26 agosto 2008

Intervista al direttore delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo: "Cinque Papi in campagna" (Osservatore Romano)


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Intervista al direttore delle Ville Pontificie Saverio Petrillo

Cinque Papi in campagna

di Mario Ponzi

"Fu una morte in solitudine quella di Pio XII. Ricordo la tristezza che mi assalì nel vederne il corpo la sera prima dell'esposizione al pubblico". Giovanni XXIII "di tanto in tanto scompariva. Nessuno sapeva dove fosse andato". Paolo VI "trascorreva la prima settimana senza mai uscire: pregava e basta". Papa Luciani "è stato un gran rimpianto per tutta la famiglia delle Ville, non siamo mai riusciti a ospitarlo, neppure da cardinale". Giovanni Paolo II "giocava spesso a nascondino con i bambini, figli dei dipendenti. Lo aspettavano appostati lungo i viali quando usciva per le sue passeggiate pomeridiane".
Benedetto XVI, "prevalentemente nelle ore serali, aggiunge un tocco tutto suo alla serenità di questo luogo, suonando al piano composizioni di Bach, Mozart, Beethoven". Il piglio è quello del fedele custode di un luogo maestoso, dove l'arte si fonde in perfetta armonia con la natura. Ma quando si lascia andare ai ricordi, o parla della sua "grande famiglia", Saverio Petrillo, direttore delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo, si trasforma in narratore efficace e lascia trasparire emozioni impossibili da rendere appieno. Da cinquant'anni vive tra le mura di una delle più famose ville dell'antichità, l'Albanum Domitianum, residenza dell'imperatore Domiziano, che regnò dall'anno 81 al 96. Si sviluppava su quattordici chilometri quadrati, dalla via Appia sino a comprendere il lago di Albano. Oggi le Ville Pontificie si estendono sulla parte centrale di quell'antica residenza, la quale comprendeva anche l'Arx Albana, all'estremità della collina di Castel Gandolfo, dove ora sorge il Palazzo Pontificio e che un tempo ospitava l'antica Albalonga. È una storia ricca, lunga da raccontare quella delle Ville, a cui il loro direttore ha dedicato un volume (Saverio Petrillo, Le Ville Pontificie di Castel Gandolfo, Città del Vaticano, Edizioni Musei Vaticani, 2000, pagine 125), in ideale continuità con il classico volume di un suo predecessore (Emilio Bonomelli, I papi in campagna, Roma 1953). Ciò che nel libro non compaiono sono le confidenze che il direttore racconta a "L'Osservatore Romano" in questa intervista.

Quando inizia la sua avventura in questo mondo tanto singolare?

Sono entrato per la prima volta nelle Ville Pontificie esattamente cinquant'anni fa. Era il giugno del 1958. Devo dire che l'inizio non fu dei migliori. Il 9 ottobre morì Pio XII. Fu un evento che mi rattristò moltissimo e che ho ancora impresso nella mente. Prima di entrare in questo mondo pensavo che il Papa fosse sempre circondato da una folta schiera di persone, pronte a rispondere a ogni suo desiderio. Quando capii che Pio xii stava morendo mi resi conto di quanto fosse invece solo. Non c'era nessuno. Anche perché mancava il segretario di Stato e mancava il camerlengo, che fu poi subito eletto dai cardinali durante la sede vacante. Con stupore vidi che la salma di quel grande Pontefice veniva trattata in modo approssimativo. Il medico del Papa, Riccardo Galeazzi Lisi, fece una sorta di imbalsamazione, usando solo alcune pomate. Il corpo fu provvisoriamente sistemato nella Sala degli Svizzeri. Solo il giorno dopo, prima dell'esposizione al pubblico, fu rivestito con gli abiti pontificali. Ci rimasi proprio male. Mi consolò la grande fiumana di persone che dal giorno dell'esposizione della salma sfilò davanti al feretro. Ricordo una manifestazione popolare splendida. Tantissimi tornavano per la seconda volta in questo palazzo. Come è noto Pio xii aprì le porte delle Ville per dare rifugio a quanti tentavano di sfuggire alle retate dei tedeschi nei giorni dello sbarco degli alleati ad Anzio. C'erano anche molte delle mamme alle quali il Papa aveva ceduto la propria stanza da letto perché erano incinte. In quella stanza nacquero cinquanta bambini. Moltissimi, oggi uomini fatti, si chiamano proprio Eugenio o Pio. Per due di loro, gemelli, c'è anche un grazioso aneddoto. La donna che si prese cura di loro appena nati inavvertitamente tolse il laccetto al braccio con il nome datogli durante il battesimo. Quindi era divenuto impossibile distinguerli. Fu la mamma in un certo senso a ribattezzarli, poiché stabilì autonomamente chi si sarebbe chiamato Eugenio e chi Pio.

E di Giovanni XXIII cosa ricorda in particolare?

È stato un periodo che definirei innovativo. Papa Giovanni ogni tanto spariva. Usciva da uno dei cancelli delle Ville senza avvertire nessuno e senza scorta. Se ne andava in giro per i Castelli, tra la gente. Una domenica mattina ci arrivò una telefonata che segnalava la presenza del Papa ad Anzio. Può immaginare la nostra sorpresa che lo credevamo nel suo appartamento. Più tardi una voce concitata ne annunciava la presenza a Nettuno. Successivamente ci avvertirono che il Papa era stato visto al lago. Immagini che momenti vivemmo quella mattina. Lui rientrò tranquillamente in tempo per guidare la recita dell'Angelus dal balcone di Palazzo. Un'altra volta a Genazzano ha rischiato di rimanere schiacciato dall'affetto della folla che lo aveva riconosciuto. E sarebbe andata male se non fosse stato per la presenza casuale di un capitano dei Carabinieri che lo infilò in macchina per riportarlo alle Ville. Ma per lui era come se non fosse accaduto nulla. Al contatto con la gente non rinunciò mai.

Poi venne l'epoca di Paolo VI.

Di Papa Montini ho un ricordo particolare. La settimana prima del conclave che lo elesse, il cardinale arcivescovo di Milano era ospite qui da noi dal suo vecchio amico, il direttore delle Ville di allora, Emilio Bonomelli. Si era rifugiato qui per nascondersi dalla curiosità dei tanti cronisti che lo assediavano poiché si parlava di lui proprio come del prossimo Papa. Io ricordo perfettamente quella mattina del 19 giugno del 1963 quando partì per andare alla messa di apertura del conclave. Noi eravamo tutti schierati davanti al cancello per salutarlo. Il portiere, che aveva una certa confidenza con lui lo salutò dicendogli: "Padre Santo, tanti auguri!". Bonomelli incenerì quel buon uomo con lo sguardo: guai fare un simile augurio a un cardinale che entra in conclave! Ma quando Montini tornò da noi era Papa. Di lui ricordo la grande riservatezza. Quando veniva, trascorreva la prima settimana dedicandosi a un suo personalissimo ritiro spirituale. Pregava e basta. Poi riprendeva la sua naturale attività. Con commozione ricordo la festa dell'Assunta del 1977 quando il Papa inaugurò la chiesa della Madonna del Lago. In quella occasione, al termine dell'omelia, a braccio disse: "Chissà se avrò mai più la possibilità di trascorrere ancora questa bella festa con voi. Colgo comunque questa occasione per abbracciarvi tutti e per ringraziarvi per quanto mi avete dato". Si commosse e trasmise a tutti noi quella sua stessa commozione. E fu proprio l'ultima festa dell'Assunta che passò con noi; morì infatti il 6 agosto dell'anno successivo. Solo allora ripensammo alle sue parole di un anno prima. La sua morte si annunciò sin dal mattino di quella domenica. Non ebbe la forza di pronunciare l'Angelus. Non ne fummo stupiti. Ci fu un grande via vai di medici, di infermieri che portavano bombole d'ossigeno dal vicino ospedale. Sperammo fino all'ultimo di veder smentiti i nostri timori. Ma quando il via vai cessò ci mettemmo tutti spontaneamente a pregare. Abbiamo accompagnato così la sua morte. Per tre giorni la salma è rimasta esposta qui da noi. È stata una processione continua sino a quando un semplice carro funebre del Comune con un nastro nero trasferì la salma a Roma.

Papa Luciani invece qui non è mai venuto neppure da cardinale?

Per Giovanni Paolo I abbiamo un grande rimpianto; quello di non essere riusciti a mostrargli il nostro affetto.

È stata poi la volta di Papa Wojtyla.

La mia storia con Giovanni Paolo II è iniziata ancor prima della sua elezione. La domenica prima del conclave che lo avrebbe eletto, mi telefonò monsignor Andrzej Deskur. Mi chiese se poteva venire qui alle Ville in compagnia dell'arcivescovo di Cracovia - "un bravo cardinale, grande lavoratore", mi disse - perché aveva desiderio di trascorrere qualche ora in solitudine per pregare. Naturalmente vennero insieme. Pranzarono nella trattoria che è proprio qui sotto al Palazzo - tra l'altro successivamente in un'udienza ad alcuni castellani il Papa riconobbe la signora proprietaria della trattoria e la ringraziò ancora per "quelle squisite fettuccine", disse ricordando l'episodio - e poi si trattenne nella Villa a passeggiare pregando. Quando annunciarono la sua elezione, mentre molti pensavano si trattasse di un africano io mi sentii orgoglioso di poter spiegare a tutti chi fosse in realtà. Con lui è un po' cambiata la destinazione d'uso di questa residenza. Nel senso che è realmente diventata la residenza alternativa del Papa. Veniva in periodi diversi dell'anno, soprattutto di ritorno dai viaggi o durante le feste. Faceva anche brevi soggiorni per preparare documenti, discorsi. Soprattutto nei primi anni ha rivitalizzato questo luogo. La sera incontrava i giovani. Ma era un modo per conoscere a fondo i diversi movimenti giovanili cattolici. Erano momenti veramente di festa. Si facevano falò, si cantava, si raccontava la propria vita e la propria esperienza. Ma soprattutto i giovani hanno imparato a vivere cum Petro, con il Papa. E questo è stato molto importante.

Ricorda qualcosa di particolare della sua esperienza accanto a Giovanni Paolo II?

La sua era una presenza viva. Nel senso che quando era qui tra noi, usciva veramente a ogni ora. A volte anche di sera tardi. D'inverno, anche quando era freddo, usciva ugualmente. Si avvolgeva in un mantello nero, e qualche volta indossava anche un cappuccio di lana, sempre nero. Poi ricordo le feste che faceva con i bambini, i figli dei dipendenti. Loro quando lo vedevano arrivare di lontano, si nascondevano dietro i cespugli. E quando il Papa passava accanto a loro, uscivano d'improvviso gridando e andandogli incontro. Sembrava che giocassero a nascondino con lui. Ne era felice e si prestava sempre volentieri ai loro giochi. Per i bambini era diventato un appuntamento fisso. Tra l'altro il Papa andava spesso anche nelle case dei dipendenti che vivono all'interno delle Ville. Gli piaceva conoscere le loro famiglie, capire come vivessero. Gli offrivano un caffè, un tè, qualche pasticcino, proprio come si fa con un amico che ti viene a trovare. Era molto bello e tutti qui conservano un bellissimo ricordo di questo suo modo di stare tra loro.

Lei ricorderà le polemiche seguite alla sua decisione di fare costruire una piscina nelle Ville.

Furono polemiche strumentali. Il Papa la usava soprattutto per motivi di salute. Aveva già qualche problema e gli avevano prescritto ore di nuoto per migliorare o comunque per tenere sotto controllo i suoi disturbi. Era un Papa sportivo, ma questo c'entra davvero poco con la piscina. Si tratta di una piscina di soli diciotto metri ed è tuttora attiva e funzionante. Papa Wojtyla l'ha usata tantissimo. Mi ricordo che una volta, proprio commentando le critiche circa le spese affrontate per costruire la piscina lui disse con umorismo: "Un conclave costerebbe molto di più". Questo per far capire quanto l'esercizio fisico lo aiutasse a sopportare gli sforzi del suo faticoso pontificato. Amava scherzare sul suo essere un Papa sportivo. Spesso ci ricordava che in presenza di altri confratelli ripeteva che i cardinali polacchi erano più sportivi di quelli italiani: il cinquanta per cento di quelli polacchi praticava infatti almeno uno sport. E di cardinali polacchi c'erano solo lui e Wyszynski. Fu durante il suo pontificato, nel 1986, quando fui nominato direttore delle Ville Pontificie. Era infatti morto Carlo Ponti, che era stato direttore dal 1971.

Ed ora Papa Benedetto XVI.

Di lui quello che ci impressiona è la straordinaria delicatezza d'animo, la sua estrema sensibilità, la sua profonda spiritualità. Lui conosceva bene le Ville perché almeno una volta l'anno, solitamente per il suo onomastico, si concedeva un giorno di riposo e veniva qui. Dunque in un certo senso ciò ha facilitato il suo inserimento in questo ambiente, al quale si è subito affezionato. A noi per esempio ha fatto un gran piacere sentirgli dire sin da subito: "Castel Gandolfo è la mia seconda casa". Lavora molto in questo ambiente silenzioso. E poi per noi è molto bello sentire le note del suo pianoforte. Non è certo il primo Papa che suona uno strumento. Per esempio, Pio xii suonava il violino. Ma non ha mai suonato qui nelle Ville, o almeno nessuno lo ha mai sentito. Ora invece ci è dato di poter ascoltare, prevalentemente di sera, sonate di Mozart, Bach o Beethoven, eseguite dal Papa. Ed è una cosa che ci riempie di gioia perché significa che Benedetto XVI si sente veramente a casa sua.

Le Ville non solo ospitano il Papa ma in qualche modo provvedono anche a fornire per lui alcuni prodotti agricoli. Ci vuole parlare della piccola fattoria ai margini della Villa?

È un'istituzione. Peraltro antica. Quando nel 1929 la Villa Barberini pervenne alla Santa Sede, Pio xi fece acquistare dei terreni confinanti dalla parte di Albano e destinò questi terreni ad attività agricola. L'intento era quello di sottolineare l'interesse della Chiesa per il mondo rurale. Poiché amava fare le cose al meglio, sempre, volle che questa fattoria, seppure piccola nelle dimensioni, fosse dotata di attrezzature d'avanguardia. Una delle prime mungitrici meccaniche, per farle un esempio, fu introdotta nelle Ville al tempo di Pio xi, così come sempre in quel tempo furono introdotte le prime incubatrici per i pulcini. Oggi è estesa su una ventina di ettari. La parte più consistente è costituita da circa ventisei mucche da latte per la produzione, circa cinque o seicento litri al giorno.

E dove finisce tutto questo latte?

A parte la fornitura per il Palazzo, lo vendiamo all'Annona vaticana. Ma anche a qualche bar qui della zona affinché ne possano godere anche i castellani. In passato fornivamo anche l'Ospedale Bambino Gesù, cosa che ormai non avviene più poiché ormai gli ospedali si servono di catering completi.

Ha parlato di fornitura del Palazzo. Ciò significa che esiste una sorta di lista della spesa giornaliera da soddisfare?

La tradizione di fornire prodotti per il Papa è antica, risale proprio al 1929. Giornalmente ci vengono richiesti dei prodotti tra quelli che produciamo e noi li inviamo.

La fornitura al Vaticano è giornaliera?

Si, avviene tutti i giorni. Le racconto un episodio. Durante la guerra temendo che il camioncino che partiva tutte le mattine non potesse giungere per via dei combattimenti - cosa che peraltro non accadde mai - il direttore delle Ville, preoccupato di non far mancare mai il latte al Papa, inviò in Vaticano un vaccaro con sette mucche da latte. Così approntarono una stalla nel viale dei Quattro cancelli, nei giardini. In Vaticano le vacche furono trasferite su un camion a notte fonda. Giunto il veicolo al cancello, il problema fu convincere le guardie svizzere a lasciarlo passare. Temevano infatti un agguato. Solo il muggito delle vacche, stanche per il viaggio e in una situazione non certo comoda, convinse gli svizzeri che effettivamente non c'era alcun pericolo e fecero passare il camion. Così le mucche restarono in Vaticano dal gennaio del 1944 sino alla liberazione di Roma.

Cos'altro si produce nelle Ville?

Uova, un centinaio; olio, tra i dieci e i quindici quintali all'anno; poi frutta e altri prodotti agricoli. L'esubero viene venduto all'Annona. Molto importante è poi la produzione floreale. Tutte le piante e i fiori che abbelliscono i giardini delle Ville sono prodotti nelle nostre serre. A Natale facciamo una produzione straordinaria di stelle di Natale, e con la loro vendita riusciamo a coprire le spese per riscaldare le serre.

Quante persone lavorano nelle Ville?

Complessivamente abbiamo un organico di cinquantasei persone. Metà sono tecnici per la manutenzione ordinaria in ogni settore, e metà sono quelli che operano nella fattoria. È insomma una grande famiglia che, devo dire, lavora in piena armonia.

(©L'Osservatore Romano - 27 agosto 2008)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Istruttivo.
Che cosa ricavarne?

Pio xii fu trattato malissimo quando era già cadavere ma da vivo aprì le porte del palazzo di Castello a quanti ne avevano bisogno.
Cedette persino la sua stanza a donne incinte.
Voi lo sapevate?
Non credo visto che la propaganda ci spaccia tutto un altro Papa.

Giovanni xxiii,che qualcuno definisce il Papa buono come se gli altri fossero cattivi,se ne andava a zonzo per la città invece di passare il tempo a studiare,scrivere e pregare.

Paolo vi pregava per un'intera settimana e poi studiava e scriveva come deve fare un Papa.

Giovanni Paolo ii giocava a nascondino,faceva feste,andava presso case a fare colazione e nuotava nella piscina olimpionica.
Chissà se aveva tempo di scrivere e studiare.
Ma forse per quello c'era Ratzinger.

Benedetto xvi prega,studia,scrive,legge,suona il pianoforte.
Tutto quello che deve fare un Papa.

Ora propongo un gioco:chi fra questi cinque Papi è più aderente al ruolo?
Io voto per il primo,il terzo e il quinto anche se non sono "buoni" nè "santi".

Anonimo ha detto...

Ti invio questo lancio:
Buona serata
Alessia

PAPA: DA DOMANI UDIENZE GENERALI TORNANO IN VATICANO

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 26 ago - Anche se il soggiorno di papa Benedetto XVI a Castel Gandolfo proseguira' almeno fino alla fine del mese, ricominciano da domani le udienze generali nell'aula Paolo VI in Vaticano. Dal suo ritorno a Bressanone, il pontefice aveva infatti tenuto l'udienza del mercoledi', in forma abbreviata, nella stessa Castel Gandolfo.

Da domani, il papa si trasferira' a Roma in elicottero da Castel Gandolfo, per l'udienza, per tornarvi subito dopo la sua conclusione. L'ultima udienza generale tenuta in Vaticano risale al 2 luglio scorso.

Scenron ha detto...

Siamo in squadra assieme Chiara, perchè anch'io faccio le tue stesse scelte :D...Giovanni XXIII lo tengo come riserva!!