4 febbraio 2008
La questione femminile approda in Vaticano (Rodari per "Il Riformista")
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La questione femminile approda in Vaticano
di Paolo Rodari
La scorsa estate era stato il segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, di passaggio a Lorenzago di Cadore per una visita lampo al Papa che si trovava lì per alcune settimane di vacanza, a spiegare in un’intervista come fosse a suo avviso importante che la curia romana si dotasse, nei posti di comando dei suoi “ministeri”, di sempre più figure femminili.
Pochi giorni fa, invece, è stato il direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian a rivelare come Benedetto XVI gli abbia chiesto più firme femminili all’interno del quotidiano della Santa Sede.
E questa settimana, a suffragio della sempre maggiore attenzione che la Santa Sede intende dare alle donne, ecco l’indizione di un congresso mondiale sulla donna convocato dal pontificio consiglio per il laici guidato oggi dal 62enne cardinale polacco Stanisław Ryłko. Dal 7 al 9 febbraio in Vaticano, rifletteranno su “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza”, 250 persone tra teologhe, filosofe e psicologhe in rappresentanza delle varie conferenze episcopali, associazioni cattoliche e movimenti ecclesiali.
L’occasione sono in venti anni dall’uscita della lettera apostolica “Mulieris Dignitatem” firmata da Giovanni Paolo II, una pietra miliare nel magistero pontificio anche perché rappresentò il primo documento papale dedicato specificamente al tema della donna.
Esattamente quaranta anni fa, fu la rivoluzione sessantottina che portò il percorso dell’emancipazione femminile a un improvvisa accelerata. La Chiesa non fece mai sue le istanze di questa emancipazione e, al contrario, denunciò l’eccessiva visione individualistica dell’uomo e della donna, l’esacerbazione delle relazioni tra i sessi e la, a suo dire, dannosa accentuazione del carattere polemico della relazione tra maschi e femmine.
Queste stesse idee vengono riproposte all’interno del convegno mondiale in scena questa settimana anche perché, come ha spiegato nei giorni scorsi Rocío Figueroa, responsabile del settore donna del pontificio consiglio per i laici, occorre «approfondire i nuovi paradigmi culturali come la riduzione della femminilità a oggetto di consumo, l’ideologia di genere o il rifiuto della maternità e della famiglia, oltre alla donna nel mondo del lavoro».
Benedetto XVI dedicò un’importante udienza generale alla figura della donna nella Chiesa. Era il 14 febbraio dello scorso anno quando spiegò come «la storia del cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne».
Uno sviluppo sul quale rifletteranno a Roma le tante donne invitate a parlare. Tra queste, Antonia Bel Bravo, docente spagnola di Storia Moderna, Angela Ales Bello, docente di Filosofia presso l’Università Lateranense, Jack Scarisbrick, professore inglese di Storia all’Università di Warwick, Grazia Loparco, docente di Storia della Chiesa alla Facoltà di Pedagogia Auxilium di Roma e Carlota Rava, argentina, docente di Teologia Spirituale presso l’Università Lateranense.
Toccherà a Janne Haaland Matlary, ex ministro degli Esteri della Norvegia e docente all’Università di Oslo, riflettere sulla donna nel mondo del lavoro. Mentre a Paola Bignardi, ex presidente dell’Azione Cattolica Italiana, spetterà affrontare il tema della missione della donna e la sua presenza e responsabilità nella Chiesa e nel mondo. Una responsabilità che, ovviamente, non potrà mai essere messa in campo in quei ruoli per i quali è prevista la presenza di un sacerdote validamente ordinato. Il tema dell’ordinazione delle donne, tra l’altro, non è all’ordine del giorno e, probabilmente, non lo sarà in futuro. Nel 1976, infatti, fu la congregazione per la dottrina della fede a far uscire un documento chiarificatore in materia. La dichiarazione “Inter Insignores” ribadì la dottrina tradizionale: la Chiesa ritiene di non avere il potere di ordinare donne al sacerdozio «per ragioni veramente fondamentali». Tra queste, l’esempio di Cristo che scelse i suoi apostoli soltanto fra gli uomini e la pratica costante della Chiesa che ha imitato Cristo nello scegliere soltanto gli uomini.
Dopo il 1976, venne Giovanni Paolo II con la sua “Ordinatio sacerdotalis”, una lettera apostolica che dichiarò come la «la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa».
«Tale affermazione - spiegava la congregazione per la dottrina della fede in una nota del 1995 - trova fondamento nella parola di Dio, si deve considerare appartenente al deposito della fede, è proposta infallibilmente dal magistero ordinario ed esige un consenso definitivo, in quanto irreformabile».
© Copyright Il Riformista, 4 febbraio 2008 consultabile online anche qui
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