1 febbraio 2008

Arroganza scientifica anticamera del totalitarismo: l'università di Bologna s'interroga sul discorso del Papa a La Sapienza (O.R.)


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L'università di Bologna s'interroga sul discorso del Papa a La Sapienza

Arroganza scientifica anticamera del totalitarismo

Fabio Ruggiero

Che cosa significano oggi in Italia nozioni come laicità, libertà, confronto, cultura? Se ne è parlato ieri all'università di Bologna all'incontro "Benedetto XVI e La Sapienza. Una lezione da non perdere".
Una riflessione sulla lezione magistrale del Papa preparata e poi non tenuta, per i noti motivi, per l'inaugurazione dell'anno accademico dell'università La Sapienza di Roma. L'incontro, promosso dall'Istituto Veritatis Splendor - sorto per iniziativa del cardinale Giacomo Biffi e presieduto oggigiorno dal suo successore, il cardinale Carlo Caffarra - e dal Centro Culturale Enrico Manfredini, e che ha visto la pronta adesione di numerose altre realtà cattoliche, si inserisce nel dibattito che in questi giorni ha coinvolto in città numerosi intellettuali, uomini di cultura e delle istituzioni.
Sono intervenuti Pier Ugo Calzolari, magnifico rettore dell'università di Bologna, Giorgio Israel, ordinario di matematiche complementari presso l'università di Roma La Sapienza, monsignor Lino Goriup, vicario episcopale per la cultura e per la comunicazione della Chiesa di Bologna.
Ha moderato l'incontro Ivo Colozzi, ordinario di sociologia presso l'università di Bologna, che ha subito letto un testo inviato dall'arcivescovo, assente a causa di impegni improrogabili. Nel suo messaggio di saluto, il cardinale Caffarra, dopo avere ringraziato organizzatori e intervenuti, ha ricordato come il Papa, nel suo Magistero, richiami costantemente la ragione a fare un uso illimitato di se stessa. "C'è - osserva l'arcivescovo di Bologna - in questo richiamo l'incontro di temi teoretici e di preoccupazione pastorale, di cui giova fare almeno un fugace accenno". L'invito alla ragione a non auto-imprigionarsi dentro ai fenomeni verificabili è un invito fatto all'uomo, ad ogni uomo, a non rinunciare a cercare risposta a nessuna domanda sensata; a non accontentarsi del "frammento" ed alla somma dei medesimi, ma a cercare la verità ultima e il senso radicale dell'intero. È questo il "desiderio estremo" dell'uomo, come lo chiama Cartesio nel Discorso sul metodo. "Le difficoltà di questa ricerca - ha aggiunto - sono al contempo segno della grandezza e della miseria umana, come scrisse Hegel: "Una calza rammendata è meglio di una calza lacerata: non così per l'autocoscienza". Anche se la ragione non trovasse il filo per rammendarla, la lacerazione che essa compie dentro al reticolato del finito lascerebbe pur sempre la possibilità all'Infinito di entrarvi".

Rivolgendosi poi ai molti giovani presenti, dopo avere richiamato loro Dante - "fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtude e canoscenza" - li ha così esortati: "Non spegnete nessuna domanda che sorga dal vostro cuore. La ricerca e il possesso della verità sia la vostra gioia più pura.

Forse la più bella definizione di università è stata data da Alberto Magno: in dulcedine societatis quarere veritatem. La dolcezza di una condivisa ricerca della verità, cari giovani, è ciò che vi auguro".
Nel suo intervento Calzolari ha messo in evidenza il valore e il limite della scienza, il rischio del riduzionismo di stampo positivistico, il significato della laicità rettamente intesa, deprecando il provincialismo culturale che ha caratterizzato "la vicenda assai triste del mancato incontro de La Sapienza" nonché i toni con cui anche nei giorni seguenti si pretendeva di difendere una mal compresa nozione di autonomia culturale dell'università.

Il rettore ha fatto notare l'inconsistenza razionale di quanti hanno sostenuto l'impossibilità di discutere con chi, come il Papa, a loro modo di vedere, ritiene di essere già in possesso della verità. In realtà, una simile maniera di argomentare costituisce un vero e proprio cortocircuito logico, che, portato agli estremi, può condurre a una sorta di "inquisizione laica", profondamente illiberale.

L'incidente di Roma avrebbe sconsolatamente mostrato come il pensiero laico meno preparato abbia perso l'orientamento, dimenticandosi del principio dell'autonomia, che postula necessariamente il confronto con l'altro, l'atteggiamento dialogico. A molti è sfuggito - ha proseguito Calzolari - che la laicità è un prodotto della cultura cristiana e che la scienza ha avuto in un frate francescano, Guglielmo di Occam, un sostenitore ancora più appassionato dello stesso Galileo.

Dal canto suo monsignor Lino Goriup si è premurato di rimarcare l'originalità dell'approccio e dell'analisi del tema, che il Papa ha affrontato nella sua Lectio magistralis offrendone un personale vivace commento. Benedetto XVI inizia la sua riflessione interrogandosi sul significato dell'invito e della sua presenza. In quanto vescovo di Roma egli rivolge la propria autorevole parola ai credenti in Cristo; ma come testimone di una venerabile tradizione di scienza e di sapienza, incarnata dalla Chiesa cattolica, egli si propone anche come rappresentante di una ragionevole "sapienza umana" - il rimando è evidentemente all'Apologia di Platone - che, illuminata dalla notizia centrale della Rivelazione - l'Incarnazione del Logos divino in Cristo Gesù - può a buon diritto farsi voce di una domanda universale del cuore umano oltre che proporsi maestra di vita e di pensiero. Monsignor Goriup ha successivamente stabilito una suggestiva relazione tra l'allocuzione per La Sapienza e il discorso che il Papa tenne a Pavia nel corso della sua visita pastorale del 22 aprile 2007. Anche in quella circostanza incoraggiò il mondo accademico a ritrovare il senso dell'appassionata e assidua ricerca del vero inteso come verità della vita e per la vita. "Aver reso impossibile l'ascolto della proposta intellettuale e intelligente della Chiesa - ha poi concluso - significa aver perso l'occasione di un prezioso richiamo ad allargare gli orizzonti di una ragione che finisce per smarrirsi quando rinchiude se stessa e il mondo nei limiti della prevedibilità e della ripetizione".
Da ultimo è intervenuto Giorgio Israel, matematico e intellettuale ebreo, anche lui ordinario a La Sapienza e duramente attaccato, nelle settimane scorse, per la sua difesa di Benedetto XVI.
Il docente ha spiegato anzitutto le ragioni della propria simpatia intellettuale per il Pontefice, con cui condivide la battaglia contro una visione "ristretta" della ragione, di matrice naturalistica: oggi tutti vediamo come la razionalità astorica delle scienze fisico-matematiche venga a contrapporsi alla razionalità storica come se questa non avesse diritto di esistere. Egli si è detto profondamente convinto che, viceversa, solo una ragione aperta alla sapienza, alla tradizione, alla storia, alla spiritualità, alla persona, al mistero, insomma ad ogni aspetto del reale e dell'essere, può veramente essere fondamento di civiltà, contro ogni deriva ideologica violenta e totalitaria.
La cultura europea ha bisogno di confrontarsi sui suoi contenuti portanti. Ha necessità di continuare a trasmettere alle nuove generazioni le proprie radici giudaico-cristiane ed elleniche, per evitare di offrire loro un mondo senza tradizioni, vuoto, la cui costruzione debba essere compiuta nello sbandamento più completo. Ha il dovere di offrire loro grandi sintesi culturali, come quelle realizzatesi nel rinascimento, quando "Atene trovò posto entro Gerusalemme", come quelle formatesi dal Seicento in poi... Benedetto XVI giustamente combatte contro un'idea arrogante di scienza secondo cui nella conoscenza naturale tutto si trova incluso: un'idea che rende tristi, perché il semplice sapere di tipo oggettivista dà soltanto il senso del proprio limite. Occorre che anche l'uomo di scienza abbia consapevolezza di essere un individuo finito, destinato a non assimilare mai tutta la verità, ma solo ad approssimarsi sempre di più ad essa.

(©L'Osservatore Romano - 2 febbraio 2008)

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