21 dicembre 2007

Sarkozy all'Osservatore Romano e alla Radio Vaticana: "Una laicità positiva per dare speranza alla società di oggi"


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Una laicità positiva per dare speranza alla società di oggi

Una laicità positiva - che non considera le religioni come un pericolo ma come un punto di forza - può svolgere un ruolo essenziale nel dare speranza alla società di oggi. È questo uno degli aspetti messi in evidenza dal presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, nella prima intervista concessa in esclusiva da un capo di Stato ai mezzi di comunicazione vaticani: L'Osservatore Romano, Radio Vaticana e Centro Televisivo Vaticano. Tra i temi trattati durante l'incontro la questione libanese, i risultati della recente conferenza di Parigi sul conflitto israelo-palestinese, il progetto dell'Unione mediterranea, l'eventuale adesione della Turchia all'Unione europea, l'impegno per giungere alla liberazione degli ostaggi nelle mani della guerriglia colombiana. Ma il punto centrale dell'intervista è stato quello dedicato al contributo che le religioni possono offrire in uno Stato laico, che, come nel caso della Francia, è aperto a continui e a rapidi cambiamenti. A porre le domande sono stati Romilda Ferrauto della Radio Vaticana e Jean-Michel Coulet de L'Osservatore Romano.

Lei è stato ricevuto da Benedetto XVI questa mattina. Una settimana fa il portavoce dell'Eliseo, nell'annunciare questa visita, aveva affermato che era estremamente importante. Vorremmo pertanto conoscere la sua opinione su questa visita e, se possibile, senza voler essere indiscreti, avere qualche dettaglio sullo svolgimento dell'incontro.

È un incontro importante perché il Papa è un capo di Stato, il Papa è un capo religioso e io mi sento cattolico di tradizione e di cuore. È un'autorità mondiale, spirituale e per me si tratta di un incontro diverso da quelli con altri capi di Stato.
Ha una dimensione spirituale, incarna un messaggio di pace, di speranza e di riconciliazione che è utile nel mondo di oggi, incline alla divisione, agli scontri e alle incomprensioni. E poi l'incontro che ho avuto con il Papa è stato estremamente cordiale. È un uomo di grande cultura, un uomo intelligente, un uomo che ama ascoltare, che ha una grande esperienza, e al quale si può parlare con franchezza; e così è stata la nostra conversazione.

Potrebbe darci qualche dettaglio sullo scambio di opinioni che ha avuto con lui?

Abbiamo parlato in dettaglio della situazione del Libano, gli ho detto quanto sono legato alla nozione di pluralismo nei paesi dell'Oriente e del Medio Oriente. Gli ho detto quanto sono importanti per me i valori cristiani nella storia della Francia. Gli ho detto quanta importanza attribuisco alla difesa, all'incarnazione di un'identità europea in un mondo che non deve appiattirsi dinanzi a una sola cultura ed è stato uno scambio estremamente libero. Ma gli ho anche detto quanto sarei lieto di riceverlo in Francia, indipendentemente dalla visita a Lourdes, e quanto sarei lieto se venisse a Parigi.

Esistono numerose convergenze nella diplomazia e nella politica estera della Francia e della Santa Sede. Il Libano, come lei ha detto, è una priorità. Ha una proposta concreta per far uscire il Libano dall'impasse attuale? È stato un oggetto di conversazione e di approfondimento?

Ho comunicato al Santo Padre la natura degli scambi che ho avuto con gli interlocutori della scena libanese e anche con il Presidente siriano. Gli ho anche trasmesso la mia preoccupazione, che è quella della Francia, perché il Libano possa uscire da questo periodo di incertezza per riunirsi sotto un Presidente di consenso. Gli ho detto che la Francia, fino all'ultimo minuto, fino all'ultimo secondo, avrebbe fatto tutto il possibile per preservare questo miracolo del pluralismo che è il Libano.

Secondo lei, vi è la possibilità di un'azione congiunta fra la diplomazia della Santa Sede e la Chiesa maronita?

In un certo senso vi è stata, poiché il Patriarca ha svolto un ruolo estremamente importante, assumendo le proprie responsabilità per tentare di riconciliare la comunità cristiana libanese; e inoltre la voce del Papa è udita in tutto il mondo, e in particolare in Libano, dove i fedeli sono numerosi.

Parliamo del Libano ma soprattutto del conflitto israelo-palestinese. Si sa che la Francia è molto impegnata in questo campo, lo si è constatato nuovamente lunedì scorso nella Conferenza di Parigi. Anche lì vi è stata convergenza? E di quali mezzi dispone la Francia per agire in quel contesto?

Alla Conferenza di Parigi abbiamo invitato il nunzio apostolico, l'arcivescovo Baldelli, testimone della presenza della Chiesa in un ambito in cui vi erano molti rappresentanti delle diplomazie di altri paesi. Noi francesi, come il Vaticano, desideriamo la pace, pensiamo che sia il momento di fare la pace attorno a due Stati, uno stato palestinese moderno, democratico, possibile, e uno stato israeliano garantito nella sua sicurezza. Ho detto al Papa che ritengo che sia ora il momento di fare tutto il possibile per giungere al risultato della pace e mi è sembrato che condividesse la mia analisi.

Ha avuto l'occasione di discutere con lui delle misure dalle quali dipende la pace oggi in questa regione?

Il Papa mi ha espresso la sua soddisfazione circa i risultati della Conferenza di Parigi: 7 miliardi e 300 milioni come contributo per la ricostruzione di uno stato palestinese moderno. Di fatto la miseria è la culla e l'humus del terrorismo. Le misure adottate nella Conferenza di Parigi sono importanti. Abbiamo anche parlato del dopo Conferenza. Il Papa era preoccupato di sapere se vi sarebbero state altre conferenze. Io gli ho confermato che ce ne saranno altre.

Se lei vuole, passiamo alla politica interna, alla Francia e alla laicità in particolare. Nel 2004 pensava a una modifica della legge del 1905; alla vigilia dell'elezione presidenziale, sembrava avervi rinunciato; è stato in un'intervista a La Croix che ha rinunciato a questa modifica. Qual è la situazione attuale visto che, prima o poi, bisognerà affrontare la questione?

Sa, m'interesso alla questione spirituale da lungo tempo e non sono il solo: la vita ha un senso? Cosa accade dopo la morte? Sono naturalmente domande fondamentali. La questione spirituale si pone da quando l'uomo ha preso coscienza del suo singolare destino.

Il posto delle religioni, la laicità positiva, ossia una laicità che riconosca a ognuno il diritto di vivere la propria fede e di trasmetterla ai figli. I bisogni immensi delle religioni rivelate per adattarsi alla nuova realtà francese.

La Francia profonda cinquant'anni fa era la Francia delle campagne; oggi la Francia profonda è quella delle periferie. I luoghi di culto si trovano nelle campagne dove vi sono meno persone e le periferie sono divenute dei deserti di culto. Non è un fatto positivo e per questo avevo pensato a una modifica della legge del 1905. Ma mi sono detto: una tale modifica si può fare solo nel quadro di un consenso ed è attorno a tale consenso che si potranno effettuare eventuali adattamenti, partendo anche dal principio che io non auspico un Islam in Francia ma un Islam di Francia. Si tratta dunque di un Islam europeizzato, compatibile con i valori della civiltà europea e per questo ho creato la Consulta francese per il culto musulmano (C.F.C.M.). Sono questi i dibattiti che mi auguro di veder prosperare in Francia. E poi vedremo se è il caso di fare eventuali modifiche.

Il Papa, lei lo sa, esorta i laici alla visibilità; chiede ai cattolici di oggi di avere il coraggio della differenza. Quali sono le sue convinzioni profonde su questo punto?

Il messaggio di Cristo è un messaggio molto audace poiché annuncia un Dio fatto di perdono e una vita dopo la morte. Non penso che questo messaggio di audacia estrema e di speranza totale possa essere annunciato in modo attenuato. Sono necessarie una grande affermazione, una grande fiducia e io sono fra quelli che pensano che nei dibattiti di oggi le grandi voci spirituali debbano esprimersi con più forza.

Signor Presidente, lei ha spesso definito determinante il ruolo del cristianesimo nella realtà francese e, all'inizio di questa intervista, l'ha ricordato. Lei sa che la Chiesa in Francia ha espresso delle riserve su alcune politiche francesi, come la gestione dell'immigrazione e anche su alcuni punti riguardanti la famiglia, la bioetica. Vi sono timori circa l'eutanasia. Allora che posto pensa di poter accordare in una Repubblica laica a queste voci della Chiesa?

La laicità è il diritto di ognuno di vivere la sua religione, le sue credenze e di sperare. Dunque, proprio nella repubblica laica, le voci religiose devono esprimersi. Proprio perché non sono lo Stato, sono separate dallo Stato. Proprio per questo devono esprimersi. Perché se fossero lo Stato, non avrebbero bisogno di esser garantite nel loro diritto di espressione. Proprio perché lo Stato è laico, perché è indipendente dalle religioni, perché la sfera temporale e quella spirituale sono separate, è importante che nel dibattito si esprimano le voci indipendenti, spirituali. Sono a favore che si esprimano, ma non che si esprimano per dire che sono d'accordo con quello che io penso. La Chiesa ha un messaggio particolare per i più poveri, per quanti non hanno niente, per gli immigrati... ma se non lo avesse la Chiesa chi lo avrebbe? Riconosco il diritto alla differenza, ma penso che sia positivo che ci si esprima. Auspico che le grandi religioni, compresa la religione dell'Islam di Francia, possano avere voci che si esprimono tranquillamente, con un messaggio d'amore, un messaggio di pace. È importante per me che possano esprimersi. Mancano gli intellettuali cristiani, le grandi voci che si fanno sentire nei dibattiti per far progredire la società, darle un senso e mostrare che la vita non è un bene di consumo come gli altri.

Lei pensa che i responsabili politici dovrebbero ascoltare queste voci diverse?

In ogni caso penso che non si debba avere paura di incontrarsi. Quando Vingt-Trois è stato creato cardinale, sono stato io stesso, in quanto Presidente della Repubblica, a felicitarmi con lui e a esprimergli la mia soddisfazione. Non bisogna aver paura delle religioni: nessuno pensa che le religioni metteranno lo Stato francese sotto il moggio, sotto tutela. Occorre semplicemente vedere le grandi correnti religiose come testimonianze di speranza. Cos'è un uomo che crede se non è un uomo che spera? Non vedo in nome di cosa la speranza sarebbe contraria all'ideale repubblicano.
Inoltre ho visto con piacere che il Papa nella sua Enciclica ha scelto come tema principale quello della speranza. Nel 2004 mi sono lasciato andare a scrivere un libro dal titolo: La Repubblica, le religioni e la speranza.

Volevamo arrivare a questo. Se lei vuole, smettiamo di parlare della Francia e andiamo in Europa. Questa sera (giovedì 20 dicembre) incontrerà Prodi e Zapatero per discutere del vostro progetto di unione mediterranea. Vuole dirci quali saranno i limiti di questa unione e se questa unione rischia di indebolire l'Unione Europea?

No, sessant'anni fa, questa Europa piena di sofferenze, di scontri, di guerre fratricide, ha deciso di unirsi. La questione è posta: perché la riva Sud e la riva Nord del Mediterraneo non debbono unirsi? Non è forse il momento di mettere fine alle sofferenze e agli scontri? Non è forse tempo di costruire attorno a questo mar Mediterraneo che è il nostro mare - e lo dico in Italia - una zona di pace, di fare del Mediterraneo il mare più pulito del mondo? Di creare fonti di energia comune fra il Nord e il Sud, in particolare con il nucleare? Di creare una zona di sviluppo, di assicurare la pace e la sicurezza? Di riunire questi popoli che in ogni modo non cambieranno indirizzo? È questa la grande idea, la grande visone che ho di questa Unione del Mediterraneo: riunire per fare la pace. L'Europa si riunì attorno all'acciaio e al carbone di cui si ebbe bisogno per ricostruire dopo la guerra. Ebbene il Mediterraneo deve riunirsi attorno a progetti concreti: la pace, lo sviluppo, l'ecologia, la sicurezza, la gestione dell'immigrazione, il dialogo delle culture.

Naturalmente questa unione riguarderebbe tutti i paesi del bacino mediterraneo?

Naturalmente, si è mediterranei o non si è mediterranei... e non vedo come si possa portare un messaggio di unione e di pace se si esclude qualcuno.

Lei sa, signor Presidente, che alcuni analisti ritengono che questo progetto ha come fine anche quello di scartare definitivamente la candidatura della Turchia all'Unione Europea o di conferirle un'altra forma. Ha avuto l'opportunità di parlare del suo punto di vista riguardo alla Turchia e all'Unione Europea in Vaticano e pensa che il suo punto di vista coincida con quello della Santa Sede?

Non sono il portavoce della Santa Sede, ma ne ho naturalmente parlato con la Santa Sede. La Turchia non è in Europa, è una realtà geografica. La Turchia si trova in Asia Minore. Dunque sono necessari legami molto stretti fra la Turchia e l'Europa, la Turchia è una grande civiltà, è un grande Stato, è un grande popolo ma non è in Europa. In Europa abbiamo però i Balcani, sono Europa. E inoltre la Turchia è mediterranea. Penso a un accordo di collaborazione fra la Turchia e l'Europa, il più intenso possibile, che non è un'adesione. Naturalmente la Turchia, nel quadro dell'unione del Mediterraneo, ha il suo posto: è una grande potenza mediterranea, per lo meno per quello che so. Ma ciò non vuol dire che perché fa parte dell'Unione del Mediterraneo, non deve essere in Europa. Non deve essere in Europa, dal mio punto di vista, perché non è europea.

Ha parlato poco fa di speranza. Nel 2004 ha scritto il libro La repubblica, le religioni, la speranza. Il Santo Padre ha da poco pubblicato la sua seconda Enciclica che parla proprio della speranza. È una bella coincidenza, ma che ne pensa lei? Questa parola speranza...

Ah! Non pretendo che si sia ispirato a me.... Dico che è più facile sperare che essere condannati alla disperazione. E che nel dubbio, è meglio trovare motivi per sperare.

Ho un'ultima domanda, forse più personale, ma nel quadro diplomatico. La stampa quotidiana italiana o internazionale si fa eco ogni giorno della sua diplomazia. Sembra che lei stia innovando, al di là della diplomazia bilaterale e multilaterale, e che utilizzi una diplomazia che chiamano "dell'emozione". In Vaticano, ai tempi di Giovanni Paolo II, veniva chiamata "diplomazia del cuore". Penso alle infermiere bulgare, ma penso anche a Ingrid Betancourt. Leggendo oggi il comunicato stampa, so che ha parlato degli ostaggi con il Santo Padre. Pensa che questa difesa dei diritti dell'uomo non abbia un prezzo e che tutto sia possibile?

La diplomazia del cuore è una bella espressione, ma non è perché si tratta della diplomazia che bisogna non mettervi il sentimento, il cuore. Forse proprio per questo la diplomazia ha così spesso fallito. E se all'improvviso ci mettessimo del cuore e del sentimento...

Io sono così e cerco di essere autentico, sincero, onesto, vero. Tuttavia non vedo come si possa fare diplomazia astraendosi da ogni forma di sentimento. Ho ringraziato il Santo Padre per le sue preghiere e per il suo messaggio affinché Ingrid Betancourt esca dall'inferno in cui si trova. Per quanto mi riguarda, farò tutto il possibile, fino all'ultimo secondo, perché ne esca.
Come ho fatto tutto il possibile perché ne uscissero le infermiere. Chiamare tutto questo "emozione"... compiango quelli che non l'hanno. Perché senza emozione non si può far nulla del potere che il popolo ti ha affidato. Io invece voglio fare qualcosa del potere che mi ha affidato, e questo qualcosa è essere utile.

Abbiamo un'ultima domanda. Il futuro dell'Europa è un tema che sta a cuore a Papa Benedetto XVI, e lei mi ha detto che ne avete parlato. Può aggiungere qualcosa su questo scambio?

L'Europa ha concluso una grande tappa con il Trattato semplificato e si è dotata di un gruppo di esperti. Deve ora passare ai fatti. La Francia assicurerà la presidenza dell'Europa dopo i nostri amici sloveni, il 1° luglio 2008. La Francia cercherà di diffondere l'idea di un'Europa dell'immigrazione, di una Europa della difesa e di un'Europa dell'ambiente, ossia di un'Europa che ha grandi ambizioni in materia di sviluppo duraturo. Per mostrare il cammino al mondo, occorre che il mondo smetta di danzare su un vulcano.

(©L'Osservatore Romano - 22 dicembre 2007)

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