21 settembre 2007
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SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"
Grazie a Cuvve, possiamo leggere il seguente articolo sulla possibile applicazione del motu proprio Summorum Pontificum in Veneto e Friuli.
Raffaella
Da oggi in vigore il motu proprio del papa che ripristina il rito preconciliare, tradizionalisti mobilitati per superare la resistenza dei vescovi
Messa in latino, pronte centinaia di richieste
Fedeli veronesi all’attacco: «Siamo più determinati», ma per il teologo «è una questione più di nostalgia che di fede»
Alberto Francesconi
Mestre
La «sorpresa» sta in un file lungo 120 pagine, nel quale sono annotati oltre cinquemila nominativi (metà dei quali nell'area veronese) di cattolici tradizionalisti divisi per codice postale. Per loro quello di oggi, solennità dell'Esaltazione della croce, è un giorno importante, segnato dall'entrata in vigore del motu proprio con il quale papa Benedetto XVI consente, per un periodo sperimentale di tre mesi, di celebrare la messa in latino secondo l'antico rito preconciliare di Pio V. Nulla di nuovo, per chi in questi anni ha continuato a seguire la vecchia liturgia previo assenso del vescovo, a costo di fare chilometri di strada per partecipare alla messa in latino . La novità sta nel fatto che, ora, basterà una semplice richiesta al parroco da parte di un gruppo di fedeli, senza il placet del vescovo.
È per questo che i cattolici tradizionalisti si stanno mobilitando: «I vescovi stanno facendo una resistenza feroce - sostiene Maurizio Ruggiero, uno degli animatori della comunità di Verona - Per contrastarla abbiamo già pronte almeno 200 richieste per celebrare soltanto nella nostra diocesi la messa in latino ». Dovessero essere accettate, servirebbero decine di sacerdoti in grado di celebrarle. E data la carenza di vocazioni, sarebbe necessario ricorrere a quelli che Ruggiero definisce «sacerdoti tradizionali», ovvero lefebvriani.
Basta questo a spiegare l'importanza della partita che si gioca da oggi nelle chiese del Nordest, dove tra fedeli alla tradizione e implicazioni politiche (vedi la presenza di Umberto Bossi alla messa tradizionalista celebrata alcuni giorni fa a Silea), la messa in latino è tornata a fare notizia. In Veneto, in realtà, il rito preconciliare non è mai scomparso. Dai primi anni Novanta la chiesa veneziana di San Simeon piccolo, dirimpetto alla stazione ferroviaria, ospita una piccola ma tenace comunità che si ritrova la domenica alle 11 per la messa celebrata da padre Konrad, un sacerdote inglese di nobile stirpe. Ma gli adepti del latino sono più numerosi, e soprattutto organizzati: sul sito internet del Coordinamento di Una voce delle Venezie sono scritti indirizzi e orari delle celebrazioni latino-gregoriane, ed è possibile ordinare via mail il messale tridentino per seguire la liturgia. Ma la prima linea dei cattolici tradizionalisti si ritrova nel sito www.traditio.it, dove è possibile scaricare il modulo per chiedere la messa in latino e dove si può leggere l'ultimatum al vescovo scaligero mons. Giuseppe Zenti, che avrebbe deciso di «relegare» la celebrazione della messa in latino alla chiesa di Santa Toscana. «I fedeli tradizionalisti - avverte Ruggiero - sono determinati, e nonostante la resistenza progressista è in aumento il numero dei sacerdoti che passano alla messa tradizionale». Il fenomeno però, a quanto pare, non riguarda il Nordest: «A Venezia non cambierà molto - spiega don Stefano Costantini, al quale il settimanale diocesano Gente veneta ha chiesto di spiegare il motu proprio papale - Da diversi anni la messa in latino è celebrata su richiesta di un gruppo di fedeli, previa accettazione dei princìpi conciliari. La novità sta semmai nella possibilità di celebrare non solo la messa , ma anche gli altri sacramenti secondo l'antico rituale».
Anche a Padova l'antica liturgia non è mai scomparsa: sono anni che viene perpetuata nella centralissima chiesa di San Canziano, quella che si affaccia su piazza delle Erbe. Ogni domenica alle 11 il tempio accoglie vocaboli e gesti che hanno caratterizzato secoli di celebrazioni cattoliche. Ed è sempre pieno di fedeli, anche giovani: più che nostalgici, fedeli innamorati di un rito nel quale il sacerdote guarda Dio e non il popolo e dove non c'è spazio per l'anarchia liturgica del post-concilio. La celebrazione tradizionale, ha deciso il Papa, può essere chiesta da gruppi di fedeli adeguatamente preparati. Ma oltre San Canziano e qualche altra rara eccezione, le parrocchie padovane non torneranno a parlare latino . Tra le ragioni concrete c'è anche quella scritta sul settimanale diocesano, La Difesa del Popolo, dal direttore don Cesare Contarini: «Stando con i piedi per terra, mi chiedo quali preti sono oggi in grado ("idonei", scrive Benedetto XVI) di celebrare in latino con il messa le antico: chi, sotto i sessant'anni d'età, ha presieduto messe in latino e legge e capisce l'antica lingua di Roma»?
Alla Curia della diocesi di Treviso finora non è arrivata nessuna comunicazione che qualche parroco abbia inserito la messa in latino tra le celebrazioni liturgiche. Nel capoluogo della Marca l'unica messa secondo l'antica cerimonia tridentina, il rito anteriore alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II, si celebra da cinque anni ogni primo sabato del mese nella chiesetta dei Padri Oblati. Ad officiarla è monsignor Severo Dalle Fratte. Un gruppo di fedeli la chiese con fervore. Furono in tanti a sollecitare l'allora vescovo di Treviso Paolo Magnani a concedere l'indulto, la speciale autorizzazione a celebrare la messa secondo l'antico rito di san Pio V. I fedeli trevigiani che riportarono la messa in latino in città - voluta così a gran voce soltanto in poche diocesi in Italia - in partenza erano decine e decine. Ma nel giro di pochi anni i partecipanti alla celebrazione hanno cominciato a diminuire. In latino è stata celebrata domenica scorsa anche la messa nella chiesetta dei lefebvriani di Lanzago di Silea, dedicata alla Beata Vergine di Lourdes, alla quale ha partecipato anche Umberto Bossi, a Treviso come ospite d'onore della Festa della Lega.
Anche in Friuli Venezia Giulia la messa in latino viene tenuta in una chiesa per diocesi: a Udine nella chiesa del Renati, la seconda e quarta domenica del mese, a Pordenone nella chiesa della Santissima Trinità, a Gorizia il sabato e tutte le vigilie delle feste nella chiesa dell'Immacolata e a Trieste due volte al mese. Ci sono alcuni gruppi di cattolici tradizionalisti che fanno pressing affinché si estenda questa antica pratica. Mentre il pontefice Benedetto XVI preme per il ripristino del latino nella messa , l'arcidiocesi di Udine nicchia su questo pressing. È vero, "il sacerdote può celebrare in latino anche a richiesta di gruppi, purché questo non induca turbativa nella comunità", afferma il sacerdote e docente universitario Franco Frilli, ex rettore dell'Ateneo friulano. «Non mi è stato finora richiesto di celebrare la messa in latino né dai gruppi di cui sono assistente né da parrocchiani, non avendo io fissa cura d'anime, ovvero una parrocchia stabile. Secondo il mio parere, a proposito delle ultime disposizioni pontificie, è stata fatta un'enfatizzazione del problema assolutamente fuori posto: credo che l'adozione deliberata dal Concilio Vaticano II di celebrare la messa nella lingua del luogo sia stata la chiave di volta per consentire ai presenti di essere coinvolti nell'azione sacramentale e comunitaria, evitando il rischio molto diffuso di essere solo "spettatori". Credo che le richieste fatte ai sacerdoti abbiano spesso più origine nostalgica che di fede», conclude Frilli.
© Copyright Il Gazzettino, 14 settembre 2007
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1 commento:
volevo segnalare alcune inesattezze che il giornalista ha fatto sull'articolo:
Innanzitutto ad Udine la messa non è all'istituto Renati, bensì alla chiesa di S. Spirito (www.unavoce-ve.it/udine.htm)
A Trieste non due volte al mese, bensì ogni sabato pomeriggio alla chiesa del Rosario (www.unavoce-ve.it/trieste.htm)
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