7 febbraio 2008
Card. Kasper sulla modifica della preghiera per gli Ebrei: "Per un vero dialogo è necessario il rispetto delle reciproche diversità religiose"
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Il cardinale Kasper sulla modifica del Papa alla Preghiera per gli Ebrei: per un vero dialogo è necessario il rispetto delle reciproche diversità religiose
Sta suscitando numerose reazioni la modifica della Preghiera per gli Ebrei nella Liturgia del Venerdì Santo, voluta da Benedetto XVI in sostituzione del testo contenuto nel Missale Romanum pubblicato nel 1962 dal Beato Giovanni XXIII. Uno dei passaggi della preghiera, accolta con sfavore da parte ebraica, riguarda il raggiungimento della salvezza da parte di Israele, una salvezza che passa attraverso il riconoscimento di Gesù Cristo come Salvatore di tutti gli uomini. Per un chiarimento a tale riguardo, Giovanni Peduto si è rivolto al cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani nonché - in seno allo stesso dicastero - presidente dell’apposita Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo:
R. - La storia con gli Ebrei è complessa e difficile e perciò ci sono sempre sensibilità particolari. La preghiera che esisteva nel rito straordinario era un po’ offensiva, perché parlava della cecità. Il Santo Padre ha voluto togliere questo punto, ma ha voluto anche sottolineare la differenza specifica che esiste tra noi e l’ebraismo. In comune abbiamo molto: Abramo, i Padri, i Patriarchi, Mosé... anche Gesù era un ebreo, anche sua Madre, Maria, era una donna ebrea.
Abbiamo molto in comune, tuttavia c’è una differenza specifica: Gesù è il Cristo, vuol dire il Messia, il Figlio di Dio, e questa differenza non si può nascondere. Il Santo Padre ha voluto dire: sì, Gesù Cristo è il Salvatore di tutti gli uomini, anche degli Ebrei. Questo dice nella sua preghiera. E il Patto, l’Alleanza con il Popolo d’Israele è tuttora valida, perché Gesù Cristo l’ha convalidata attraverso la sua morte.
Ma se questa preghiera, ora, parla della conversione degli ebrei, ciò non vuol dire che noi abbiamo l’intenzione di fare “missione”: infatti, il Papa cita la Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani, al capitolo 11, dove Paolo dice che “noi speriamo che, quando la plenitudine dei gentili è entrata nella Chiesa, anche l’intero Israele si salverà”, e questa è una speranza escatologica. Non significa che noi adesso faremo missione: noi dobbiamo dare testimonianza della nostra fede, questo è chiaro. Ma io direi questo: in passato, spesso il linguaggio era di disprezzo, come ha detto Jules Isaac, un ebreo famoso. Ora esiste un rispetto nella diversità. Dobbiamo rispettare a vicenda la diversità che esiste fra noi. Ma ora c’è rispetto, non più disprezzo.
D. - Eminenza, da alcune comunità ebraiche questa modifica liturgica è stata considerata un ostacolo al dialogo con la Chiesa. C’è realmente questo pericolo?
R. - Un dialogo presuppone sempre che si rispetti la posizione e l’identità dell’altro. Noi rispettiamo l’identità degli Ebrei; loro devono rispettare la nostra, che noi non possiamo nascondere. Il dialogo si basa proprio su questa diversità: su ciò che abbiamo in comune e sulle diversità. E io non vedo questo come un ostacolo, quanto piuttosto come una sfida per un vero dialogo teologico.
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3 commenti:
Tutta la mia stima, e la mia riconoscenza al cardinale Kasper, che con chiarezza e con toni pacati, ha saputo dire certe verità fondamentali.
Auguro che i responsabili ebrei che hanno avuto quelle parole così estreme, ritovino la serenità necessaria.
Il Papa non può non desiderare il bene per ogni uomo, e altrettanto dovrebbe fare ogni cristiano. Se dunque i cristiani credono nella dimensione salvifica della fede in Cristo, e con cuore sincero desiderano che quante più anime possibili possano raggiungere la felicità eterna, è giusto e doveroso che preghino affinché coloro che non credono in Gesù possano un giorno credere e dunque salvarsi. Tutto questo non mette minimamente in dubbio la libertà di ciascuno. Degli ebrei come di chiunque altro. Ma sarebbe assurdo negare ai cristiani, e al loro Pontefice, la libertà di compiere un atto d'amore nei confronti dei propri fratelli, pregando affinché essi si salvino.
Condivido le parole del cardinale Kasper in tutto e per tutto. Si cerca un dialogo una profonda comprensione oppure si cerca una sottospecie di accordo che salvi capra e cavoli? Lo abbiamo detto e ribadito più volte anche dopo Ratisbona un vero dialogo è possibile prendendo coscenza delle proprie differenze ma, sempre nel reciproco rispetto. Quello che dice anonimo è sacrosanto. Perchè gli ebrei se la prendono tanto se noi cristiani preghiamo per loro? Non ci vedo nulla ne di offensivo e ne di male in questo soprattutto, se può aiutare a comprendersi reciprocamente; se questo non è stato volutamente capito, allora c'è qualcosa sotto che non mi torna e non è soltanto la preghiera che probabilmente è solo un pretesto per creare rotture che a qualcuno fanno comodo e per far passare ancora una volta in modo basso, bieco ed ignobile, Benedetto XVI come un uomo del passato. Svegliatevi!!!! Benedetto XVI è l'uomo giusto e adatto per la sua infinita cultura e sensibilità l'unico in grado di affrontare temi delicatissimi. Peccato, che la grettezza, la ristretezza di certe menti, impedisca di vederlo in questa luce e non in quella ormai diventata insoportabile del cattivo teutonico dal cuore di ghiaccio.
BASTA NON SE NE PUO' PIU' DI QUESTO RAZZISMO ANTIPAPALE.
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