20 ottobre 2008

Se i silenzi sulla Shoah portano un solo nome...Perchè allo Yad Vashem di Gerusalemme non compaiono le foto di Roosevelt e Churchill? (Battista)


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Se i silenzi sulla Shoah portano un solo nome

di Pierluigi Battista

20-10-2008

Sostiene Amos Luzzatto, intervistato da Repubblica: «È storicamente provato che nel 1942 diplomatici israeliani informarono gli Usa, gli inglesi e il Vaticano dei piani di rastrellamento decisi da Hitler».
E aggiunge: «Nessuno rispose. Se noi abbiamo sempre rimproverato inglesi e americani per quei silenzi, la stessa cosa dobbiamo fare per il Vaticano e per Pio XII che non gridò forte al mondo intero il suo sdegno per quei crimini annunciati». È vero, ha ragione Luzzatto (malgrado il lapsus sui «diplomatici israeliani» del 1942, prima ancora della nascita dello Stato di Israele).

Ma vale anche l'argomento rovesciato: allora perché allo Yad Vashem di Gerusalemme, accanto a quella di Papa Pacelli, non compaiono foto di Roosevelt e Churchill con didascalie che ne denuncino i «silenzi» e le omissioni quando era tragicamente funzionante la gigantesca macchina di sterminio degli ebrei?

Il processo di beatificazione di Pio XII è questione che riguarda i credenti. Ma la controversia sui «silenzi» del Vaticano interpella la nostra coscienza morale e il modo con cui ricostruiamo la nostra storia.

Perché allora i responsabili del Museo dell'Olocausto hanno voluto aggiungere nel 2005 quella targa così severa con Pio XII senza deplorare contestualmente e con pari severità la sordità delle potenze occidentali nei confronti di chi li informava dettagliatamente sulle mostruose atrocità che si stavano consumando contro gli ebrei d'Europa?

Pesa ancora sugli americani il rimorso per non aver fatto tutto il possibile allo scopo di salvare la vita di chi era stato deportato nei campi del massacro. Nel gennaio scorso il presidente Bush ha pubblicamente ammesso che gli americani sbagliarono a non bombardare nel 1944 Auschwitz e le linee ferroviarie destinate alla deportazione degli ebrei portati allo sterminio. Tutte le ricerche storiche più aggiornate concordano nello smentire che le potenze occidentali impegnate nella guerra contro Hitler fossero all'oscuro delle dimensioni apocalittiche della Shoah. Negli Stati Uniti grava ancora il ricordo della «nave dei dannati», la «St.Louis», carica di 920 ebrei europei perseguitati a cui gli americani nel 1939 negarono il permesso di sbarcare nella terra promessa: e si calcola che almeno 600 di loro, costretti a tornare dai loro carnefici, siano stati trucidati durante lo sterminio.

E allora, perché la targa della riprovazione solo per Papa Pacelli?

Andrea Riccardi ha appena raccontato nel suo L'inverno più lungo (Laterza) lo sforzo della Chiesa di Pio XII per aprire a Roma i conventi dove gli ebrei (e non solo loro) potessero trovare rifugio durante l'occupazione tedesca: uno sforzo da tutti riconosciuto, almeno fino ai primi anni Sessanta. Avrebbe potuto fare di più? Forse sì. Ma chi, quale organizzazione, quale istituzione a Roma fece di più? E allora perché non dedicare una didascalia di riprovazione a chi non solo non fece di più, ma fece molto di meno?

Se il processo di beatificazione esige certezze, la ricostruzione storica ha bisogno di confronti e di comparazioni. Quella targa allo Yad Vashem formula una condanna, ma salva chi si macchiò degli stessi silenzi attribuiti a Papa Pacelli. E impedisce di comprendere non la santità, ma semplicemente la storia.

© Copyright Corriere della sera, 20 ottobre 2008 consultabile online anche qui.

4 commenti:

brustef1 ha detto...

Straordinario, onesto commento. Finalmente!

mariateresa ha detto...

Sì, assolutamente fantastico.
E' una questione di onestà intellettuale, non di fede.

Anonimo ha detto...

Finalmente! Ammiro l'onestà intellettuale di Pigi Battasta.
Alessia

Anonimo ha detto...

"chi controlla il passato, controlla il presente" (Orwell)