1 febbraio 2008
SPAGNA: NOTA DEI VESCOVI PER LE ELEZIONI GENERALI DEL 9 MARZO (Sir)
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SPAGNA: NOTA DEI VESCOVI PER LE ELEZIONI GENERALI DEL 9 MARZO
Alcune considerazioni per esercitare in modo responsabile il diritto-dovere di voto in occasione delle elezioni generali del 9 marzo in Spagna: le offrono, in una nota, i vescovi spagnoli, che si sono riuniti dal 29 al 31 gennaio nella CCVII riunione della Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola. L’obiettivo dell’intervento è “collaborare sinceramente nell'arricchimento spirituale della nostra società, nel consolidamento dell'autentica tolleranza e della convivenza nel mutuo rispetto, la libertà e la giustizia, come fondamento imprescindibile della pace vera”. I vescovi, rifacendosi anche all’Istruzione pastorale “Orientamenti morali per la situazione odierna in Spagna” del 23 novembre 2006, evidenziano che “sebbene sia vero che i cattolici possono appoggiare partiti differenti e aderire ad essi, è anche certo che non tutti i programmi sono altrettanto compatibili con la fede e le esigenze della vita cristiana, né sono ugualmente vicini e adeguati agli obiettivi e valori che i cristiani devono promuovere nella vita pubblica”. In realtà, “i cattolici ed i cittadini che vogliano agire responsabilmente, prima di appoggiare con il voto una o l’altra proposta, devono valutare le distinte offerte politiche, tenendo in conto la stima che ogni partito, ogni programma ed ogni dirigente concede alla dimensione morale della vita”.
Per i vescovi spagnoli, “la qualità e l’esigenza morale dei cittadini nell'esercizio del voto è il migliore mezzo per mantenere il vigore e l'autenticità delle istituzioni democratiche”. In questo senso, “non deve confondersi la condizione di aconfessionalità o laicità dello Stato con l’essere svincolati dalla morale e con il non avere obblighi morali oggettivi”. Ma, chiariscono i vescovi, “dicendo questo, non pretendiamo che i governanti si sottomettano ai criteri della morale cattolica”, ma che “si attengano al denominatore comune della morale fondata nella retta ragione e nell'esperienza storica di ogni popolo”. Dopo aver ricordato, con le parole del Papa, che è bene opporsi a quelle politiche che mettono in pericolo i valori fondamentali, come la difesa della vita umana, i vescovi evidenziano come “la legislazione debba proteggere il matrimonio nella sua specificità”. Non è giusto poi “tentare di costruire artificialmente una società senza riferimenti religiosi”, mentre in questo senso vanno i tentativi di rendere difficile l’inserimento della religione cattolica nei curriculum della scuola pubblica, come il programma della nuova materia obbligatoria, “Educazione” alla cittadinanza “che lede il diritto dei genitori a formare i figli in accordo con le loro convinzioni religiose e morali”.
Una società libera e giusta non può riconoscere, avvertono i vescovi spagnoli, “esplicitamente o implicitamente un'organizzazione terroristica come rappresentante politico di nessun settore della popolazione, né può averla come interlocutore politico”. In realtà, la Chiesa riconosce, in linea di principio, “la legittimità delle posizioni nazionaliste che, senza ricorrere alla violenza, con metodi democratici, pretendano di modificare la configurazione politica dell'unità della Spagna”, purché sia tutelato “il bene comune di una società pluricentenaria”. La Conferenza episcopale spagnola segnala, poi, altre emergenze: è necessario offrire attenzione e aiuto agli immigranti, ai disoccupati, alle persone sole, alle ragazze che possono cadere nella rete della prostituzione, alle donne umiliate e minacciate dalla violenza domestica, ai bambini, oggetto di sfruttamenti e di abusi, a chi non ha casa né una famiglia dove essere accolti. Bisogna lavorare anche per risolvere i problemi più urgenti, come “il lavoro, l'abitazione accessibile per tutti, la fruizione corretta della natura, condividendo i doni tanto indispensabili per la vita come l'acqua e governando con cura il patrimonio comune della creazione”. Infine, a livello internazionale, è necessario promuovere “la giusta collaborazione per lo sviluppo integrale dei paesi”.
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