, sono corsa fuori, dalla porta di servizio e fuggita nella foresta insieme ad altri. Abbiamo visto la nostra casa distruggersi fra le fiamme. Verso le 8.30 di sera siamo venuti fuori dalla foresta e andati nella casa di un signore indù che ci ha ospitato.
Il 25 agosto, verso 1.30 del pomeriggio, una folla è entrata nella stanza della casa dove stavo, uno di loro mi ha afferrato la faccia e poi trascinandomi per i capelli mi ha portato fuori. Due di loro mi tenevano il collo per tagliarmi la testa con un’ascia. Altri li consigliavano di portarmi fuori in strada; [lì] ho visto p. Chellan portato fuori e picchiato. La folla era composta da 40-40 uomini armati di lathis [bastone con punte di ferro, usato nelle arti marziali – ndr], asce, lance, bastoni, sbarre, falci, ecc… Ci hanno preso entrambi e portati sulla strada principale. Poi ci hanno portato alla casa Janavikas, che era stata bruciata, dicendo che ci avrebbero gettato nelle fiamme.
Giunti alla casa Janavikas, essi mi hanno gettata a terra sulla veranda, sul percorso che porta alla sala da pranzo, pieno di cenere e di vetri rotti. Uno di loro mi ha strappato la camicetta e altri i miei indumenti intimi. P Chellan ha protestato e loro lo hanno picchiato e trascinato lontano. Loro mi hanno tolto il sari e mentre uno mi bloccava il braccio destro e un altro quello sinistro, un terzo mi ha violentato sulla veranda a cui ho accennato. Quando è finito, sono riuscita ad alzarmi, e a mettermi la sottogonna e il sari. Poi un altro giovane mi ha afferrato e mi ha portato in una stanza vicina alle scale. Ha aperto i suoi pantaloni e ha tentato anche lui di stuprarmi, ma poi è stato raggiunto da altri.
Mi sono nascosta sotto le scale. La folla gridava: “Dov’è la suora? Venite, violentiamola, almeno 100 persone dovrebbero stuprarla”. Mi hanno scoperto dietro la scala e mi hanno portato sulla strada. Lì ho visto p. Chellan inginocchiato e la folla che lo picchiava. Loro cercavano una corda per legarci insieme e bruciarci vivi. Qualcuno ha suggerito di portarci in processione nudi. Ci hanno fatto camminare sulla strada fino al mercato di Nuagoan, che era a mezzo chilometro di distanza. Ci hanno legato insieme per le mani e fatto camminare. Io avevo indosso la sottoveste e il sari, perché prima mi avevano spogliato della camicetta e degli indumenti intimi. Hanno allora cercato di denudarmi ancora e siccome io resistevo, hanno cominciato a picchiarmi schiaffeggiandomi sul viso e sul capo, e dandomi diversi colpi di bastone sulla schiena.
Quando abbiamo raggiunto il mercato, nella zona vi erano una diecina di poliziotti. Sono andata lì chiedendo loro di proteggermi e mi sono seduta fra due poliziotti, ma essi non si sono mossi. Uno della folla è arrivato e mi ha trascinato via da lì: volevano rinchiuderci nel recinto [Mandap] del tempio. La folla ha trascinato me e p. Chellan all’edificio di Nuagaon, dicendo che ci avrebbero consegnato al Bdo [Block Development Officer, il responsabile della zona]. Da lì, insieme al Bdo, la folla ci ha portato alla stazione di polizia di Nuagaon, intanto altri poliziotti rimanevano distanti.
La folla ha detto poi che sarebbero tornati dopo aver mangiato e uno di loro che mi aveva attaccato è rimasto nella stazione di polizia, dove poi sono giunti gli altri poliziotti. Essi si sono messi a parlare in modo molto amichevole con l’uomo che mi aveva attaccato, stando lontano da noi. Siamo rimasti nella stazione di polizia fino a che l’ispettore capo di Balliguda, non è giunto con il suo gruppo per portarci a Balliguda. Essi avevano paura di portarci direttamente alla stazione di polizia e ci hanno tenuto per un certo tempo nella jeep. Poi, dal garage, ci hanno portato alla stazione. L’ispettore capo e altri rappresentanti del governo mi hanno preso in privato e chiesto cosa mi era accaduto. Io ho raccontato loor tutto in dettaglio: l’attacco, lo stupro, l’essere strappata dalla polizia per farmi camminare seminuda nella strada e come i poliziotti non mi hanno aiutata quando ho chiesto loro aiuto piangendo a dirotto. Ho visto che l’ispettore scriveva tutto. Poi mi ha domandato: È interessata a stendere una denuncia? Sa quali possono essere le conseguenze?.
Alle 10 di sera sono stata presa e accompagnata da un poliziotto donna sono stata portata all’ospedale di Balliguda per un check-up medico. Essi avevano paura di tenerci alla stazione di polizia, dicendo che la folla avrebbe potuto attaccarli. Così la polizia ci ha portato nell’ Ib (Inspection Bungalow), dove dei poliziotti del Crp [Central reserve police] erano accampati.
Il 26 agosto, verso le 9 del mattino, siamo stati portati alla stazione di polizia di Balliguda. Mentre scrivevo la mia denuncia, l’ispettore mi diceva: Questo non è il modo di scrivere, lo faccia più breve. Così l’ho riscritta fino a tre volte, riducendola a una pagina e mezzo. L’ho consegnata, ma non mi hanno dato copia.
Alle 4 del pomeriggio, l’ispettore capo della stazione di polizia di Balliguda, insieme ad alcuni rappresentanti del governo, ci hanno messo su un pullman pper Bhubaneshwar, insieme ad altri sparuti passeggeri. La polizia è rimasta fino a Rangamati, dove tutti i passeggeri hanno preso la cena. Dopo di allora non ho più visto un poliziotto. Siamo scesi vicino a Nayagarh e lì, viaggiando su veicoli provati, abbiamo raggiunto Bhubaneshwar il 27 agosto alle 2 di notte.
La polizia di stato non ha fermato i crimini, non mi ha protetto da quelli che mi hanno assalito, erano amici degli assalitori. Essi hanno fatto di tutto perché io non registrassi alcuna denuncia, non mi lamentassi contro la polizia; la polizia non ha stilato tutto il mio racconto mentre lo raccontavo loro in dettaglio e mi hanno abbandonato a metà strada. Sono stata stuprata, ma adesso non voglio essere vittima anche della polizia dell’Orissa. Voglio un’inchiesta su questo.
Dio benedica l’India, Dio benedica tutti voi.
Sr Meena
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1 commento:
Che cosa incredibile, che testimonianza coraggiosa, che clima pauroso devono vivere i cristiani di queste regioni dell'India. Sono venuta a cercare in internet qualcosa su questa suora, perchè oggi ho sentito parlare della sua terribile storia da Stefano Maria Paci mentre faceva il commento dell'Angelus del Papa. E negli ultimi giorni avevo visto sul telegiornale di Sky i suoi servizi sulle persecuzioni dei cristiani in India. Che strano, che altrove se ne parli così poco: lì si stanno davvero scrivendo dei nuovi Atti dei Martiri (come diceva oggi Stefano Maria Paci, ancora una volta il migliore dei vaticanisti italiani).
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