6 febbraio 2008

Il dialogo fra le religioni e la strada dell'ethos comune (Osservatore Romano)


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Il dialogo fra le religioni e la strada dell'ethos comune

I complessi problemi della bioetica possono trasformarsi in strumento prezioso

di Giuseppe Bono

Il 31 gennaio scorso Benedetto XVI, parlando alla sessione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha rivolto un invito forte perché si seguano con attenzione i problemi che oggi la bioetica pone alla coscienza dell'umanità. Ha detto: "...Vi invito a seguire con particolare attenzione i problemi difficili e complessi della bioetica. Le nuove tecnologie biomediche, infatti, interessano non soltanto alcuni medici e ricercatori specializzati, ma vengono divulgate attraverso i moderni mezzi di comunicazione sociale, provocando attese e interrogativi in settori sempre più vasti della società. Il Magistero della Chiesa certamente non può e non deve intervenire su ogni novità della scienza, ma ha il compito di ribadire i grandi valori in gioco e di proporre ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà principi e orientamenti etico-morali per le nuove questioni importanti".

L'uomo, la ragione e la religione

Torna in questo modo il problema del rapporto tra bioetica e religione.
Alla luce degli interventi del magistero di Benedetto XVI diciamo che se oggi la bioetica acquista sempre più visibilità e importanza come scienza della vita da salvare, da proteggere e promuovere in tutti i suoi momenti e in tutte le sue manifestazioni, dall'inizio alla sua fine naturale, questo processo non può essere completo se non interagisce con la realtà religiosa.
Il rapporto tra bioetica e religione si esprime come importante campo di ricerca e di riflessione per precisare sempre meglio l'apporto alla formazione della coscienza etica. Le tradizioni religiose hanno in sé una ricchezza pedagogica per far incontrare l'uomo con i grandi temi dell'uomo. L'uomo chiede anche alla religione l'aiuto per dare ragione al senso e all'interesse che c'è in lui.
Le religioni non possono fare solo etica: tradirebbero il messaggio spirituale da rivelare, che è il loro specifico. A sua volta l'etica non si può identificare semplicemente con la religione: la religione e l'etica devono interagire tra loro.
La religione in sé muove all'interno di una rivelazione divina mentre la filosofia si riferisce a parametri razionali. La fede ha bisogno della ragione per riflettere sulla rivelazione; a sua volta il pensiero razionale riceve dalle conoscenze rivelate sulla concezione dell'uomo forti provocazioni per un cammino sempre più alto. Quando si approfondiscono le motivazioni religiose si scoprono anche dimensioni necessarie per l'etica.
Nel loro significato più alto le religioni sono innanzitutto delle mistiche, cioè delle vie che conducono alla conoscenza del Mistero. L'etica non può non porsi la domanda sul rapporto tra religione e morale.
La forza della scienza non può ignorare la forza della domanda etica, come la domanda etica non può ignorare la forza della domanda religiosa. Questo processo di interazioni necessarie si deve realizzare anche per la globalizzazione in atto che rende sempre più interdipendenti tra loro le varie realtà del mondo come con l'accesso all'informazione in tempo reale, che ormai annulla le distanze geografiche e temporali e relativizza quelle culturali; le migrazioni, che sono un fenomeno di massa, spesso senza controllo e spesso drammatiche, che mettono insieme parti di popolazioni di cultura e religione diverse; il processo tecnologico, che favorisce e permette scambi industriali inevitabili e, con questi, scambi umani, culturali e religiosi.
Allora è la stessa pluralità delle religioni che impone il dialogo interreligioso per salvaguardare i valori primari e universali, quali la pace e la giustizia, e difendere la vita umana in tutte le sue manifestazioni con l'affermarsi della bioetica e della ecologia in tutte le loro specificazioni.
Quello che la religione può offrire all'etica è la consapevolezza di un "di più" che mentre sostiene l'impegno etico non lo assolutizza, liberandolo anzi dalle tentazioni del moralismo.
In una realtà come quella del processo di globalizzazione, come abbiamo ricordato, che investe tutto il mondo comportando difficoltà di accoglienza e di discernimento all'interno stesso delle grandi religioni, viene la proposta di un ethos ecumenico, per tutti. "Quest'unico mondo - scrive Lorenzo Biagi in "Religioni e bioetica" (Lanza, Padova, 1977)- ha bisogno di un unico ethos fondamentale; quest'unica società mondiale non ha certamente bisogno di un'unica religione e di un'unica ideologia, ha però bisogno di alcuni valori, norme, ideali, fini vincolanti e unificanti... Si tratta di un'etica preventiva in grado di far valere le sue priorità e le sue preferenze... Non è infondata la possibilità che le religioni possono dare un contributo decisivo alla costituzione e determinazione di un ethos mondiale per un futuro radicalmente nuovo... Le religioni possono fornire alcune "convinzioni-guida" (W. Korff), valori ed esigenze umane fondamentali, che possono perfino aspirare ad una codificazione giuridica in termini di diritti umani o diritti fondamentali".
È anche un momento delicato e importante per le religioni perché, scriveva Luigi Sartori, "esse sono impegnate ad esprimere il loro significato pubblico, il valore di critica e di sostegno della morale pubblica, delle leggi che il genere umano, ormai diventato vero soggetto politico universale, può e deve emanare e sorreggere in nome dell'uomo e in difesa e promozione della vita, di tutti, singoli e comunità. Esse sono chiamate a promuovere la moralità della società civile spingendola verso modelli più alti di quelli minimali proposti dalla società politica...".
Il pluralismo religioso crea interdipendenza perché oggi, scriveva Karl Rahner in Saggi di Antropologia soprannaturale (Roma, Edizioni Paoline, 1965) "ogni religione esistente al mondo, come ogni prospettiva culturale e ogni elemento buono posseduto da altri uomini, costituisce un problema e una profferta per chiunque", così che le religioni interagiscono tra loro.

Le risposte alla globalizzazione

Le religioni sono chiamate in causa come interlocutrici importanti all'interno di un discorso pubblico che riscopre lo spessore del loro apporto.
All'interno di una società globale, laica e pluralista, le religioni vengono interpellate con una attenzione nuova, forte e significativa.
Torniamo per questo all'idea già espressa prima: ci sembra che oggi è proprio il campo della bioetica a costringere positivamente le religioni a un serio dialogo, prima al loro interno, per poter convergere incisivamente sui valori comuni per l'uomo e la sua vita.
Il contesto proprio delle religioni attinge gli orizzonti ultimi, le domande sull'origine e la fine del mondo, gli interrogativi sulla vita e sulla morte; poi ancora le domande sulla vita dopo la morte, la norma morale come via alla salvezza.
L'orizzonte di senso delle religioni, però, non è il consenso ma la verità, per questo esse sono in grado di emanare norme corrette e indicare criteri comuni di discernimento per arrivare a orientamenti operativi.
Al nostro orizzonte appare la preoccupazione di far incontrare la bioetica con l'etica religiosa della vita, di far dialogare vitalmente i credenti dentro le tradizioni religiose con l'umanesimo che tocca la biologia e la medicina, di far interloquire le tradizioni religiose, a partire dalle tre grandi religioni monoteiste, con la bioetica contemporanea.
Andiamo in direzione di quel movimento transpersonale che, raggiunto l'orizzonte della persona, tende a integrare la dimensione spirituale dell'uomo.
Crediamo che l'etica che si lascia toccare dalla presenza di un Assoluto diventa più ricca di rapporti fecondi per l'uomo.
I credenti delle diverse tradizioni religiose devono sempre incontrarsi per aiutare tutti a promuovere la vita come valore e a difenderla.
A nostro parere bisognerebbe incrementare una dimensione, come dire, ecumenica del dialogo tra le religioni partendo anche da denominatori che sono veramente comuni e condivisi tra tutte le grandi religioni e che riguardano i temi bioetici, come la difesa, la promozione e la sacralità della vita umana e altri grandi valori comuni.
Non mancano esempi di interventi in questo senso, oltre a quelli della Chiesa cattolica, da parte della Chiesa ortodossa e di rappresentanti di religioni come l'islam e l'ebraismo.

L'"Encyclopedia of Bioethics"

L'Encyclopedia of Bioethics, curata da Warren T. Reich, che ampliò la definizione di bioetica coniata da Van Rensselaer Potter, offre uno spazio importante alle tradizioni religiose nel loro apporto alla costituzione della bioetica. Esperti qualificati e studiosi di cristianesimo, di islam, di ebraismo, di buddismo, di induismo, di confucianesimo, di taoismo... hanno risposto su ciò che è bene o male, giusto o sbagliato nelle questioni bioetiche rapportate ai principi morali delle rispettive religioni.
La bioetica non ha solo un legame storico con l'etica medica promossa dalle religioni della nostra tradizione culturale; anche nel più recente passato e nel presente esistono delle interconnessioni profonde tra la riflessione filosofica nata all'interno delle scienze della vita e l'impegno umanistico condotto in nome della fede religiosa... Se la fede ha bisogno della ragione per pensare alla rivelazione, il pensiero razionale, a sua volta, può ricevere dalla concezione dell'uomo, che deriva da un corpo di conoscenze rivelate, degli stimoli che gli permettono di fare dei progressi qualitativi insperati. E oggi un confronto tra la bioetica e l'etica religiosa della vita è più che mai auspicabile.
"Le tradizioni religiose sono i punti di riferimento basilari per ogni discussione sulla bioetica... Nelle religioni non è stata rintracciata alcuna discussione diretta, aperta e sistematica sulla bioetica. Tuttavia la struttura etica generale e alcuni passaggi specifici di memoria mitica, nonché dei precetti morali e rituali, ci aiutano a ricostruire i punti di vista tradizionali su certe problematiche di bioetica. Il compito è quello di rendere esplicito ciò che è implicito".
Un esempio illuminante dell'apporto che la religione può offrire a sostegno della bioetica è quanto affermato nell'Evangelium vitae, definita l'enciclica della bioetica: "La Chiesa sa che questo Vangelo della vita, consegnatole dal suo Signore, ha un'eco profonda e persuasiva nel cuore di ogni persona, credente e anche non credente, perché esso, mentre ne supera infinitamente le attese, vi corrisponde in modo sorprendente. Pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a conoscere nella legge naturale scritta nel cuore il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene primario. Sul riconoscimento di tale diritto si fonda l'umana convivenza e la stessa comunità politica".
Dall'approfondimento delle motivazioni di fede religiosa nascono vere e proprie provocazioni alla bioetica, come quella fondamentale di non fermarsi a tracciare razionalmente il confine tra bene e male, tra il consentito e il proibito ma a raggiungere i problemi fondamentali della promozione e della difesa della vita, a chiedersi in nome di chi o di che cosa si fa quello che si sta facendo.
Se l'istanza bioetica deve diventare dialogo tra gli uomini di ogni cultura, razza, religione, orientamento politico, impegno sociale, le religioni possono essere il motore propulsore di questo dialogo che di fatto è una sfida.
Dall'istanza bioetica deve scaturire un impegno sempre più convinto e forte della stessa Chiesa nelle sue varie strutture pastorali. I "problemi difficili e complessi della bioetica", come ha detto Benedetto XVI, sono una sfida diretta alla missione della Chiesa.
Per questo occorre riascoltare l'invito di Giovanni Paolo II, il quale nella Evangelium vitae affermava l'urgenza di una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico per mettere in atto una grande strategia a favore della vita.

Una nuova cultura della vita

Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita: nuova perché in grado di affrontare e di risolvere gli inediti problemi di oggi circa la vita dell'uomo; nuova perché fatta propria con più salda e operosa convinzione da parte di tutti i cristiani; nuova perché capace di suscitare un serio e coraggioso confronto culturale con tutti. L'urgenza di questa svolta culturale è legata alla situazione storica che stiamo attraversando, ma si radica nella stessa missione evangelizzatrice, propria della Chiesa.
"La nostra tradizione - scrive Francesco Compagnoni - ha sempre molto insistito sulla ragionevolezza della morale cattolica ed è per questo che non ci chiudiamo in una morale da setta, ma al contrario partecipiamo con le nostre ragioni al dibattito pubblico, poiché noi interpretiamo tolleranza nel significato di sentirsi corresponsabili, non indifferenti. Intendiamo che i nuclei di verità che noi portiamo si possono affermare nella nostra etica pubblica e nella vita sociale".
Ma bisogna fare in fretta perché la dignità della vita umana umiliata e minacciata in tante sue manifestazioni non può più attendere oltre.

(©L'Osservatore Romano - 7 febbraio 2008)

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