14 settembre 2007

Messa tridentina: il "moto contrario" dei media cattolici (sic), professori di università pontificie (sic!) e vescovi (sic sic!)


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Il moto contrario di giornali cattolici, professori pontifici e vescovi

Oggi entrano finalmente in vigore le norme previste dal motu proprio Summorum pontificum, pubblicato il 7 luglio, che in pratica liberalizza l’uso della messa preconciliare, detta di san Pio V. Questa decisione di Papa Ratzinger seppure ampiamente prevedibile è stata, per ora, indubbiamente quella più contestata del suo pontificato. Per tutta l’estate infatti si sono susseguiti interventi e commenti che hanno criticato la decisione papale, cercando di depotenziarne il più possibile le conseguenze. Quella che ormai viene definita la fronda anti messale di san Pio V si è manifestata soprattutto tra i liturgisti e nei media, ma non sono mancati in tal senso interventi di cardinali e vescovi.

La fronda mediatica.

Contro il motu proprio si sono schierati in modo netto periodici che vanno per la maggiore in campo ecclesiastico. In Italia si sono fatti sentire Il Regno, quindicinale dei dehoniani di Bologna, che ha pubblicato un puntuto intervento del liturgista Andrea Grillo, nonché Jesus e Vita pastorale, mensili dei paolini (Famiglia Cristiana, settimanale del gruppo ha confermato invece anche su questo punto la svolta “governativa” filoratzingeriana).
Nel Regno Unito poi il settimanale cattolico liberal The Tablet ha stroncato il motu proprio con un editoriale dal titolo inequivoco: “Un passo indietro”. Ovviamente ipercritica anche l’agenzia cattolica Adista, espressione di quel che rimane della sinistra ecclesiale italiana.

La fronda accademica.

Nel criticare il motu proprio i periodici appena citati hanno dato voce a vari docenti che insegnano nelle più prestigiose facoltà ecclesiastiche romane, e che pure hanno il titolo di “pontificie”.
Grillo infatti insegna nel pontificio Ateneo di Sant’Anselmo; il Tablet ha ospitato un articolo critico di padre Mark Francis, anche lui docente a Sant’Anselmo e una lettera di tenore analogo scritta dal gesuita Keith F. Pecklers, professore di liturgia alla pontificia Università Gregoriana. Jesus da parte sua ha ospitato un’intervista al solito Grillo.
Don Manlio Sodi, ordinario alla pontificia Università Salesiana, ha poi dato alle stampe addirittura un instant book, titolato “Il Messale di san Pio V. Perché la messa in latino nel III Millennio?”, anch’esso ovviamente critico del motu proprio (si afferma tra l’altro che il Messale preconciliare deve essere considerato come abrogato, quando invece il motu proprio pontificio afferma esattamente il contrario). Il bello è che il volumetto di don Sodi – stampato dalle Edizioni Messaggero che fanno capo ai frati conventuali che gestiscono il famoso santuario di Sant’Antonio di Padova – ha ottenuto l’imprimatur ecclesiastico da parte di monsignor Danilo Serena, vicario generale della diocesi patavina.

La fronda episcopale.

Non sono molti i vescovi che hanno pubblicamente manifestato apprezzamento per il motu proprio ratzingeriano.
In Italia sono intervenuti il cardinale Camillo Ruini e il vescovo di Frosinone Salvatore Boccaccio; in Cile il vescovo opusdeista di San Bernardo Juan Ignacio González Errazuriz. In Gran Bretagna il cardinale di Edinmburgo, Keith O’Brien (lo stesso che quando ricevette la porpora dovette sottomettersi a un inusuale giuramento di fedeltà al magistero perché in odore di progressismo), ha addirittura celebrato personalmente la Messa di san Pio V per i fedeli tradizionalisti scozzesi. Più rumorosa è stata invece la reazione di quei presuli che ritengono problematica, se non nefasta, la decisione pontificia. In Italia la fronda si è manifestata con interventi apertamente contrari come
quelli del vescovo di Sora Luca Brandolini e dell’arcivescovo di Pisa Alessandro Plotti, o come quello problematico del neovescovo di Verona Giuseppe Zenti. La contestazione comunque ha avuto il suo epicentro in Piemonte, dove si fa sentire in modo particolare il magistero spirituale di fratel Enzo Bianchi del monastero di Bose, che su Repubblica è stato tra i primi a criticare la decisione di Benedetto XVI. Il vescovo di Alba, Sebastiano Dho, ha messo nero su bianco le critiche su Vita Pastorale e le ha ribadite al quotidiano la Stampa. Il vescovo di Novara, Renato Corti, ispirato dall’ufficio liturgico diocesano, ha addirittura chiesto una riunione straordinaria della Conferenza episcopale regionale per ragionare sul motu proprio.
Un torinese d’eccezione come il cardinale
Carlo Maria Martini, ha ritenuto necessario far conoscere al mondo, tramite il Sole 24 Ore, che lui la messa tridentina non la celebrerà mai. Il suo successore a Milano ha fatto sapere che in buona parte della sua diocesi vige il rito ambrosiano, e che il motu proprio parla solo di “rito romano”.

© Copyright Il Foglio, 14 settembre 2007

2 commenti:

francesco ha detto...

che tristezza...
io direi come si permettono persone notoriamente "laiche" e non cristiane di mettere il naso negli affari della Chiesa e di sparare giudizi gratuiti a destra e a manca... presentando una Chiesa divisa e in lotta al suo interno!
articoli del genere offendono... non meno di sex and crimes

Anonimo ha detto...

E' triste non l'articolo ma il fatto che ciò che è scritto sia vero. Questo è scandaloso! E cioè che ci siano uomini di Chiesa capaci di remare contro! Che predicano l'umiltà ma non la praticano! E che dividono, loro sì, la Chiesa!!!!!! Di questo ci si dovrebbe indignare tutti quanti!