2 febbraio 2008

Sapienza ridotta: il realismo dello studioso Flavio Keller. «Allargare la ragione, ecco cosa ci dice il Papa» (Tempi)


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Cultura

Sapienza ridotta

«Il fondamentalismo di Dawkins è un danno innanzitutto per la scienza».
Il realismo dello studioso Flavio Keller. «Allargare la ragione, ecco cosa ci dice il Papa»


di Roberto Persico

«La vita è una presenza reale che si differenzia chiaramente da qualsiasi costruzione mentale. L'essere vivente nella sua concretezza si colloca agli antipodi dei grandi sistemi filosofici che hanno caratterizzato le epoche passate, oppure delle "chiacchiere" che sembrano caratterizzare l'epoca post-moderna». Inizia così Flavio Keller, ordinario di Fisiologia umana e direttore del laboratorio di Neuroscienze delle sviluppo dell'Università Campus Bio-Medico di Roma, autore di numerose pubblicazioni scientifiche in riviste internazionali tra le quali Science, Neuron, Journal of Neuroscience, l'articolo dedicato alla vita che apre il numero appena uscito della rivista Emmeciquadro. E prosegue intrecciando i dati della più avanzata ricerca scientifica con riflessioni tratte da grandi della filosofia, da Aristotele a Jaspers, da san Tommaso a Étienne Gilson.
Inevitabile associare la lettura ai richiami di Benedetto XVI ad "allargare la ragione", all'amicizia tra filosofia e scienza ribadita nel discorso non pronunciato all'università Sapienza di Roma.

Il suo saggio pubblicato da Emmeciquadro appare come un esercizio in atto di quella necessità di "allargare la ragione" che il Papa tanto sollecita.

Anche all'interno della scienza stessa, le grandi scoperte nascono quando si "allarga la ragione": non quando si affronta un problema specifico, ma quando ci si dedica allo sviluppo di questioni apparentemente astratte. È sorprendente scoprire la corrispondenza tra quel che la ragione scopre anche nelle sue speculazioni più ardite e la struttura della realtà. Come se, come ha segnalato più volte Benedetto XVI, ci fosse un unico disegno dietro alla struttura del mondo e della mente umana che lo indaga. Non bisogna avere nessuna paura nell'affrontare la ricerca in tutti i suoi aspetti.
Ed è sempre la storia della scienza che ci insegna a essere cauti, a non fissarci sulla frontiera attuale come se fosse l'ultima, una sorta di Colonne d'Ercole oltre le quali si stende l'oceano dell'irrazionale. Il richiamo del Papa ad allargare la ragione vale innanzitutto per gli scienziati, è possibile usare riduttivamente la ragione anche all'interno stesso della scienza.

Vuol chiarirci questo concetto?

Il riduzionismo, così diffuso oggi, pretende di ridurre il più complesso al più semplice, immagina che le leggi che regolano il livello di base della natura spieghino anche i livelli di complessità superiore. Non è così. Gli elementi di base della vita (gli atomi, le molecole di cui sono composti gli organismi) si comportano come tutti gli altri atomi e le altre molecole, seguendo le medesime leggi; ma le leggi, che governano il funzionamento di un organismo, anche semplice, non sono riducibili a quelle. Intervengono princìpi di funzionamento più complessi, che non sono riscontrabili in nessuno degli elementi di base presi singolarmente. La vita cosciente di un essere umano non può essere ridotta alle leggi che governano il funzionamento dei suoi organi, fosse pure il cervello per il pensiero. Ciascun livello di organizzazione della vita deve essere affrontato con i metodi adeguati: come sarebbe sbagliato studiare le reazioni chimiche che avvengono nel cervello con la psicologia, così è inadeguato studiare il comportamento umano indagando semplicemente le reazioni chimiche che ne stanno alla base.

Non esiste un unico metodo valido per tutti i livelli della realtà.

Esatto. Se volessi prevedere lo sviluppo di una cellula usando le equazioni che descrivono la sua chimica di base ne verrebbero fuori calcoli talmente complessi che nemmeno un computer delle dimensioni dell'universo sarebbe in grado di risolverli in un tempo ragionevole. È un limite con cui la scienza non può non fare i conti: la realtà è troppo complessa per conoscerla in maniera esauriente. è quel che dimenticano i riduzionisti, che tendono invece a imporre la razionalità del momento come se fosse una certezza universale.

È per esempio il caso, oggi, di una lettura riduttiva dell'evoluzionismo?

Non sono un esperto di evoluzionismo, ma certo i veri scienziati non hanno mai avuto paura di mettere in discussione i modelli all'interno dei quali si muovono. Libri come quelli di Dawkins, che presentano l'evoluzionismo come una teoria metafisica della realtà, non sono opere scientifiche ma ideologiche. È una sorta di "fondamentalismo scientista" che divulga i risultati della scienza come dogmi. Col risultato di danneggiare la scienza stessa: perché gli studenti arrivano all'università, dove dovrebbero imparare un atteggiamento autenticamente critico, già imbevuti di una sorta di presunzione intellettuale, un bagaglio di pregiudizi che inibiscono la loro capacità di formulare ipotesi creative sui problemi che incontrano.

Sembrano cose evidenti.

Sì, sono cose semplici. Ci vuole un grande sforzo per far passare le tesi riduzioniste. Uno sforzo che però è difficile contrastare, perché dietro le tesi riduzioniste esistono non solo ragioni ideologiche, ma anche precisi e pesanti interessi economici. Basti pensare al business enorme delle diagnosi prenatali o a quello degli ormoni per la fecondazione in vitro. È un peso difficile da contrastare. È come se quando uno porta delle tesi contrarie alla riduzione della vita a materia gli venisse chiesto "quanti soldi porti?".

Un tema "caldo" di questi tempi: il dibattito sulla moratoria sull'aborto suscitata da Ferrara sul Foglio.

Tutto si può dire dell'aborto, tranne che sia in qualche maniera giustificato da ragioni "scientifiche". La scienza affronta la realtà per capirla, comprenderla, ed eventualmente intervenire per curare: far fuori il malato prima ancora di aver provato a capire è come scavarsi la fossa con le proprie mani. Si dimentica volentieri che gli organismi hanno straordinarie capacità di compensazione; un atteggiamento scientifico non è quello che elimina il problema, ma quello che studia queste capacità, cerca il modo di svilupparle, così da favorire anche in un organismo malformato possibilità di vita dignitose. Quale sarà la barbarie di cui ci accuseranno i posteri? "Gli uomini del XXI secolo, che facevano fuori i loro piccoli invece di studiare il modo di curarli.". Anche qui si tratta di allargare i confini della ragione, di non considerarci gli ultimi uomini, gli unici saggi, il vertice della sapienza.

© Copyright Tempi num.5 del 31/01/2008

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