25 febbraio 2008

"L'omelia non è uno show". Giro di vite vaticano sulla Messa: "prediche" brevi, sacralità, niente stravaganze (Galeazzi per "La Stampa")


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"L'omelia non è uno show"

Giro di vite vaticano sulla Messa: "prediche" brevi, sacralità, niente stravaganze

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO
Stop agli abusi liturgici. «La messa non è uno spettacolo, ma sacrificio, dono e mistero. Benedetto XVI chiede di celebrare l’eucarestia con dignità e decoro», afferma l’arcivescovo Albert Malcom Ranjith, segretario della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, stretto collaboratore di Joseph Ratzinger.
E’ in preparazione un giro di vite del Vaticano contro le «stravaganze» nella messa e per rivedere alcune recenti pratiche come la comunione nelle mani. In arrivo, dunque, ci sono importanti correzioni: genuflessione davanti al Santissimo, omelie che non superino i dieci minuti e si attengano al Vangelo del giorno, l’ostia non più data in mano ma in bocca ai fedeli inginocchiati invece che in piedi, divieto di formule e riti non fedeli al magistero ufficiale inventate da sacerdoti che si pongono troppo al centro dell’attenzione.
Quindi, nelle chiese, si annuncia il ritorno agli inginocchiatoi per «assumere gesti e atteggiamenti del corpo e dello spirito che facilitano il raccoglimento, l’umile accettazione della nostra povertà davanti all’infinita grandezza e santità di Cristo».

La Santa Sede vuole che la messa «venga celebrata come dovrebbe». La preoccupazione del Vaticano riguarda il mancato rispetto dell’eucarestia, «presenza reale e corporale di Cristo nell’assemblea dei fedeli», e il numero sempre più elevato di abusi liturgici.

«Alcuni sacerdoti, con stravaganze inspiegabili, abusano della liturgia come se fosse di loro proprietà e non della Chiesa - spiega il segretario del dicastero vaticano per il Culto divino -. Basta con gli abusi e le interpretazioni personali, i sacerdoti devono seguire la liturgia ufficiale della Chiesa». Tra i problemi, le prediche troppo lunghe e non intonate alle letture del giorno. «L’omelia non deve superare gli 8-10 minuti - precisa Ranjith -. E’ necessario che il celebrante studi approfonditamente il Vangelo del giorno e si attenga sempre ad esso, senza svolazzi o inutili giri di parole».

In discussione anche la comunione nelle mani. «E’ una pratica che va rivista con urgenza tornando a dare la particola ai fedeli direttamente in bocca, senza che essi la tocchino, ribadendo in questo modo che nell’eucarestia c’è realmente Gesù e che tutti lo devono accogliere con devozione e amore - precisa l’arcivescovo -.Serve una catechesi perché molti neanche si rendono conto di chi ricevono nella comunione, cioè Cristo, e così prendono l’ostia con scarsa concentrazione e scarsissimo rispetto».

E’ arrivato il momento di «valutare bene», «rivedere» e «abbandonare» la prassi di ricevere l’ostia consacrata sulla mano e non sulla lingua. Tale prassi è stata «introdotta abusivamente e in fretta in alcuni ambienti della Chiesa subito dopo il Concilio» divenendo poi «regolare in tutta la Chiesa». Ciò «contribuisce ad un graduale e crescente indebolimento dell’atteggiamento di reverenza verso le sacre specie eucaristiche», evidente in particolare fra i bambini e gli adolescenti. Inoltre la possibilità di ricevere l’ostia sulla mano, denuncia Ranjith, è all’origine di «gravi abusi». C’è «chi porta via le sacre specie per tenerle come souvenir», «chi le vende» e addirittura «chi le porta via per profanarle in riti satanici».

Per «recuperare il senso del sacro», inoltre, è opportuno tornare a genuflettersi nel momento in cui ci si comunica per «rispetto verso il dono e il mistero dell’eucarestia». La genuflessione al momento della Comunione, quindi, come «un atto di umiltà e di riconoscimento della nostra natura di figli di Dio».

© Copyright La Stampa, 25 febbraio 2008 consultabile online anche qui

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