2 dicembre 2007
Eugenio Scalfari boccia l'enciclica "Spe salvi" con argomenti non nuovi
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IL PAPA CHE RIFIUTA IL MONDO MODERNO
EUGENIO SCALFARI
L´annuncio che la seconda enciclica del Papa, dopo quella sull´amore e sulla "caritas", sarebbe stata dedicata alla speranza aveva suscitato in me una viva aspettazione. Il cammino di Benedetto XVI verso la pienezza del suo magistero era stato fin qui piuttosto incerto, la sua decantata teologia soggetta a mutamenti a volte repentini, la sua vocazione pastorale crescente anche se non paragonabile a quella, tanto più drammaturgica e spettacolare, del suo predecessore.
Nei mesi più recenti era emersa una tonalità critica nei confronti della grande revisione conciliare e in un certo senso modernista del Vaticano II, dove dottori e pastori della Chiesa in vesti episcopali avevano aperto alla modernità, all´ecumenismo e perfino ai laici non credenti mettendosi in ascolto per trasmettere il messaggio evangelico e per conciliarlo con le risposte del pensiero laico, della morale laica e della razionalità.
Il Papa sembrava revocare in dubbio il messaggio conciliare e scavalcare a ritroso almeno due dei pontificati precedenti, quello di papa Roncalli e quello di papa Montini, tornando piuttosto alla Chiesa pacelliana e anche più indietro.
Sensazioni tuttavia, ancora incerte. Mitigate – debbo dirlo – dall´apprezzamento sincero dell´opera di Pietro Scoppola, manifestato da Ratzinger in persona in occasione della sua morte con parole inusitate di lode verso un cattolico la cui posizione nei confronti del mondo moderno era di tutt´altro segno di quella ormai prevalente nella Chiesa di Roma.
Perciò attendevo con interesse la seconda enciclica sperando che da essa si potessero trarre maggiori lumi sul pensiero di papa Ratzinger. Così infatti è stato. Anticipo qui il mio giudizio sul documento papale: Benedetto XVI ha voltato le spalle al Concilio Vaticano II.
Lo deduco da una lettura attenta del testo che del resto è estremamente chiaro.
Per certi cattolici il pensiero di un laico non credente può forse non avere rilievo alcuno o può esser tacciato di indebita interferenza. Respingo questa seconda obiezione: i non credenti sono stati da sempre "terra di missione" per la Chiesa; sarebbe dunque molto strano che gli si voglia chiuder la bocca quando essi parlano a chi vuol parlare con loro.
Quanto alla prima obiezione, quella dell´irrilevanza, essa ha un carattere soggettivo e non può esser presa in considerazione se non si munisca di argomenti forti ed espliciti in aperto contraddittorio. Anche i non credenti infatti hanno uno spazio pubblico, almeno altrettanto legittimo di quello reclamato e utilizzato amplissimamente dalla gerarchia ecclesiastica. Spazio pubblico significa discussione pubblica, rinvio di argomenti dagli uni agli altri, confronto paritario. Perciò facciamolo questo confronto. La "Spe Salvi" ce ne fornisce una buona occasione.
* * *
Prima osservazione. L´enciclica porta un sottotitolo che indica i destinatari del documento: «Ai vescovi ai presbiteri e ai diaconi e a tutti i fedeli laici sulla speranza cristiana».
E´ strano che un´enciclica elenchi fin dal titolo i suoi destinatari. Tra di essi non sono indicati i seguaci delle altre confessioni cristiane, per non parlare dei fedeli di altre religioni. Solo vescovi, sacerdoti, fedeli cattolici.
Eppure si parla della speranza. Quella parola dovrebbe comunicare la massima apertura verso tutti i punti cardinali dell´orizzonte spirituale. Il vertice della cattolicità si chiude invece in difesa? Parla soltanto a chi è già arruolato e a chi è già convinto? Dov´è lo spirito missionario? Seconda osservazione. Le argomentazioni del documento pontificio sono certamente interessanti e comprensibili dalla cultura europea, ma abbastanza estranee ai cattolici di continenti e culture più lontane, all´Africa, all´Asia, all´America Latina. Che Ratzinger fosse un Papa europeo lo si era capito subito. La "Spe Salvi" ce ne dà conferma.
Ecco un´altra prova del suo voltar le spalle al messaggio ecumenico del Vaticano II.
* * *
Mi spiace dirlo di un Papa celebrato soprattutto per la sua finezza teologica ma la sua teologia, almeno per quanto riguarda il rapporto tra speranza-fede-certezza è in realtà una tautologia. Arbitraria e quindi non utilizzabile come prova di quanto l´autore vuole provare.
La speranza, dice papa Benedetto, contiene già la fede, la sostanza della fede è la certezza di ciò che la verità rivelata ci insegna. Perciò la speranza è già salvezza.
Questo passaggio costituisce il nucleo teologico della "Spe Salvi". Del resto è lo stesso titolo dell´enciclica ad annunciarlo: sarete salvi a causa della speranza, sarete salvi perché sperate. Cento pagine conta l´enciclica, l´identificazione speranza - fede - verità rivelata - certezza - salvezza ne occupa più o meno la metà. Qui sta forse la sapienza teologica di papa Benedetto che ne dedica una cinquantina ad illustrare con citazioni argomentate, chiamando in causa di volta in volta Paolo e Agostino, Ambrogio e Bernardo di Chiaravalle, Massimo il Confessore, e l´edificante esperienza della schiava Bakhita, per suffragare le due parole del titolo: "Spe Salvi", sperate e sarà vostro il regno dei cieli.
Si coglie, in questo modo di ragionare più induttivo che deduttivo, un riflesso dell´ontologia di Anselmo da Aosta. Era gran tempo che il ragionamento ontologico non aveva più molto spazio nella dottrina ecclesiale; la scolastica l´aveva spodestato. E in effetti l´ontologia contiene un rischio per l´architettura dottrinaria della Chiesa; l´ontologia si elabora nell´interno d´un pensiero che riflette su se stesso.
La Chiesa è molto cauta a muoversi su un terreno così rischioso.
* * *
La Chiesa, la sua dottrina elaborata a dir poco dall´800 dopo Cristo, non ha in molta simpatia la privatezza individuale. Leggete ciò che dice questa enciclica quando parla della preghiera, concepita come mezzo di ascesa verso Dio.
Dice che la preghiera è uno strumento prezioso, che pregare Dio, Gesù Cristo, la Madonna, i Santi, i propri estinti, è un modo per elevare l´anima, crescere in amore e in dedizione di sé. Ciascuno, naturalmente, è libero di pregare a proprio modo, ma questa libertà ha un limite: la preghiera privata rischia di diventare sterile estaticità.
Bisogna dunque passare alla preghiera liturgica da praticare anche solitariamente ma meglio assai coralmente, nella propria comunità, nella propria chiesa, guidata dai propri sacerdoti.
Il richiamo comunitario si affaccia più volte nelle pagine del documento papale. E vi irrompe in modo decisivo quando si parla della salvezza e della vita eterna.
Pensare alla salvezza della singola anima, di quella specifica anima individuale, è un modo imperfetto e improprio di configurare la vita eterna.
Contiene in sé tracce di egoismo. La salvezza passa per l´amore verso gli altri e soprattutto verso Dio. Quindi non può riguardare solo se stessi, il mio io si salverà perché io spero che tutti si salvino. La salvezza quindi è un fatto comunitario guidato dalla sposa di Cristo, cioè dalla Chiesa. La salvezza privata non è un pensiero buono. Perché può prescindere dal Magistero?
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Pagine importanti riguardano il Giudizio finale.
E´ chiaro che quello è un appuntamento essenziale nella dottrina e tanto più se la speranza è il principio di tutto. La speranza è sinonimo di buona vita ed anche di buona morte. Sinonimo di fede e di certezza. Di resurrezione dei corpi. Quindi di conservazione dell´individualità e della memoria di sé. Non ci si reincarna nel corpo d´un altro ma nel proprio.
Dice Agostino in una memorabile pagina delle sue "Confessioni" (ma questa citazione non l´ho trovata nella "Spe Salvi"): «Tenterò di raggiungerti dove puoi esser raggiunto e di aderirti dove aderirti è possibile, o mio Dio, mia dolce sicurezza e mio bene. Rinuncerò anche alla mia memoria, alla memoria di me, pur di avere la beatitudine di poter salire al tuo cospetto. Ma se rinuncio alla mia memoria, come potrò avere memoria di te?».
Questa è la contraddizione essenziale tra la condizione umana e la gioia della beatitudine che fonde l´anima giunta al cospetto del creatore. Ma per arrivare a quel momento supremo c´è ancora il momento del Giudizio finale. Tutti saremo salvati, come l´anima amorosa di tutti ardentemente spera? Ma allora dov´è la giustizia?
La Giustizia, dice papa Benedetto, è un canone irrinunciabile. Dio non può rinunciare alla Giustizia visto che essa è uno dei suoi principali attributi.
Dio giudicherà in base alla speranza che ha aperto l´anima alla fede. Chi non ha sperato con ardore si sarà autoescluso. Ma Dio è anche misericordia e amore per le sue creature, sicché ammette una sorta di prova d´appello ed è la sua grazia a renderla possibile. Questo percorso è suggestivo. E´ il racconto di «cose che non si vedono».
Proprio perché non si vedono è la speranza che accadranno a darcene certezza e sostanza. Si chiama religione, sentimento religioso. E certo lo è, l´aura è quella.
Ma attenti ad un racconto così dettagliato perché dalla religiosità si rischia di travalicare facilmente nell´ideologia e da questa alla favola per bambini e al "c´era una volta", nella quale è sempre la voce della mamma a legger quel favoloso racconto che ci promette la vita oltremondana, conservando memoria di noi almeno fino a quando «l´anima esploderà nella gioia suprema» dinanzi al Dio onnipotente, causa e fine di tutto.
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Dovrei forse dire una parola sull´ennesima condanna (stavolta senza appello) che nell´Enciclica il Papa lancia contro l´Illuminismo, il relativismo, il marxismo? Contro la scienza se priva di fede? Contro il moralismo che si affida all´autonomia della coscienza individuale? Insomma contro la modernità, considerata in blocco come un abisso dal quale ritrarsi finché si è in tempo? Non credo che su questi temi valga la pena di ribattere. L´abbiamo già fatto più volte e ripetersi in questo caso non giova.
Osservo, perché risulta evidente dal testo, che gli accenti critici dedicati a Marx e al marxismo sono molto più cauti e starei per dire più riguardosi nelle parole di papa Benedetto di quelli riservati all´Illuminismo.
Dopo tutto Marx creò una sorta di chiesa economicistica, si affidò allo spirito collettivo del proletariato sofferente, anche il suo pensiero ebbe i suoi presbiteri che annunciarono un loro paradiso. Penso che quel riguardo papale nei suoi confronti sia dovuto ad una chiesa e ad un paradiso terreno, in nome del quale si consumarono indicibili orrori. Sorretti però da una fede.
Gli illuministi non avevano fede. Alcuni di loro – Voltaire per esempio – erano teisti. Direi per necessità: non si spiegavano l´esistenza del creato e per non farla troppo lunga con discussioni e ricerche che non portavano da nessuna parte, si rassegnarono all´idea che ci fosse stato un architetto dell´universo e che, una volta creatolo, l´abbia lasciato funzionare da solo con tutti gli errori connessi e si sia ritirato dalla scena.
L´impegno degli illuministi fu un altro: cercarono di far trionfare la ragione, la tolleranza, la cultura. E di sconfiggere l´ignoranza, i privilegi, i pregiudizi, la tirannia. Si trovarono di fronte l´Ancien Régime e la Chiesa. Il trono e l´altare. Insomma il potere nelle sue espressioni meno accettabili.
Questa situazione era durata a dir poco un millennio. Il temporalismo della Chiesa era durato anche di più. La tentazione verso forme temporalistiche sia pure di tipo moderno è perennemente risorgente e va energicamente respinta.
A Benedetto XVI il relativismo non piace ed è comprensibile in chi amministra la verità assoluta (la sua). Non c´è niente da dire su questo punto. Certo, anche la Chiesa cambia spesso di opinione su fatti peccati e peccatori. E´ umano. A rileggere la sua storia ci si accorge che è anch´essa immersa nel relativismo. Anche questo è umano.
Perciò "Unicuique suum".
© Copyright Repubblica, 2 dicembre 2007 (consultabile anche qui)
Gia', caro Scalfari, a ciascuno il suo.
A proposito di relativismo, noto che anche per Lei, che e' persona intelligente, il Papa migliore e' sempre quello che non c'e' piu'!
Anche Lei, caro Scalfari, cade nella trappola della contrapposizione fra Papa Benedetto e Papa Giovanni Paolo II.
Francamente da una persona colta come Lei mi sarei aspettata qualcosa di piu', ma tant'e'!
Vorrei semplicemente ricordarLe, caro Scalfari, che Papa Wojtyla e' per Lei il Pontefice ideale solo ora.
Non era cosi' nell'aprile 2005, il giorno dopo la morte di Giovanni Paolo II, quando, anche un po' indelicatamente visto il momento, scrisse questo articolo:
La doppia anima del regno (3 aprile 2005)
Vede che osannare ORA Giovanni Paolo II per usarlo come "arma" contro il suo successore ha poco senso?
Leggo:
Prima osservazione. L´enciclica porta un sottotitolo che indica i destinatari del documento: «Ai vescovi ai presbiteri e ai diaconi e a tutti i fedeli laici sulla speranza cristiana».
E´ strano che un´enciclica elenchi fin dal titolo i suoi destinatari. Tra di essi non sono indicati i seguaci delle altre confessioni cristiane, per non parlare dei fedeli di altre religioni. Solo vescovi, sacerdoti, fedeli cattolici.
Caro Scalfari, la formulazione delle encicliche papali e' sempre la stessa e identici sono i destinatari perche' il Papa (ohibo') e' il Capo della Chiesa Cattolica. Cio' non toglie che essa possa essere non solo letta ma anche offerta in regalo alle altre confessioni ed ai non credenti.
Legga i destinatari della "Mater et Magistra" (Giovanni XXIII), della "Sacerdotalis Caelibatus" (Paolo VI), della "Evangelium Vitae" (Giovanni Paolo II). Vede che non c'e' alcuna differenza con la "Spe Salvi"?.
Che argomento e' mai questo?
Caro Scalfari, sulla preparazione di Joseph Ratzinger nessuno, e tantomeno noi due che non abbiamo una laurea in teologia, puo' discutere.
Per il resto Lei usa argomenti triti e ritriti: il Papa e' contro il Concilio (ne' io ne' Lei, Scalfari, eravamo presenti al contrario del professor Ratzinger!), contro la modernita', contro l'illuminismo, contro il marxismo e via discorrendo...
Le ha gia' risposto, anticipatamente e dettagliatamente, il filosofo (!) Giovanni Reale in una intervista al Corriere di ieri: "Spe salvi", il filosofo Reale: «Conservatore è chi critica questo documento» (Corriere della sera)
Raffaella
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8 commenti:
cara amica, a volte ho il sospetto che ci leggiamo nel pensiero. Avevo intenzione di ricordare nel mio post proprio l'articolo che hai citato.
Non tutti sono smemorati. Anzi, la nostra memoria è in crescita, è unaquestione di legittima difesa.
Riguardo a Scoppola poi,avendo tempo, si potrebbero cercare vagonate di articoli che, pur nel suo modo rispettoso, dicevano di GP II le stesse cose che ora si imputano a Benedetto.
Ci sarebbero da dire tante cose ma un post non può diventare lungo venti piani di morbidezza, quindi mi limito a due osservazioni.
L'identificazione tra speranza e fede non è una tautologia come un qualsiasi artificio retorico, per i primi cristiani era carne e sangue, convinzione profonda, ragione di vita e ragione di morte, se si vuole , perchè i primi cristiani e anche quelli di oggi, hanno testimoniato con il sacrificio della vita la loro fede in Dio e in Gesù Cristo Salvatore. Altro che tautologia.
Il Concilio Vaticano II. Sarebbe ora di trovare degli altri argomenti perchè questo è diventato come il sarchiapone (ve lo ricordate la gaga di Walter Chiari?), se ne può parlare per ore senza neanche sapere di cosa si sta parlando. Bisognerà che Scalfari si metta in zucca che la sua concezione del Concilio non è l'unica esistente. Può essere inaudito, ma è così. E anche Enzo Bianchi, tanto osannato in altre occasioni, ha colto la bellezza di questa enciclica senza tirare fuori la solita solfa del Concilio tradito e anche voci protestanti hanno apprezzato. Come la mettiamo?
Io credo che la verità è che la forza e vogliamo dire anche l'eleganza dell'argomentare di Benedetto nel riproporre l'dentità cattolica , sono la vera ragione del fastidio di questi commenti.
Ma naturalmente si dirà che il Concilio aveva superato la questione dell'identità cattolica. E torniamo al sarchiapone.
Eugenio Scalfari si è sempre reputato un pontefice laico, i suoi articoli di fondo, i suoi interventi, non sono semplicemente esercitazioni letterarie, sono encicliche laiche, non parla, pontifica, con la supponenza che è propria di chi ritiene di essere il depositario dello scibile umano e che, in questa occasione, gli fa ritenere di potersi mettere alla pari di Benedetto XVI sul piano della teologia, anzi, che dico, no alla pari ma un palmo sopra, e di potergli impartire lezioni in questa materia - poveretto!
Papa Ratzinger ha voltato le spalle al Concilio, no, non al Concilio ma alle interpetazioni distorte che hanno fatto dire ad una altro grande Papa, Paolo VI "si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per storia della Chiesa. E' venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezzaL'apertura al mondo è diventata una vera e propria INVASIONE DEL PENSIERO SECOLARE NELLA CHIESA. Da qualche parte il FUMO DI SATANA è entrato nel tempio di Dio.
A Scalfari fa comodo dimenticare che il compito della Chiesa è soprattutto di natura spirituale e gli fa comodo che la spiritualità sia relegata nell'intimità personale; se la Chiesa scende sul piano materiale è facilmente attaccabile, come una qualsiasi istanza laica, quindi che se ne stia nelle sacristie e non pretenda di immischiarsi in affari che - secondo lo Scalfari pensiero - non la riguardano.
GALLOMILANESE
Grazie Mariateresa del tuo post.Ho cominciato a leggere il commento di Scalfari ma dopo tre seconti mi è cresciuta la barba e mi stavo "smascellando" dai sbadigli e ho dovuto smettere! Il linguaggio del corpo mi avvisava di passare ad altre letture più ragionevoli se non volevo rischiare la catalessi. Il tempo è prezioso, cara amica, non si può sprecare tale dono (e anche qualche neurone) con cose trite e ritrite; tanto si sa da dove viene la predica! Mi fanno "tenerezza" questi LAICONI che pontificano dalle pagine di giornali consimili, senza, spesso, sapere di cosa parlano. Ma poverini; devono pur difendere la loro "posizione ideologica" altrimenti tornano nella loro nullità. Non ti accorgi che sono disumani anche con il loro proprio cuore? Non parliamo poi della loro ragione... Lasciamoli giocare con i loro "giocattolini"; prima o poi viene per tutti la resa dei conti, e il divertimento più grande (Nostro Signore è un Tipo sfizioso e ironico,ricorda Zaccheo...)sarà la faccia stravolta dallo stupore quando LO incontreranno faccia a Faccia! Sai che risate?!? Ruth
Io non ce l`ho fatta ...a mezza strada, anche prima a dire il vero ,mi sono fermata, avevo la stessa impressione di quando si ascolta un disco "rayé" , e bla bla bla...e bla bla bla.
Dopo aver letto l`enciclica di Papa Benedetto che ci porta su cime dove si respira aria pura e fresca era veramente troppo duro scendere e respirare un`aria così inquinata,pesante. Ho preferito restare con il cuore e la mente abitate dalla luce della gioia che mi ha procurato la lettura di Spe salvi!
Giusto ben fatto Luisa.... rimaniamo ancorate alle parole di speranza come rimaniamo a respirare quell'aria pulita ossigeno per l'anima dell'uomo di oggi...... e lasciamo pure agli altri l'aria fetida che cerca di far respirare Scalfari; che presunzione e che arroganza nelle sue parole e che vergogna usare il ricordo di Giovanni PaoloII per attaccare in modo squallido il suo successore un'atteggiamento ed un comportamento che non può essere tollerato.
Ancora una volta Scalfari si degna di "dare qualche consiglio a Dio",come ha acutamente scritto qualcuno
A molti secca che la fede esca dalla sfera del privato, dell'individuale - in uno, del soggettivo, in cui l'ha relegata certa filosofia e certa teologia.
Secca pure che la speranza non sia generica "attesa di un mondo migliore" da scegliere di volta in volta con uno shopping di comodo tra quelli in offerta speciale al momento, ma abbia un contenuto (hypostasis, substantia, come ricorda il Papa), che è la fede stessa, proprio in quella dimensione non soggettiva.
La fede è adesione ad una Verità vivente, "che è, che era e che viene" (e non a un libro), non una mia "apertura" a non si sa cosa - quella Verità che mi è trasmessa attraverso la Chiesa. Senza la quale non ci si salva, l'ha ripetuto anche il Papa di recente.
"Ma il Figlio dell'uomo troverà la fede sulla terra?" (Lc. 18,8).
Il mondo è salvato in speranza - già e non ancora.
La virtù della speranza, lo dice l'enciclica, ha come alternativa la disperazione: e le parole di Scalfari, così dure verso chi parla di amore, cari amici, della disperazione hanno proprio il sapore amaro.
C'è un passaggio nell'enciclica che più di ogni altro spiazza Scalfari e i molti cattolici scalfariani: 24 Nell'ambito invece della consapevolezza etica e della decisione morale non c'è una simile possibilità di addizione per il semplice motivo che la libertà dell'uomo è sempre nuova e deve sempre nuovamente prendere le sue decisioni. Non sono mai semplicemente già prese per noi da altri – in tal caso, infatti, non saremmo più liberi. La libertà presuppone che nelle decisioni fondamentali ogni uomo, ogni generazione sia un nuovo inizio. 25 Conseguenza di quanto detto è che la sempre nuova faticosa ricerca di retti ordinamenti per le cose umane è compito di ogni generazione; non è mai compito semplicemente concluso.
C'è chi nella Chiesa considera il concilio alla stregua del vangelo: chi è "giovane" (e Benedetto lo è) ritiene 40 anni sufficienti per qualche autocritica (lui il Concilio l'ha "fatto"). Tutto qui. I prigionieri degli schemi si tradiscono ogni volta che il vento dello Spirito richiama all'ordine stabilito, alfa e omega
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