9 febbraio 2008
Approfondire la verità antropologica dell’uomo e della donna, respingendo le correnti culturali che cercano di offuscare le differenze sessuali (R.V.)
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Approfondire la verità antropologica dell’uomo e della donna, respingendo le correnti culturali che cercano di offuscare le differenze sessuali: così, il Papa ai partecipanti al convegno per il 20.mo della Mulieris Dignitatem
Di fronte alle correnti culturali che cercano di confondere le differenze sessuali iscritte nella natura umana, va richiamato il disegno di Dio sull’uomo e la donna: è l’esortazione di Benedetto XVI, rivolta stamani ai partecipanti al Convegno per il 20.mo anniversario della Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem. Il saluto al Papa è stato rivolto dal cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, dicastero che ha promosso il convegno. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Dio affida alla donna e all’uomo, secondo le proprie peculiarità, una specifica vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo”: è la riflessione offerta da Benedetto XVI ai partecipanti al convegno per il ventennale della Mulieris Dignitatem. Il Papa ha riconosciuto che il rapporto uomo-donna costituisce “un punto centrale della questione antropologica, così decisiva nella cultura contemporanea”. Giovanni Paolo II, è stata la sua riflessione, ha voluto “approfondire le verità antropologiche fondamentali dell’uomo e della donna, l’uguaglianza in dignità e l’unità dei due, la radicata e profonda diversità tra il maschile e il femminile e la loro vocazione alla reciprocità e alla complementarità”:
“Quando, pertanto, l'uomo o la donna pretendono di essere autonomi e totalmente auto-sufficienti, rischiano di restare rinchiusi in un’auto-realizzazione che considera come conquista di libertà il superamento di ogni vincolo naturale, sociale o religioso, ma che di fatto li riduce a una solitudine opprimente”.
L’unità-duale dell’uomo e della donna, ha proseguito, “si basa sul fondamento della dignità di ogni persona, creata a immagine e somiglianza di Dio”, evitando “tanto una uniformità indistinta e una uguaglianza appiattita e impoverente quanto una differenza abissale e conflittuale”. Benedetto XVI ha dunque ribadito che occorre “una rinnovata ricerca antropologica che, sulla base della grande tradizione cristiana, incorpori i nuovi progressi della scienza e il dato delle odierne sensibilità culturali”. In tal modo, ha aggiunto, si può “approfondire non solo l'identità femminile ma anche quella maschile, essa pure oggetto non raramente di riflessioni parziali e ideologiche”.
“Di fronte a correnti culturali e politiche che cercano di eliminare, o almeno di offuscare e confondere, le differenze sessuali iscritte nella natura umana considerandole una costruzione culturale, è necessario richiamare il disegno di Dio che ha creato l'essere umano maschio e femmina, con un’unità e allo stesso tempo una differenza originaria e complementare”.
Le dimensioni femminile e maschile, ha aggiunto, “si corrispondono e si completano”. Quindi, richiamando un suo intervento durante il viaggio apostolico in Brasile, del maggio scorso, il Papa ha criticato la persistenza di “una mentalità maschilista”, che ignora la novità del cristianesimo, “il quale riconosce e proclama l'uguale dignità e responsabilità della donna rispetto all'uomo”:
“Ci sono luoghi e culture dove la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna rendendola oggetto di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e nell'industria del consumo e del divertimento”.
Dinanzi a “fenomeni così gravi e persistenti”, è stato il richiamo del Papa, è “ancor più urgente” l’impegno dei cristiani “perché diventino dovunque promotori di una cultura che riconosca alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti, la dignità che le compete”. Ha così ribadito il ruolo insostituibile della donna e dell’uomo nella famiglia, “comunità di amore aperta alla vita”. Sin dal loro concepimento, ha affermato, “i figli hanno il diritto di poter contare sul padre e sulla madre che si prendano cura di loro e li accompagnino nella loro crescita”. Parole corredate da una viva esortazione alle istituzioni civili:
“Lo Stato, da parte sua, deve appoggiare con adeguate politiche sociali tutto ciò che promuove la stabilità e l'unità del matrimonio, la dignità e la responsabilità dei coniugi, il loro diritto e compito insostituibile di educatori dei figli. Inoltre, è necessario che anche alla donna sia reso possibile collaborare alla costruzione della società, valorizzando il suo tipico genio femminile”.
Dal canto suo, nell’indirizzo d’omaggio, il cardinale Stanisław Ryłko ha sottolineato che dal convegno sulla Mulieris Dignitatem nasce un invito per tutti, donne e uomini, a tener presente che “ogni discorso sulla promozione della donna nella società e nella Chiesa deve fondarsi su una solida antropologia”, “sulla piena verità sull'essere umano, che esiste sempre e solo come femmina e come maschio”.
Oltre a celebrare il 20.mo anniversario della Lettera apostolica “Mulieris Dignitatem” di Giovanni Paolo II, il convegno sta approfondendo il tema della valorizzazione del ruolo della donna, soprattutto come educatrice. In proposito, ecco la riflessione di una delle relatrici, Paola Bignardi, coordinatrice del Forum Internazionale dell’Azione Cattolica, intervistata da Isabella Piro:
R. – L’educazione è il servizio alla crescita interiore delle persone. A me piace pensare all’educazione come ad una forma di generazione e la chiave per capire la vocazione della donna è proprio quella della generazione. Il ruolo della donna è molto importante nell’educazione, proprio per questa sua esperienza della struttura della generazione, e anche della generazione interiore, che significa prendersi cura delle persone così come sono, accompagnarle in un percorso che le rende libere, che le rende altro da noi, che le rende se stesse. Inoltre, in questa fase della storia della nostra società occidentale, il prendersi cura nell’educazione va di pari passo con un’esigenza di reinterpretazione del compito educativo per comprendere come una proposta di valori, così come l’educazione deve fare, è una proposta che libera, che realizza, che è in funzione di una crescita della persona.
D. – L’uomo in tutto questo che ruolo ha?
R. – La chiave del rapporto uomo-donna è nella reciprocità che rende feconda la differenza. La specificità femminile è una specificità che è chiamata a entrare in relazione con un’altra specificità, quella maschile: l’uomo è chiamato a prendere parte al compito educativo accogliendo dalla donna le caratteristiche che sono sue, ad esempio la dimensione dell’accoglienza, della cura, del valore dei sentimenti, senza averne disprezzo, come se fossero una debolezza. Al tempo stesso, la donna è chiamata ad apprendere dall’uomo il rapporto più diretto con la realtà, che è tipico dell’uomo, il riferimento immediato alla razionalità, che appartiene in maniera molto forte all’uomo.
D. – Qual è oggi il modo più corretto per parlare di femminismo?
R. – Credo che oggi si debba parlare di femminismo mettendo in gioco il dono della concretezza femminile, dell’intuizione femminile, della tenacia femminile ma al tempo stesso della mitezza femminile. Credo che questo renda il movimento di promozione della donna più forte di un femminismo arrabbiato che rivendica. La rivendicazione separa, apparta. E’ vero che le rivendicazioni degli anni passati, come riconosce anche Papa Giovanni Paolo II nella Lettera alle donne, ha prodotto delle conquiste importanti, però mi pare che sia anche da considerare come nella situazione di oggi gli atteggiamenti che inducono ad una riconciliazione tra i diversi, sia esso l’uomo o la donna, chi vive qui con lo straniero, chi pensa in un modo rispetto a chi pensa in un altro, siano la chiave per fare futuro e dare speranza.
D. – Quali sono le sfide che attendono le associazioni di stampo cattolico?
R. – Ritengo che siano soprattutto quella della formazione e della cultura. Il rischio di questa fase della vita della società occidentale è quello della superficialità, quello del consumare i messaggi così come si consumano cose, consumare le idee che non riescono a mettere radici. Questo è il tempo per un lavoro sulle coscienze, un lavoro che vada in profondità, e credo che nessuno meglio dell’associazionismo possa avere un ruolo, per la possibilità che ha di configurare un messaggio strutturato proprio in conseguenza del fatto associativo.
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