6 agosto 2008
Il Papa alla Cina: «Apriti a Cristo» (Mazza)
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Il Papa alla Cina: «Apriti a Cristo»
DAL NOSTRO INVIATO A OIES (BOLZANO)
SALVATORE MAZZA
E' importante che la Cina «si apra a Cristo».
Perché il Vangelo non è mai «alienazione» ma, al contrario, «in Cristo tutte le culture giungono a compimento». Un pomeriggio col pensiero completamente rivolto alla Cina, quello trascorso ieri da Benedetto XVI a Oies, la piccola frazione della Val Badia dove nacque san Giuseppe Freinademetz, che da qui nel 1879, a 27 anni, partì come missionario verbita per Hong Kong, facendosi «cinese tra i cinesi», e senza far più ritorno in patria.
Una straordinaria figura di missionario, come ha ricordato Ratzinger nel breve discorso a braccio rivolto ai quattromila fedeli saliti a piedi fin quassù per condividere l’omaggio che il Pontefice ha voluto rendergli, visitandone la casa natale, un piccolo maso di montagna con accanto una chiesa-santuario di recente costruzione, da dove Benedetto XVI ha rivolto il suo saluto ai pellegrini.
«Ringraziamo il Signore – sono state le parole del Papa – che ci ha dato questo grande santo, il quale ci mostra la strada della vita ed è anche un segno per il futuro della Chiesa. Sappiamo che la Cina diventa sempre più importante nella vita politica, economica ed anche nella vita delle idee. È importante che questo grande continente si apra al Vangelo».
In questo senso, ha proseguito Benedetto XVI, «san Giuseppe Freinademetz ci mostra che la fede non è un’alienazione per nessuna cultura e nessun popolo, perché tutte le culture aspettano Cristo e non vanno distrutte». Anzi, ha aggiunto, «nel Signore raggiungono la loro maturità. San Giuseppe Freinademetz voleva non solo vivere e morire come un cinese, ma anche nel cielo rimanere cinese», ha spiegato, citando quanto scritto una volta dal santo ai suoi confratelli verbiti: «Anche in paradiso voglio rimanere cinese». «Così – ha continuato il Papa – si era veramente identificato con questo poÈ polo, e con la certezza che questo popolo si aprirà alla fede di Cristo».
Parole significative, quelle pronunciate da Benedetto XVI, così come l’occasione scelta e la figura celebrata. Parole in qualche modo «rassicuranti » rispetto all’atteggiamento di Pechino verso il cattolicesimo, considerato una religione «invasiva» della cultura in quanto associata genericamente a un modello di colonialismo spesso brutale. Rassicuranti come la figura di Freinademetz, che proprio col suo farsi «cinese tra i cinesi » interpretò uno stile di inculturazione non solo lontanissimo da ogni forzatura, ma ancora attualissimo.
Ed è forse per rendere più visibili tutti questi significati che, ieri pomeriggio, quella che Benedetto XVI ha voluto compiere a Oies è stata non una semplice «uscita» a spezzare il periodo di vacanza che sta trascorrendo a Bressanone, ma una vera e propria visita «ufficiale», per quanto informale. Dall’annuncio pubblico dato il giorno prima, al messaggio inviato ai fedeli dai Padri verbiti, il tam tam dell’evento è rimbalzato per tutta la Val Badia, portando ben quattromila persone di ogni età a percorre a piedi i tre chilometri fino a Oies per non perdere questo momento.
Papa Ratzinger, accompagnato dal fratello don Georg e da un piccolo seguito, vi è arrivato in elicottero qualche minuto dopo le 17, accolto dagli applausi, dalle note della banda di Badia e da cori. Ha prima visitato in privato la piccola abitazione natale di Freinademetz, rimasta praticamente com’era alla fine dell’800; poi, tra due ali di persone, tra le quali anche un sacerdote pronipote del santo, ha percorso a piedi il breve tratto di strada fino alla chiesa, dove è entrato e da dove ha pronunciato le parole sopra citate. Qui ha salutato Antonia Freinademetz, 88 anni, vedova di un nipote del santo, e tutti gli altri 15 abitanti di Oies. Al termine l’elicottero l’ha riportato a Bressanone, dov’è giunto intorno alle 19. E dove oggi in Duomo incontrerà il clero diocesano.
© Copyright Avvenire, 6 agosto 2008
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