25 agosto 2008

Sette giorni di incontri e di mostre a Rimini: «Protagonisti o nessuno». Ma non è un reality (Osservatore Romano)


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Sette giorni di incontri e di mostre a Rimini

«Protagonisti o nessuno»
Ma non è un reality


di Silvia Guidi

"Protagonisti o nessuno". Sembra lo slogan di un quiz tv o di un reality che promette ai concorrenti di diventare ricchi e famosi; una promessa non così difficile da mantenere, visto che un quarto d'ora di celebrità, come ci ricorda la frase più citata di Andy Warhol, non si nega più davvero a nessuno. Gli organizzatori della ventinovesima edizione del Meeting, - che inizia domenica 24 e si concluderà sabato 30 agosto - hanno scelto questo titolo per esprimere esattamente il concetto opposto; guardare cosa si nasconde dietro la dipendenza da celebrità che affligge il nostro tempo e genera moltitudini di epigoni, di ammiratori-fotocopia, di sosia mancati di chi "ce l'ha fatta", riflettendo sul concetto di persona.
"Se ci domandassimo chi è il protagonista oggi per la mentalità comune dovremmo rispondere che stiamo parlando di un soggetto il cui scopo principale nella vita è il successo" si legge sul sito http://www.meetingrimini.org/.
"Senza di esso ci si ritrova privati di una identità precisa, o meglio di quella possibilità di essere riconosciuti che, in qualche modo, sembra dare l'illusione di "esserci" per davvero. Si tratta di un'omologazione che obbliga a seguire in tutto e per tutto le direttive della moda dominante: senza essere socialmente riconoscibili, del resto, oggi giorno non si esiste".
Si va in televisione, si sogna di diventare cantanti, attori o calciatori famosi, si crea una propria pagina su Facebook o si compra un'isola su Second Life per "esserci", per esistere di più, per vivere una vita più intensa; un desiderio legittimo di felicità e pienezza che rischia però di inseguire risposte parziali e inadeguate. "Che tipo di uomo è quello che insegue a tutti i costi ciò che lo fa distinguere dagli altri? È il divo, ovvero l'uomo che si erge a Dio. Nel tentativo di essere libero vuole possedere la realtà in assoluta autonomia; si ritrova invece schiavo delle circostanze, delle cose e, ovviamente, della riuscita. Tagliato il rapporto con la realtà, prigioniero dell'esito, l'uomo rimane in una condizione di passività umana che lo costringe a esprimersi in un triste e vuoto formalismo". Che cosa invece è più forte della riuscita, meno effimero del successo?
"Protagonisti non vuole dire avere la genialità o la spiritualità di alcuni" scrive Luigi Giussani, "ma avere il proprio volto, che è, in tutta la storia e l'eternità, unico e irripetibile". Anche in carcere, o in un letto di ospedale, anche prigionieri di un gulag sovietico o della quotidianità apparentemente banale nella grigia periferia di una metropoli. La figura di Solzenicyn, a cui è dedicata una mostra, ci ricorda proprio questo: come ha fatto notare Glucksmann, i suoi libri sono stati dirompenti non tanto perché hanno rivelato l'esistenza dei gulag, ma perché hanno svelato che nei campi era possibile resistere.
Mostre, incontri e presentazioni di libri sono stati pensati per far conoscere storie di protagonisti, uomini e donne che testimoniano con la loro vita e le loro opere l'esistenza di una positività ultima, concreta e sperimentabile, per la quale vale la pena spendersi, fare sacrifici e costruire: dal "mondo piccolo" di Guareschi alla storia imprenditoriale e umana del beato Tovini, dalla Primavera di Praga alle peonie dipinte in ospedale da Marie Michèle Poncet, passando attraverso i testi di Pavese e la grande musica di Brahms, Schubert, Beethoven, Mozart e Dvorák.

(©L'Osservatore Romano - 24 agosto 2008)

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